Parole libere di un uomo libero: parla Maurizio Ori

Nella notte fra il 27 e il 28 ottobre 2014, Maurizio Ori si alzò a chiedere il rispetto delle regole nel voto del congresso sullo scioglimento della Fai, che non poteva essere deciso per generica alzata di mano ma doveva avvenire a voto segreto e con conteggio dei favorevoli e dei contrari in base alle deleghe di diverso valore, Un concetto che la signora Anna Maria mostrò di non aver capito (forse alle Poste di Genova i congressi li facevano in un altro modo…) cercando di imporre il voto palese.

In quel modo, Ori dette ai delegati della Fai la libertà di esprimersi senza il voto palese controllato e sotto ricatto. Ed il risultato fu un breve respiro di libertà per la Fai, prima del commissariamento (totalmente illegittimo) da parte del comitato centrale del Pcus di Via Po 21, per il mancato rispetto del principio del centralismo democratico.

Sempre per rappresaglia, Maurizio Ori è stato epurato dalla sede di Via Tevere 20, e colpito dall’ostracismo dell’illegittimo commissario che ha inibito qualsiasi rapporto di collaborazione con la Fai anche in sede locale. Dove molti dovrebbero invece ringraziarlo per più di un motivo, politico e personale. A cominciare proprio dalla Fai dell’Emilia-Romagna, gestita a lungo da Maurizio Ori con un rigore ed un’onestà che non temono il confronto con nessuno. Via Tevere 20 compresa.

O forse è quest’onestà che non gli viene perdonata? E’ questo che lo rende incompatibile con l’attuale illegittima gestione nazionale?

In ogni caso, il 15 ottobre 2015 Maurizio Ori è tornato a prendere la parola, davanti all’Assemblea organizzativa della Fai dell’Emilia-Romagna.

Gli abbiamo chiesto di farci avere il testo del suo intervento (e lui, in tempi non brevissimi, ce lo ha mandato) perché in una Fai commissariata, dove imperversano le parole in libertà di chi non ne conosce il significato, è bene ogni tanto ascoltare le parole di uno che sa di cosa parla.

Un uomo per il quale “libertà” e “sindacato” significano qualcosa.

Evviva la Fai libera, abbasso l’illegittimo commissario!

www.il9marzo.it

Intervento di Maurizio Ori all’Assemblea Organizzativa della FAI Emilia Romagna,15 ottobre 2015

Innanzi tutto ringrazio della possibilità di intervenire a conferma di quanto detto in relazione di apertura lavori che “nel nostro sindacato si può dire ciò che pensiamo”, cosa non piccola in questo momento storico della Federazione.

Ringrazio di questa possibilità anche rispetto alla convocazione di oggi a mio avviso errata in quanto oggi è stato impropriamente convocato l’attivo dei delegati della FAI emiliano romagnola e non l’assemblea organizzativa o conferenza programmatica organizzativa che di prassi vuole la convocazione del Consiglio o Direttivo regionale (di cui faccio parte in quanto eletto dal congresso nel 2013), allargato a tutte le rappresentanze FAI territoriali.

L’esperienza Cisl ha sempre dato all’Assemblea organizzativa un compito preciso “occasione di dibattito interno (aperto – libero) e di verifica di metà mandato, rispetto alle indicazioni e decisioni del Congresso sintetizzate nella mozione o documento finale.

Nel merito della relazione.

Sono diversi i temi che meritano una attenta analisi e confronto, per il tempo concesso e visto l’ora, cito a titoli quelli che secondo la mia esperienza meritano un approfondimento da parte di tutta la dirigenza FAI.
Condivido che il sindacato e qui la FAI, ha bisogno dei giovani e per avvicinarli occorrono gli strumenti adeguati all’oggi e giovani dirigenti ma, che provengano dal mondo del lavoro categoriale ed accompagnati da coloro che hanno retto la Federazione finora, ricordo che senza memoria non c’è futuro.

Oggi manca un’attenzione, una riscoperta sensibilità, verso la conservazione dei documenti contrattuali e statutari che segnano la vita quotidiana della Federazione, altrimenti il rischio è quello di vivere al meglio l’oggi, senza tramandarne nulla, soffocati dalla eccessiva ambizione e dal voler bruciare le tappe a discapito del merito e delle effettive competenze.

Concordo che tutto il sindacato Confederale debba fare pressing politico sul Governo per una necessaria modifica della legge Fornero, su questo ci sarebbe tanto da dire non ho il tempo. Ritengo importante un forte confronto con l’INPS, a tutti i livelli, (oggi governato da un bocconiano) per arginare, nel convinto e doveroso rispetto della legalità, i tentativi di azzeramento della specificità agricola con l’abolizione della disoccupazione agricola, per molti braccianti, oggi lavoratori agricoli a tempo determinato, unica salvaguardia reddituale e previdenziale rispetto alle difficoltà occupazionali del lavoro a giornata.

Concordo sul fatto che il Governo non controlla il mercato del lavoro, mi permetto di aggiungere sulla necessità di un’azione categoriale utilizzando anche le norme del Decreto legge del 24 giugno 2014 n. 91, (noto come “Campo libero”, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116) e tutte le opportunità date dalla bilateralità per il governo della manodopera agro – alimentare in particolare quella stagionale. Quindi, partendo dagli strumenti già disponibili, diventare protagonisti nel governo del mercato del lavoro in entrata e non solo in uscita a cui negli ultimi anni siamo stati chiamati quasi quotidianamente compito importante ma, unico in cui siamo coinvolti dalla normativa legislativa in essere.

Condivido la preoccupazione sui tentativi di regolamentazione per legge della rappresentanza finora arginato (tentativo che è datato di oltre quattro lustri con vari tentativi proposti da più parti), così come preoccupa l’idea di regolamentazione della contrattazione con l’introduzione del salario minimo per legge, compito che deve assolvere il contratto nazionale, minando pesantemente la libera contrattazione tra le parti sociali.

Questo non esclude la necessità di un forte ripensamento del modo in cui si esercita la rappresentanza da parte di tutti i corpi intermedi prima che vengano azzerati da una logica diretta, molto vicina al pensiero dell’attuale compagine governativa, a noi sgradita perché rende ancor più debole chi è già debole ed elimina il confronto, la dialettica sociale e tende a voler affrancare la linea popolo – capo.

Logica che comincia ad investire anche la nostra associazione.

Sono perplesso, vedendone gli effetti, sulla politica organizzativa perseguita negli ultimi anni dalla nostra Confederazione sugli accorpamenti ma non per gratuita contrapposizione ma vedendo la realtà oggettiva, non soggettiva, delle UST e Categorie che hanno adempiuto a questo passo (nessuna delle quali ha dovuto sciogliersi prima di accorparsi), di cui non se ne vedono gli effetti positivi tanto declamati (nella realtà quotidiana, salvo rarissime eccezioni, ognuno continua a fare il suo come prima) è da sfatare il mito dei veri vantaggi e risparmi economici, e del fatto che nessuno viene mortificato.

Le riorganizzazioni delle imprese, a riguardo, insegnano molto.

Storicamente più si allontana dalla realtà da governare chi ha il potere del comando, più aumentano i replicanti e l’affievolirsi della rappresentanza del reale sostituendola con gli artifizi del capo costruiti a tavolino. Nei primi trent’anni della CISL le USP che si sono rafforzate e rapidamente “evolute” dal punto di vista organizzativo sono quelle che erano capillarmente presenti sul territorio con riferimenti locali che avevano precise responsabilità politiche non sub-agenti o coordinatori o funzionari.

Sulle REGOLE (in questo caso quelle interne della nostra Associazione), posto che le regole date, soprattutto se liberamente e democraticamente condivise e si confida lo siano sempre, (in casa nostra lo dovrebbero essere tutte, non imposte direttamente o indirettamente) e comunque approvate dagli organismi statutari vanno rispettate da tutti dall’ultimo iscritto alla massima dirigenza, comprese quelle di garanzia dall’ultimo socio al segretario generale confederale, regole che non siano interpretabili all’abbisogna, con l’uso dell’intelletto e della saggia correzione prima della prorompente punizione sanzionatorio, quale sfogo di un autoritarismo che non è, e non dovrebbe essere, di casa Cisl, sempre legata ad una visione di attenzione alla persona ed alla sua famiglia, (purtroppo non sempre attuata), che vede praticare l’autorevolezza e non di estorcere consenso.

Un anziano collega, di provata esperienza sindacale, mi ha insegnato che il consenso non va mai estorto perché prima o poi quello estorto ti si ritorce contro con gli interessi.

Allora partiamo dalle cose semplici ed invito la FAI regionale a convocare regolarmente i sui organismi almeno secondo i minimi del dettato statutario.

Non concordo sull’affermazione, detta in relazione, che il commissariamento per la FAI, un anno fa, era l’unico provvedimento da prendere, condividendo la tesi dell’ingovernabilità, e mi rammarica che oggi venga sostenuta anche in FAI, per convinzione o per opportunità da chi per carica e ruolo dovrebbe avere tutti i presupposti per governare la federazione di categoria e non di appaltarla.

Non condivido questa affermazione perché sicuro che la FAI era in grado di darsi autonomamente la propria dirigenza, solo che si fosse adempiuto il dettato statutario cioè convocato il Consiglio Nazionale.

Ora, prendendo spunto da questo, da ex segretario generale di questa Federazione regionale permettetemi di chiarire alcune cose successe negli ultimi dodici mesi. .

In diversi in questi mesi mi hanno chiesto e mi chiedono cosa faccio, sono in mobilità, dopo che il commissario mi ha tolto l’aspettativa sindacale, da me responsabilmente accettata nel 2013 per ridurre il carico alla federazione nazionale, con la mia andata a Roma voluto dalla Federazione nazionale, nel rispetto delle regole di fine mandati e per dignità non aver chiesto la reggenza.

Con una semplice lettera di tre righe dove mi si comunicava che la Federazione nazionale non aveva più bisogno della mia collaborazione (inviata a fine dicembre con raccomandata – plico) il commissario ha interrotto, con due giorni di preavviso, la mia attività sindacale dopo 38 anni dedicati alla Federazione, azione che ha colpito me, ma soprattutto la mia famiglia (quattro figli) probabilmente il vero obiettivo.

Un trattamento e lo dico per esperienza diretta, neanche riservato a dirigenti che avevano rubato e/o perpetrato una cattiva gestione sia politica che delle risorse, nelle loro funzioni di mandato congressuale.

Sono in mobilità, nonostante abbia ripetutamente chiesto di rimanere in servizio in fabbrica, perché a questa mia insistenza mi è stato risposto “se proprio insiste le carte dicono questo”, quindi sarei entrato in servizio, come si dice, a dispetto dei Santi.

A questo va aggiunto che in questi mesi ho capito che mi sia stata preclusa qualsiasi possibile soluzione interna alla Cisl, sensazione confermata da fatti, come quello del 15 maggio scorso con la mia esclusione (insieme ad altri) dalla lista del direttivo della neo costituita FAI Emilia Centrale (ricordo che ero componente del direttivo della FAI di Modena) e solo per responsabilità politica e per il bene della Federazione territoriale ed amicizia dell’attuale segreteria, non mi sono attivato per la presentazione della seconda lista, possibilità prevista dallo statuto e dal regolamento congressuale.

Rispetto a questo che è già pesante, la cosa che mi lascia più amarezza è la mancata (quasi totale) solidarietà politica, (certamente dovuta al clima che si è generato all’interno della Federazione dopo il 31 ottobre 2014, con il commissariamento della FAI, in verità non mancata dalle RSA e RSU FAI e dalla dirigenza delle organizzazioni datoriali e altri sindacati), da parte di quel quasi 80% degli attuali segretari generali regionali e territoriali della FAI, che se il 27 ottobre 2014 si scioglieva la FAI, oggi sicuramente non lo sarebbero più (segretari) o non lo sarebbero diventati, (per effetto dell’accordo a tavolino sugli assetti delle future federazioni regionali e territoriali FAI – FILCA).

Tra questi sono compresi anche quelli dell’Emilia Romagna a partire dai miei ex colleghi della segreteria regionale che hanno lasciato che l’attuale Segretario regionale (a cui nel congresso 2013 ho tirato la volata) mi interdicesse dagli uffici della FAI emiliano romagnola, senza una specifica ragione, senza comunicazione o confronto ma semplicemente cambiando la chiave della porta d’ufficio a mia insaputa (solo quella), con la scusa che in altri uffici c’erano stati furti, ma invitandomi a sgomberare in fretta l’ufficio delle mie cose all’indomani della mia richiesta di spiegazioni e mettendomi così in difficoltà operativa nel disbrigo dell’attività di Presidente di EBARER (Ente Bilaterale Agricolo Regionale Emilia Romagna).

Dopo la decisione di commissariamento (ricordo irresponsabilmente chiesto dal segretario dimissionario, quando al consiglio nazionale – nel pomeriggio del 28 ottobre ’14 – aveva garantito che entro trenta giorni, come da statuto, sarebbe stato convocato il consiglio nazionale), deciso e proposto dalla Segretaria Generale, approvato dall’Esecutivo confederale il 31 ottobre ’14 per presunte gravi violazioni statutarie, mai spiegate a tutt’oggi nella loro genericità, che ne determinano per molti l’illegittimità, non c’è stata nessuna disponibilità ad un confronto ed i probiviri non davano sollecita risposta al ricorso interno presentato; dopo che la Cisl non aveva dato alcuna risposta alla lettera di un avvocato che proponeva una soluzione fuori dal giudizio; dopo fatti strani come il ritiro della firma da parte di uno dei ricorrenti che ha portato ad una rimessione di querela all’indomani della lettera di scuse; per tutto questo con grande preoccupazione, responsabilità e piena convinzione che commissariare per queste ragioni rimane un atto di potere inaccettabile, perché punitivo verso un congresso, (massima espressione democratica del nostro sindacato, sia federazione o confederazione), non arrivando la pronuncia di quella interna alcuni hanno deciso di dare seguito all’iniziativa del ricorso alla magistratura ordinaria.

Ricorso non contro le persone, ma contro il provvedimento, dove I giudici hanno ritenuto che non ci fossero le condizioni per il procedimento art. 700 c.p.c. (urgenza), con l’esito noto, facendo intravvedere che l’urgenza ci poteva essere nel caso in cui anche un solo ricorrente fosse stato danneggiato direttamente dal commissariamento.

Con i se non si fa la storia ma viene da pensare che se fossi stato tra i ricorrenti è probabile che i giudici non potevano esimersi dal rispondere nel merito, ma consapevolmente scelsi di non essere un ricorrente perché l’intento del ricorso aveva ed ha un valore politico e non era contro le persone o una scelta per chiedere danni personali subiti dalle singole persone.

Non volevo confondere l’aspetto politico con l’aspetto personale.

In ogni caso non dare ragione delle decisioni assunte porta all’impossibilità di verifica, traducendosi in autoritarismo, il contrario di ciò che ci si aspetta in un sindacato dove ci si dovrebbe protendere nell’esercizio di una rispettata, riconosciuta e quindi accettata autorevolezza.

A diversi delegati (RSA – RSU) FAI che chiedevano le motivazioni di quanto successo gli è stato risposto che io sono andato contro l’autorità costituita e quindi me lo dovevo aspettare. 

A voi le considerazioni…

Pensavo e in questi mesi ho dovuto, con dispiacere, costatare il contrario che i rapporti d’amicizia, che ritenevo veri in tanti anni di lavoro insieme, erano invece per molti legati al mero ruolo, da me ricoperto, di segretario generale della FAI Emilia Romagna e questo anche qui e questo credetemi fa male.

Amicizia, quale vera attenzione alla persona – coraggio, nel sostenere le proprie idee – giustizia insieme a solidarietà, quale motore dell’azione sindacale – verità, ineludibile per esercitare un vero servizio, sono gli elementi indispensabili per adeguatamente adempiere al mandato di rappresentanza ricevuto.

Elementi che ho sempre cercato di perseguire nella mia azione sindacale e ad ogni rinnovato mandato congressuale, (in primis non ho mai “venduto” o promesso quello che non avevo, dall’ultimo iscritto ai colleghi di segreteria, al nazionale, non ho mai mercificato il mio modus operandi né “venduto” colleghi ne contratti, anzi ho sempre difeso con i mezzi leciti e disponibili gli interessi della Federazione) e che mi hanno mosso in quella notte di congresso straordinario, chiedendo nell’unico posto che mi era consentito quale delegato congressuale, il rispetto delle regole, statutarie e congressuali, da me ritenuto indispensabile per una decisione così importante (lo scioglimento cioè la morte della Federazione) per questo ho chiesto il voto segreto, che ha rappresentato l’unica vera votazione dei venti mesi di percorso FAI – FILCA incredibilmente accelerato da maggio 2014.

Colgo l’occasione, visto la ridda di voci (molte delle quali artatamente diffuse) che circolano a riguardo, che non c’è stato nessun complotto o congiura (anche se il forte malcontento ed il diffuso dissenso era noto ma volutamente ignorato) e nessuna gestione da retrobottega di ex segretari generali FAI, o pseudo azzardate azioni trasversali, niente di tutto questo, c’è stata una presa di posizione politica personale rispetto alla decisione così importante come quella di scioglimento della Federazione che imponeva il rispetto delle regole.

I delegati del congresso finalmente si sono potuti esprimere con voto segreto, unica e ultima volta, sul percorso di ipotetico accorpamento con scioglimento e hanno deciso che la Federazione non meritava e non poteva morire in quel modo.

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3 Commenti - Scrivi un commento

  1. Boccaccia mia statti zitta! · Edit

    Davide Bergonzini, il segretario regionale che ha collaborato all’epurazione di Maurizio, era così contento dopo il voto segreto che aveva respinto lo scioglimento della Fai da offrire una ricca cena – forse di tasca sua, forse pagando con i soldi messi da parte durante la gestione di Maurizio Ori – a parecchie persone in un locale caratteristico di Trastevere, intitolato ad una famosa maschera romana.
    Faceva finta di essere contento? O fa finta adesso che collabora col commissario? O un po’ dell’uno e un po’ dell’altro?
    Difficile dirlo, anche perché siamo nell’Italia delle maschere, che non mostrano il volto. C’è Pulcinella a Napoli, c’è Arlecchino a Venezia…
    … e c’è Bergonzini a Ferrara!

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    1. Come sanno i nostri lettori, i commenti su questo sito sono liberi con il solo limite del rispetto delle persone. Per questo ci siamo chiesti se pubblicare questo commento, che è rivolto contro una persona con una critica piuttosto forte. Abbiamo deciso per la pubblicazione perché, in ogni caso, esprime una critica politica e non un insulto gratuito.
      Naturalmente Davide Bergonzini ha diritto di replica, e se lo ritiene può farci avere una risposta che sarà senz’altro pubblicata, nel caso in cui le affermazioni fossero inesatte o ci fosse qualche precisazione o smentita da fare.

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  2. Non lo conosco di persona, non ho questa fortuna; ma da come parla, ce ne fossero nel sindacato, e in politica, di persone come Maurizio Ori. Grazie per aver pubblicato la sua relazione.
    Miranda

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