Una strana lettera è arrivata in via Po 21

E’  arrivata nelle scorse settimane una strana raccomandata alla sede nazionale della Cisl. Destinataria, il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, e altri meno importanti.

Anche il nome del mittente non è rilevante. Mentre è importante il fatto che la firma è la stessa che era stata messa dapprima per aderire al nostro ricorso contro il commissariamento della Fai, poi a chiusura di una lettera (inviata anche alla Furlan ed altri) in cui, con toni alterati ed avvocateschi, si negava di aver mai firmato nulla del genere.

Ora la terza firma racconta una storia a metà; la prima firma c’era stata sì, ma non per fare ricorso, era stato un equivoco. E tante scuse a chi, come il segretario regionale della struttura di appartenenza, si era trovato ad essere accusato di cose sgradevoli per questo.

Ma che cos’è successo in realtà? E perché questa vicenda così confusa è importante per capire come vanno le cose da un po’ di tempo alla Fai?

Ricominciamo dall’inizio. Dopo il commissariamento della Fai, ed in attesa della (prevedibile) risposta della Cisl-Probiviri parte la raccolta di adesioni al ricorso in giudizio. I nomi degli aderenti sono poi correttamente (ma forse imprudentemente) indicati in una lettera che l’avvocato manda in via Po preannunciando l’intenzione di andare in Tribunale, ma invitando anche a risolvere prima il problema.

L’avvocato non riceve risposta dalla Cisl; riceve invece una lettera di uno dei suoi rappresentati che nega di aver messo la firma per il mandato e minaccia chissà quali conseguenze (con un linguaggio dal quale è facile capire che di suo, in quel testo, c’è solo la firma). Intanto tutti coloro che hanno firmato il mandato si trovano esposti a pressioni per ritirarsi. Alcuni lo fanno, altri no.

Si arriva così al 9 gennaio; il giorno della riunione del commissario con i segretari regionali della Fai, quella conclusa da un verbale “approvato alla Unanimità” di grandi lodi al commissario, di presa di distanze dal ricorso ai probiviri, di condanna radicale del ricorso in giudizio.

Il problema è che tutta questa “Unanimità”, quel giorno non c’era stata. Almeno su un punto. E cioè quando il commissario, con un colpo di scena, aveva tirato fuori la lettera del triplice firmatore. Ecco la prova, aveva più o meno detto, che i ricorrenti in giudizio sono dei mascalzoni: sono arrivati addirittura a falsificare una firma, con la compicità dell’avvocato! Dopo alcuni interventi ossequiosamente scandalizzati (“è uno schifo…”, “è un’indecenza…”, “dove andremo a finire…” “non ci sono più le mezze stagioni…” “signora mia ai miei tempi i giovani avevano più rispetto…”) arriva però il contro-colpo di scena: il segretario regionale interessato, quello della struttura di appartenenza del firmatario, l’unico a sapere come stavano veramente le cose, si alza e dice, più o meno: firma falsa un corno, è tutto vero!

A questo punto il fuoco incrociato si sposta su di lui, sottoposto ad un processo sovietico in cui gli si chiede abiura ed autocritica. Senza ottenere né l’una e né l’altra (perché i nostri segretari regionali, presi uno ad uno, possono essere anche bravi; è quando sono tutti insieme, chiamati dal commissario a svolgere un ruolo politico per il quale, come collegio, non hanno alcun titolo, che fanno delle figuracce meschine).

La riunione si chiude quindi con il verbale che, con linguaggio stalinista, dice che i ricorrenti sono lontani anni luce (qui emerge la nota passione del commissario per l’astrofisica…) dalla dialettica democratica ed altre amenità del genere.

Non si chiude invece lo scandalo del firmatore plurimo; perché o mente lui, o mente il suo segretario regionale. E la cosa va in mano agli avvocati.

Il risultato è la terza firma, la lettera per la Furlan con tante scuse al suo segretario regionale, l’ammissione che la firma sotto al mandato per l’avvocato c’era. Solo che lui aveva frainteso (forse pensava a qualche ammiratore che gli aveva chiesto l’autografo?) e non credeva di fare quello che aveva fatto. Sembra di sentire le scuse di certi ministri, come quello famoso per la casa “a sua insaputa”, o quell’altro che prima firmò un decreto con la soluzione politica per Tangentopoli, e poi disse che gli avevano cambiato il foglio.

Cose che capitano a tutti…

Restano da tirare un paio di conclusioni.

1) le bugie hanno le gambe corte. Anche quando a dirle sono tanti non coraggiosi che fanno il coretto contro uno solo che dice la verità. Perché la verità è più importante della “Unanimità”:

2) che cos’è successo per convincere molti dei firmatari del ricorso a ritirarsi ed uno addirittura a dover raccontare di aver firmato a sua insaputa?

Ah, saperlo …

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