L’autocritica di Sbarra

Chiamato all’ultimo momento a sostituire il segretario generale ad un incontro con i giovani ricercatori dell’associazione Adapt (erano invece regolarmente presenti Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo), il nostro triplice segretario  confederale-commissario della Fai-presidente a tutti i costi della Fondazione che da quando c’è lui cambia spesso nome ha detto delle parole molto belle ed appropriate che riportiamo di seguito (le potete anche ascoltare dalla sua stessa voce più o meno al minuto 43 e 10 secondi di questa registrazione).

“Il problema italiano, secondo me, parlando di rappresentanza è che questo paese, il suo sistema politico e istituzionale specie negli ultimi anni si è troppo verticalizzato, se mi posso permettere, centralizzato ed anche personalizzato. I media del resto hanno e stanno continuando ad enfatizzare questa modalità”.

Come non leggere in queste belle parole una radicale e sincera autocritica rispetto a come egli stesso ha gestito il potere in via Tevere 20 (in presenza o col telelavoro)? Come non cogliere nell’attacco alla personalizzazione-verticalizzazione-centralizzazione il riconoscimento di aver sbagliato a dire fin dal primo giorno del suo mandato (il senso è quello) “ora qui comando io, e chi non è con me è contro di me” provvedendo quindi ad epurazioni-licenziamenti tanto per essere chiaro? Come non dargli atto che la critica ai media serve ad evidenziare come egli stesso sia stato il primo a nascondere la paralisi di ogni attività specifica della Fai dietro all’iperattivismo comunicativo non sempre necessario, facendo apparire la nostra Federazione come un branco di gente che segue un uomo solo al comando? Come se uno esistesse solo se il suo nome compare sulle agenzie, o la sua faccia accanto a quella di un ministro, e chi invece lavora in silenzio perdesse solo tempo?

Qualcuno dei nostri lettori obietterà: il triplice mica parlava di sé, parlava della politica! Ma sarebbe poco serio che uno accusasse gli altri senza guardare prima a sé.

E poi il nostro triplice, da comunicatore raffinato qual è, sa bene che i messaggi impliciti sono più efficaci di quelli espliciti. E quindi chi lo conosce bene sa anche riconoscere in queste sue, apparentemente banali, parole di critica alla politica una forte autocritica, sia politica che personale.

A questo punto gli manca solo di fare l’ultimo passo: riconosca che neppure il più ottuso dei padroni si sarebbe comportato con Maurizio Ori e Giampiero Bianchi con l’atteggiamento o comportamento deciso, risoluto o anche aggressivo che ha tenuto lui; e poi che anche le assunzioni ai fondi sanitari avrebbero potuto essere più rispettose verso le persone che erano in attesa da tempo di un posto di lavoro che si erano meritato dimostrando il proprio valore.

Lo faccia, e noi saremo in prima fila a batter le mani come un qualsiasi segretario regionale.Anzi, pure di più. Perché noi lo faremmo sinceramente. Mentre loro sono comunque sospettabili di farlo solo per interesse a mantenere il posto, o magari di pensare alla redistribuzione dei fondi

Ma di questo magari parleremo un’altra volta

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