Una cosa dobbiamo ammetterla; da quando è commissariata, la Fai è molto più attiva quanto a comunicati stampa. Dalla xylella alle nomine all’Enpaia, dai dati Istat sull’occupazione al tonno Callipo, dal Piano straordinario per il Made in Italy all’accordo approvato alla Rolli di Roseto ai contratti del tabacco e ad altro ancora non c’è argomento sul quale il commissario non abbia da dire la sua. Non c’è questione sulla quale non intervenga. Non c’è una volta che stia zitto
Certo, se invece uno va a vedere questioni che interessano l’azione quotidiana degli operatori della Fai (come quelle che sono state poste su questo sito nei Quattro punti per un dibattito), di comunicazione ce n’è poca. All’esterno, e soprattutto all’interno. Evidentemente, il grande comunicatore qui non ha niente da dire.
D’altra parte, un commissario che risponde a nessuno, cioè ai segretari regionali, perché dovrebbe perder tempo a confrontarsi su questioni concrete? Perché uno che già deve fare tutto il lavoro di segretario confederale (con deleghe non di poco momento) ed in più si è appena concesso, col consenso di nessuno, la presidenza di una fondazione culturale (dal nome cangiante), dovrebbe perder tempo su argomenti banali tipo “che facciamo nei contratti dell’industria alimentare”, “come gestiamo la questione voucher”, “quali risposte alle nuove professionalità agricole”?
Tutta roba del passato! Ora, grazie al commissariamento, non c’è più un consiglio generale, con quelle noiose discussioni e quell’inutile confronto fra rappresentanti degli iscritti e segreteria su argomenti che poi non vanno neanche sui giornali.
Ora basta un comunicato, una foto col ministro, e tutti i problemi spariscono.
Come la democrazia nella Fai.