Prima puntata: presidente a tutti i costi
Che ne è stato della Fondazione Fisbafat che era stata creata al momento della costituzione della Fai per tenere in vita il nome e le tradizioni culturali della Fisba (lavoratori agricoli) e della Fat (alimentaristi)? Quali sono stati gli effetti del commissariamento della Fai?
Chi, per farsi un’idea, va sul sito, lo trova pieno di cose un po’ vecchiotte (bello il video con l’intervento di De Rita, ma è di due anni fa…) e di informazioni ora sbagliate, ora non chiare, ora preoccupanti. D’altra parte non si può pensare che il sito possa essere pieno di novità quando di vita a via Tevere 20 ormai ce n’è poca; e non solo al primo piano, dove c’è la sede della Fondazione, ma anche al terzo, sede della Federazione: porte chiuse, ex segretari che non escono dalla stanza per non fare qualche passo falso, dipendenti diffidenti, qualcuno non si sa se dorme…
Cominciamo dagli organi della fondazione: presidente è Luigi Sbarra, con Pierluigi Manca segretario amministrativo. E fin qui niente da dire. O forse no, qualcosa da ridire (o comunque da raccontare) ci potrebbe essere.
Per diventare presidente, posto che la Fondazione Fisbafat è autonoma dalla Fai e quindi non toccata dal commissariamento deciso dalla Cisl, Sbarra doveva sgombrare il campo dal presidente in carica, l’ex segretario della Fai Albino Gorini (affiancato da Gianni Pastrello come vice presidente). Il che non sarebbe stato semplice se non avesse potuto contare sull’aiuto degli altri consiglieri d’amministrazione, cioè un gruppo di segretari regionali; i quali, in preda ad una strana euforia da commissariamento (quasi che in questo modo avessero salvato il posto…), si sono dimessi dal consiglio d’amministrazione per ottenerne la decadenza, per poi essere subito dopo rinominati nel nuovo consiglio dalla Fai. Cioè dal commissario. Che, a sua volta, è stato eletto presidente.
In questa veste, il segretario confederale-commissario-presidente ha licenziato Giampiero Bianchi e nominato Pierluigi Manca segretario amministrativo.
Ma era necessario questo giro di valzer? E a che cosa?
Il controllo della Fondazione Fisbafat non c’entra nulla con il mandato del commissario; che, a norma dello statuto della Cisl è quello di ricostituire gli organi attraverso la convocazione di un congresso nel tempo strettamente necessario e comunque non oltre un anno (termine prorogabile una volta sola di sei mesi). Durante questo periodo, il commissario compie gli atti necessari al funzionamento della struttura (esclusi gli atti di disposizione del patrimonio).
Ma se la presidenza della Fondazione Fisbafat non serve alla ricostituzione degli organi della Fai, perché era necessario conquistarla? Forse per poter licenziare Giampiero Bianchi (che, in quanto dipendente della Fondazione non poteva essere toccato usando i poteri commissariali) e liberarsi così di una Scuola nazionale di formazione poco allineata ai dettami confederali? O perché al patrimionio della Fondazione non si applica il divieto di disposizione che vincola il commissario rispetto al patrimonio della Fai? O per saldare qualche conto in sospeso e vecchi rancori, visto che la Fai di Albino Gorini e la Cisl regionale di Sbarra si scontrarono, un po’ di anni fa, su chi dovesse essere il segretario della Fai calabrese?
Domande lecite, ma forse eccessive. Forse tutto si spiega in modo più semplice nel rapporto fra commissario e segretari regionali. Questi, usciti con la credibilità a pezzi dal congresso (che, bisogna ricordarlo, ha bocciato una proposta da loro appena approvata e concordata), si aggrappano al commissariamento (battiam, battiam le mani …) per avere ancora il ruolo politico che il congresso gli ha revocato di fatto; il commissario usa il loro consenso per poter dire all’esterno che sta ricompattando la federazione. Come se, dopo la notte fra il 27 ed il 28 ottobre, qualcuno possa credere ancora che l’accordo dei regionali voglia dire avere il consenso reale dell’organizzazione.
In effetti, sono altre le cose da chiarire ed i dubbi che vengono scorrendo il sito della Fondazione: cose che riguardano il collegio dei revisori dei conti; cose che riguardano il comitato scientifico; e soprattutto cose che riguardano il nome stesso della Fondazione. Che, ad oggi, non è chiaro neppure come si chiama.
(fine della prima puntata)