Obiter dictum (ovvero, ora attenti alle Iene!)

Alcuni mesi fa, uno dei nostri amici segretari regionali della Fai battitori di mani al commissario si trovò “aggredito” dalle Iene, che gli chiedevano conto di una sentenza alla quale non era stata data ancora esecuzione pagando la somma dovuta (la storia la conoscete, è molto triste, e permetteteci di non raccontarvela ancora). Il commissario intervenne “in maniera energica” e disse che tutto sarebbe stato pagato; garantiva lui (non sappiamo se politicamente, moralmente o anche economicamente).

Nello stesso servizio, le Iene lamentavano, sulla scorta di affermazioni dell’avvocato della parte vincitrice, che la cifra che la Fai locale era stata condannata a pagare non potesse essere chiesta direttamente alla Cisl nazionale. Come se l’autonomia delle strutture locali e categoriali fosse una specie di trovata furbesca o una cautela per non onorare i propri debiti.

Invece è la natura stessa della Cisl a richiedere la totale autonomia delle federazioni aderenti e, al loro interno, delle organizzazioni territoriali. La Cisl è infatti una Confederazione, cioè una unione fra federazioni che si uniscono, ma che potrebbero avere vita autonoma (tanto è vero che possono affiliarsi o disaffiliarsi o essere radiate, art. 5 statuto). Ed una Federazione a sua volta non è un soggetto unico e unitario, ma una realtà complessa fatta di realtà dotate a loro volta di autonomia.

Per questo, così come la Cisl non risponde dei debiti fatti dalla federazione X o Y a Vattelapesca, è giusto e necessario che le questioni di Vattelapesca se le vedano i dirigenti locali con i loro iscritti, senza troppe intromissioni dall’alto e da lontano. Chi fa i debiti li paga, ma chi paga (per sé e per mantenere la confederazione) è libero di fare le cose che crede giuste senza che da Roma arrivi qualcuno a dire cosa e come fare in cambio dei soldi che si prende.

Di questo siamo sicuri; o meglio, eravamo sicuri fino a che non abbiamo letto l’ordinanza del giudice Bernardo che ha dichiarato inammissibile (per motivi processuali, non nel merito) il ricorso contro il commissariamento. In un passaggio della decisione si sostiene, in maniera un po’ estemporanea e comunque non necessaria a motivare la decisione (un obiter dictum) che la Fai sarebbe solo una “articolazione sottoordinata” della Cisl.

Se le cose stessero così, se la Cisl fosse un’unica cosa e le categorie solo “articolazioni sottoordinate” allora i debiti della Fai dovrebbero ricadere sulla Cisl; ed anche i debiti delle federazioni regionali e territoriali della Fai ricadrebbero, attraverso la Fai nazionale, sulla Confederazione. E le Iene, invece che dal povero segretario regionale battitore di mani, potrebbero andare direttamente dal segretario generale.

Naturalmente scherziamo, e comunque non stiamo suggerendo niente a nessuno; semmai l’esempio che abbiamo fatto è sbagliato. Perché la Fai di debiti non ne aveva (e chi va in giro a raccontare altre storie sullo stato dei conti della Fai mente per la gola). Anzi, tutta questa vicenda, la battaglia che si è aperta attorno all’accorpamento con la Filca fortemente sollecitato da via Po 21, la ribellione in extremis di alcune regioni (capitanate, un po’ a sorpresa, dalla Sicilia del messinese Fabrizio Colonna), il successivo voto che ha respinto lo scioglimento per 171 a 91 ed infine l’arrivo del commissario, è sì anche un problema di risorse, ma non di debiti. Almeno non della Fai, che se avesse avuto qualche soldo in cassa in meno (compresa la Fondazione allora Fisbafat), avrebbe suscitato meno interessi e meno appetiti anche dalle parti di via Po 21.

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