Rigore è quando arbitro fischia

Quando l’arbitro ti fischia contro un rigore, o non ne fischia uno a tuo favore, non serve a niente pensare che lui si è sbagliato e tu avevi ragione. Devi solo pensare a come giocare quel che resta della partita e ricordarti che, come diceva quel tale, “rigore è quando arbitro fischia”  (e le moviole non cambiano la storia).

Così è in questo caso; il giudice Cecilia Bernardo del Tribunale di Roma non ci ha dato ragione. Ma, per la verità, non ci ha dato neanche torto. Ha detto soltanto che lo strumento processuale da noi usato (il ricorso d’urgenza in base all’articolo 700 del codice di procedura civile) non era quello giusto, perché la legge prevede che si debba usare invece un ricorso “tipico”, cioè che vale per questo caso, previsto dall’articolo 23, comma 3, del codice civile, e non quello “residuale”, cioè che si applica quando non ci sono altri strumenti, dell’art. 700.

Sempre per la verità, la stessa signora giudice scrive che il nostro caso non era quello previsto dall’articolo 23, che riguarda le impugnazioni delle delibere dell’assemblea (quindi del congresso, per quanto riguarda i sindacati); mentre nel nostro caso era stata impugnata una decisione del comitato esecutivo. Ma così ha deciso perché “è pacifico orientamento di questa sezione del Tribunale di Roma” che l’art. 23 c.c. si applica al di là di quello che dice la legge anche alle delibere di “qualsiasi altro organo dell’associazione” (quindi, per dire, anche ai lodi della Cisl-probiviri?).

Come dire, a Roma se fa così. E allora, a chi tocca ‘n ze ‘ngrugna. E’ una specialità tipica di queste parti, un po’ come la pajata, o la coda alla vaccinara, e se vieni a Roma non puoi pretendere di mangiare la cassoeula.

In ogni caso ripetiamo quello che avevamo già scritto in tempi non sospetti: mettetevi comodi, ché la partita è ancora lunga.

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