Sembra un viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria

Il commissario, questo lo abbiamo capito, non ha fretta di convocare il congresso per ricostituire gli organi della Fai.

Magari ha pure ragione, perché si dice che la fretta sia cattiva consigliera. Però non è che per questo uno, invece di ricostituire gli organi e tornare da dove è venuto, può giocare a fare il segretario della Fai (ma senza organismi democratici ai quali dover rendere conto; gli piace vincere facile…) e parlare e intervenire su tutto (anche di ciò che, fatalmente, si conosce un po’ meno bene…) come se fosse un leader politico espresso dall’organizzazione e legittimato dal voto dei rappresentanti dei lavoratori. Legittimazione che al commissario manca.

Questo dimostra che non è vero quello che dice il segretario generale della Cisl, e la Cisl-Probiviri ratifica, cioè che il commissariamento non è stato una ritorsione o una maniera per rovesciare il voto del congresso (171 a 91) ma un intervento per aiutare la Fai a superare una “drammatica spaccatura” (il dramma della democrazia: un congresso ha votato!) e tornare sul “giusto binario” (che assomiglia tanto ad un binario morto). Se così fosse, il commissario dovrebbe lavorare con un unico obiettivo: ripristinare la legalità statutaria nel più breve tempo possibile. E il termine di un anno previsto dallo statuto per il commissariamento non sarebbe la durata della pena che la Fai deve scontare per non aver obbedito alle indicazioni confederali; sarebbe il limite massimo entro il quale ripristinare l’autogoverno dell’organizzazione con organi legittimati dal voto degli iscritti. Se uno è bravo, ci riesce anche prima di un anno; se perde tempo facendo altro e fingendo di controllare la situazione, o non è bravo, o sta facendo melina (o un po’ tutte e due le cose).

Qui la sensazione è la stessa che conoscono tutti quelli che viaggiavano verso sud, in treno o in automobile. Più si va avanti, e più si rallenta. Ed il viaggio sembra diventare più sempre più lungo invece di avvicinarsi alla meta.

E il commissario, che magari mastica poco i problemi della contrattazione in agricoltura mentre quelli della viabilità calabrese sono il suo pane quotidiano, sta ripetendo l’esperienza del viaggiatore sulla Salerno-Reggio Calabria: partito con piglio rapido e decisionista (a me la presidenza della fondazione Fisbafat, via Maurizio Ori, via Giampiero Bianchi, riunioni con i segretari regionali acclamanti…), rallenta progressivamente col passare del tempo. Fino a rivelare un clamoroso immobilismo a fronte di quei problemi specifici della categoria che richiederebbero non la decisione di un capo (nemmeno se fosse un capo legittimato democraticamente dal basso, e  non imposto dall’alto), ma un confronto a più voci ed una sintesi politica. Come eravamo abituati a fare quando eravamo una federazione libera.

E’ ora di riprenderci la nostra libertà. Di smetterla con la logica del “vincere facile” e di ripristinare il difficile lavoro del confronto democratico all’interno di organi legittimati dal consenso degli iscritti.

Il ricorso in Tribunale contro il commissariamento è il nostro contributo a questa battaglia di libertà.

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