Déjà vu

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La foto della Conferenza organizzativa della “Filca senza Fai” (ma con la partecipazione della signora Anna Maria; che dunque alla fine è andata un po’ da tutti tranne che dalla Fai) non ci ha lasciati indifferenti, a causa di una certa sensazione di “gia visto” di fronte all’immagine di tutte quelle mani alzate per approvare la mozione conclusiva.

Anche un anno fa, al bicongresso dell’Ergife, quelle mani si erano alzate tutte assieme, per due volte: la prima per sciogliersi, la seconda per rinascere nel giro di dodici ore, o poco più. Sempre come un sol uomo (o, se si vuole, una sola donna).

Certo, stavolta la cornice era un po’ diversa e, a giudicare dalla foto, lo stile un po’ più francescano di quello di un anno fa. Il che va a ulteriore merito di quei 171 (a 91) delegati della Fai che invece non votarono il proprio scioglimento. Altro che rinfacciargli “il conto dell’Ergife”, come fa ogni tanto il dottor Sbarra dell’Anas (salvo poi far approvare documenti che dicono che lo scioglimento non si fa più).

Ecco, nel vedere la Filca che vota, unanime come sempre, ma senza la Fai (e, nessuno si offenda, senza i soldi della Fai) ci viene da pensare che quel voto libero che è costato un anno più sei mesi di iniquo commissariamento, almeno a qualcosa è servito.

Perché fino al bicongresso dell’anno scorso, la Filca aveva parecchi difetti; a cominciare da quello di essere la categoria protetta da Via Po 21 (che aveva deciso di accorpargli la Fai con annessi e connessi), e quindi sentiva di potersi permettere un po’ di tutto. Tanto c’era “Raffaele”, e così si chiudeva ogni discussione. Fino all’errore fatale di pretendere 13 segretari regionali (più l’opzione sul Veneto nel giro di qualche mese, più altro ancora poco più in là) nel momento della decisione finale.

Diciamo la verità; quelle mani che un anno fa si alzavano e si abbassavano per dire oggi una cosa e domani un’altra, sapevano un po’ di arroganza.

Le stesse mani, un anno dopo, e viste da una federazione dove da un anno non ci sono organismi democratici, danno tutta un’altra impressione. Quella di un’organizzazione che, senza l’ombrello di “Raffaele”, forse è un po’ più sfigata ma certamente più simpatica. Comunque un sindacato vero con una dirigenza democratica e capace di rappresentanza, non il piedistallo di un presunto leader non legittimato dal voto dei soci e licenziatore di padri di famiglia.

Quindi ha fatto bene almeno a loro il voto del congresso della Fai che a scrutinio segreto ha rifiutato ciò che era stato deciso da “Raffaele” e confermato da chi è arrivato dopo, nel segno della assoluta continuità politica e di comportamenti.

Compresa la mancata trasparenza sui redditi.

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  1. La FILCA si deve considerare fortunata ad aver evitato l’accorpamento, direi che nonostante i problemi economici e di qualche sedia nei territori, qualche paraculato esiste anche da loro, a livello nazionale ha mantenuto una posizione centrale e di alta rappresentanza nella contrattazione, cosa che in FAI è sparita nella contrattazione del contratto dell’industria alimentare, mai si è caduti così in basso lasciando la centralità della contrattazione alla UILA ed alla FLAI con un Mantegazza che impera ed una Crogi che porta addirittura alla riunione degli attivi unitari la Sig.ra Camusso la quale in un piatto d’argento riporta all’attenzione dei delegati la posizione contraria della CGIL al Job Act rivendica la posizione mantenuta dalla CGIL sulla contrattazione e noi zitti subiamo questa posizione decisamente contraria a quello che sino a ieri si andava a dire ai nostri iscritti, dove siamo finiti, andiamo a proporre di fare barricate in un momento dove la paura di perdere il posto di lavoro tocca ogni lavoratore, certo fa Comodo adesso che questa incapacità di mantenere la relazione contrattuale nazionale, posizione mantenuta dalla FAI nei precedenti rinnovi contrattuali, SCARICA SUL TERRITORIO LE RESPONSABILITÀ’, così la colpa del mancato rinnovo è colpa della gente che non ha scioperato e dei dirigenti sindacali territoriali che non sono riusciti a convincere la gente a lottare, così magari nella prossima riunione degli attivi unitari invitiamo LANDINI che ci spiega come fare la rivoluzione…, che schifo, con altri delegati FAI abbiamo abbandonato la sala, non si può tollerare certe lezioni dalla Camusso come non si può tollerare questa caduta contrattuale della FAI, RIMANDIAMO IN FABBRICA CERTI CONTRATTUALISTI, RIPROVARE A LAVORARE GLI SERVIREBBE A CAPIRE LE VERE ESIGENZE DEI LAVORATORI, riprendiamoci la centralità della contrattazione, siamo ancora in tempo. Commissario Sbarra prendi in mano la situazione prima che sia troppo tardi .

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