In Italia siamo forti: in un anno solo siamo capaci di fare anche due o tre “svolte epocali” nella storia delle relazioni industriali.
Ai primi di gennaio, quando non si era ancora fiinto di di digerire il cotechino di San Silvestro, già veniva siglato il documento “storico” fra Cgil, Cisl e Uil sul sistema di relazioni industriali. E in effetti di storico c’era almeno il fatto che la Cisl, con la firma di Petteni, accettava quell’attuazione dell’articolo 39 che per sessant’anni e più era sempre stato rifiutato da Pastore, da Storti e da tutti gli altri. I migliori come i peggiori.
Passa poco tempo e già a febbraio il contratto degli alimentaristi viene presentato come “un fondamentale riferimento per le relazioni sindacali del futuro” e un “esempio” da seguire. Così almeno lo rivende il dottor Sbarra dell’Anas. Che infatti si offende a morte (e sapete quanto è permaloso …) quando il segretario della Fim di Torino disse che per lui il contratto degli alimentaristi non era l’esempio da seguire. Ne uscì fuori una replica (un po’ trombonesca…) in cui il dottor Sbarra dell’Anas diceva, più o meno ai metalmeccanici: “il nostro contratto è storico, ora vediamo se riuscite a farne uno storico anche voi” (potete rileggere di quella “storica” polemica a questo link).
Si arriva a novembre e l’autunno vede il contratto dei metalmeccanici: anzi, un contratto “storico” e “un esempio per tutto il paese”, annuncia il Bentivogli Marco. Che pure dovrebbe sapere che la sua federazione ne aveva già firmati almeno un paio di non banali nella sua storia. Poi uno cerca di capire cosa ci sia di “storico” in un contratto che aumenta le retribuzioni in base a criteri predeterminati ed in misura piuttosto modesta, e si rende conto che di storico c’è che questa volta ha firmato anche Landini. Il quale, forse, un giorno sarà anche ricordato come un personaggio storico, una specie di Garibaldi ferito nell’eroico scontro di Pomigliano, ma per ora è solo un simpatico e inconcludente massimalista.
Ma perché allora tutti si affannano ad esaltare dei rinnovi contrattuali che altrove sono considerati cose normali, e sono semmai più frequenti? In Germania, per dire, il ritmo è di un rinnovo all’anno, massimo due anni. E gli aumenti risultano in effetti più alti anche perché più frequenti.
Forse il fatto è proprio questo: a forza di allungare i cicli della contrattazione nazionale e di prevedere moratorie per quella aziendale, ci stiamo quasi disabituando all’idea che il contratto è l’attività più importante ma anche più normale per un sindacato.
E così, ogni normale rinnovo viene vissuto come un avvenimento storico. Ma più per i sindacati che per i lavoratori le cui buste paga, nella storia, hano conosciuto stagioni migliori di questa..
Se un contratto è storico per 51 euro…….siamo alla frutta!