Nella prima puntata abbiamo visto come in Germania il Dgb NON abbia ridottotto le federazioni aderenti da 17 a 8 (come invece sostenuto dall’ottimo Bentivogli) ma siano state le federazioni a decidere se accorparsi o no, e con chi, senza petulanti interferenze confederali (o delle federazioni più grosse che si vogliono pappare le più piccole). In questa seconda puntata, faremo un bilancio di queste fusioni tedesche, che risalgono ormai a quindici-vent’anni fa (in effetti, l’idea di risolvere i problemi accorpando i sindacati risale al secolo scorso…), per vedere come non siano state un grande affare. Ovvero, come si siano risolte nel classico guadagno “de Maria Cazzetta“, perché perdendo iscritti sono calate le entrate. Mentre è andata già meglio alle federazioni che non si sono accorpate.
Un’osservazione spassionata dimostra che accorpare non vuol dire necessariamente rafforzare (alcune volte è stato vero, molte altre volte no); e comunque che ci sono altri modi per dare più peso alle categorie, seguendo percorsi opposti, anche come filosofia, a quello degli accorpamenti decisi e governati dal centro confederale (e del commissariamento dei dissidenti).
Il più importante degli accorpamenti tedeschi fu quello che portò a creare il “ver.di“, un mega sindacato con tre milioni di iscritti, in rappresentanza di un migliaio di professioni diverse. Oggi le professioni sono ancora un migliaio, gli iscritti sono scesi a due milioni. Ancora tanti, ma non certo un rafforzamento rispetto al punto di partenza. In compenso, si sono rafforzati esponenzialmente i piccoli sindacati di mestiere (medici, macchinisti, piloti d’aereo …) che prima erano irrilevanti e che ora sono invece visti come capaci di tutele più specifiche delle professionalità.
Il primo accorpamento, quello che fece da apripista (e qua ci ricorda qualcosa…) fu concluso nel 1996 fra sindacato dell’edilizia Ig Bse ed il sindacato agricolo Gglf. Con i risultati che ci siamo già permessi di ricordare; partita con 700mila iscritti, la federazione accorpata Ig Bau è scesa a 280.926 (dati del 2014). Forse i settori di rappresentanza erano meno omogenei di quel che avevano pensato i progettisti a tavolino.
Ci fu anche chi non si volle accorpare. E non venne affatto commissariato; un po’ perché il potere di commissariare una federazione dissidente in Germania non esiste (e, diciamo la verità, non si tratta di un “civile metodo” di soluzione delle controversie politico-organizzative …), un po’ perché i risultati non sono stati i peggiori del mondo.
Fra i non accorpati, la Ngg (alimentaristi con lavoratori della ristorazione ed alberghi), che con i suoi 200mila iscritti conserva integra la propria capacità di autosostenersi con le entrate dei propri soci, senza doversi fara annettere da nessuno.
Quanto al sindacato più importante, l’Ig Metall, fece un accorpamento che in realtà fu un annessione dei tessili, che erano in forte declino per ragioni di declino generale del settore; in pratica fu un acquisto a prezzi di liquidazione. Ma, a differenza di quel che si vuole fare nella Cisl, la federazione cugina della Fim non si è mai fusa con i chimici dell’Ig Bce. Questo perché le due federazioni hanno storie ed identità distinte, che non si possono sciogliere in organizzazioni più grandi con un po’ d’acqua e qualche giro del cucchiaino.
Né può dirsi che si sia trattato di pigrizia, o di attaccamento alla poltrona da parte di chi non si vuol fondere, per citare l’argomento, un po’ volgarotto, che gira nella Cisl per screditare i dissidenti. I numeri dicono che la non fusione è stata premiata; in tempi di tendenza al calo degli iscritti, i chimici restano sostanzialmente stabili, mentre l’Ig Metall cresce (di poco, ma in maniera costante) da quattro anni a questa parte.
Soprattutto, è interessante cosa ha fatto l’Ig Metall per crescere in particolare in quelle fasce (giovani, donne, alte professionalità) che la vulgata corrente vorrebbe più impermeabili alla sindacalizzazione. Questo non è accaduto per caso, ma come esito di uno sforzo organizzativo, formativo ed anche economico da parte di un sindacato che non ha cercato un rifugio tranquillo nelle dinamiche tranquillizzanti della bilateralità e neppure si è accontentato di gestire i diritti di partecipazione, ma ha affrontato la sfida dell’organizing, della mobilitazione azienda per azienda e di una articolazione delle iniziative sindacali e conflittuali mirate alle esigenze delle persone e non a quelle dell’organizzazione. Una filosofia che ha portato a spostare risorse a sostegno delle campagne di sindacalizzazione.
Or si dirà che gli accorpamenti nella Cisl servono proprio a risparmiare risorse per destinarle alla prima linea. Permetteteci allora di ricordare che i sindacati di categoria tedeschi, sia gli accorpati che i non accorpati, hanno risparmiato all’origine. Non sulle federazioni di categoria, ma sulla confederazione.
Aderire al Dgb costa molto meno che aderire alla Cisl. E non c’è nemmeno il rischio di essere commissariati.
Questo sì è un bello spread a favore dei tedeschi!
Quasi quasi ci sarebbe da chiedere l’adesione al Dgb. Dove l’autogoverno delle categorie non è mai venuto meno.