3/Tradimento! (ecco perché era necessario impugnare il commissariamento della Fai)

Il ricorso al collegio confederale dei probiviri contro il commissariamento della Fai si chiudeva con un’affermazione pesante, ma purtoppo profetica, del signor Giovanni Graziani:

“Ma se l’impugnato provvedimento di commissariamento della Fai-Cisl dovesse essere considerato legittimo … ciò vorrebbe dire che la Cisl di cui vado parlando da un quarto di secolo non esiste. Forse non è mai esistita. Comunque non esiste più”.

E anche l’impugnazione al Tribunale di Roma aveva questa motivazione profonda: se la Cisl può sospendere la democrazia e commissariare una federazione per punirla del libero voto del suo congresso, allora la Cisl non c’è più. O meglio, esiste ancora una struttura con quel nome, e che dà lavoro ad un po’ di gente (molti pagati poco, alcuni pagati troppo), ma l’identità culturale, l’essenza, ciò che l’aveva resa una cosa speciale, non esistono più.

Infatti, poco tempo dopo, quella cosa che immeritatamente si chiama ancora Cisl ha messo nero su bianco la richiesta di una legge di attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. Il cui rifiuto era stato il punto esatto a partire dal quale la nuova organizzazione si era distaccata da tutte le altre (ed anche dal proprio passato) sotto la guida di Giulio Pastore e col sostegno intellettuale di Mario Romani. Un rifiuto che nasceva dalla “fiducia nella libera azione collettiva” e dal rifiuto di mettersi sotto la tutela politica e giuridica dei partiti e dei governi.

Anche per questo, è ormai evidente a chi voglia vedere le cose come sono che la battaglia giuridica e giudiziaria contro il commissariamento della Fai era quindi una battaglia per l’eredità politica e morale di Pastore e Romani, per difendere la natura e l’identità della Confederazione italiana dei sindacati dei lavoratori, al cui posto oggi c’è una cosa che ha lo stesso nome ma è sostanzialmente una sottomarca della Confederazione generale italiana del lavoro.

E infatti il principio organizzativo che regola i rapporti fra confederazione e federazioni è diventato il centralismo democratico al posto dell’autogoverno delle categorie. E infatti, le posizioni della Cgil prevalgono sia nel documento unitario sulla contrattazione (l’autore principale dell’articolo 39 era stato Giuseppe Di Vittorio) sia nella trattativa per il rinnovo del contratto degli alimentaristi.

Servono altre prove?

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  1. Atteso che il discorso (del redattore) sul cambio di RAGIONE SOCIALE che si vuole infliggere alla cisl, con la proposta contrattuale, non fa una grinza; vorrei ricordare che fu proprio il rifiuto del centralismo democratico l’elemento che portò i cattolici a costituire la CISL (questo lo dice la storia e tanti che ne vissero da vicino i primi decenni). Così noi che abbiamo sempre sbandierato l’ autonomia dalla politica, contestando agli altri un legame qual’è il centralismo democratico adesso ce lo dovremmo veder propinare con nonchalance.
    Penso che per uno stravolgimento di tale portata sia necessario un ampio dibattito nelle categorie ed un congresso straordinario. Altro che un atto d’imperio (che sarebbe chiaramente un abuso di potere)
    Luigi Viggiano FNP Savona

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