Aveva scritto la Cisl-Probiviri nel respingere il ricorso contro l’illegittimo commissariamento della Fai che il provvedimento serviva a “restituire agibilità funzionale alla Fai, avendone constatato la sostanziale ingovernabilità e i conseguenti danni alla migliore tutela degli interessi degli associati”.
Era falso, oggettivo e soggettivo, e i fatti di oggi lo dimostrano ulteriormente.
A seguito di quel commissariamento la Fai non è più stata capace di governarsi. Il commissariamento, che per statuto serve a portare la struttura a congresso ed eleggere la dirigenza ordinaria, ha portato ad eleggere segretario il commissario al quale serviva uscire un attimo dalla segreteria confederale per poi rientrare con i mandati azzerati. Persi più di tre anni con questi trucchetti di palazzo, la federazione è stata consegnata dal commissario ad un cavallo di ritorno, che comunque aveva avuto una carriera nella federazione ed avrebbe avuto quindi un dovere ulteriore di garantire il ritorno alla normalità.
Sono stati quasi otti anni di propaganda, di cinema, di narrazioni trionfalistiche, l’ultima delle quali andata in scena a Bologna pochi mesi fa. Tempo perso, e una ricostruzione dell’autonomia della Fai che non è mai neanche cominciata.

Ormai la federazione come soggetto aderente alla Cisl ma capace di governarsi da sola non c’era più. E così oggi, invece di decidere in autonomia la direzione in cui andare, torna a consegnare le chiavi di casa a Via Po 21, riconoscendo di non essere in condizione di darsi una dirigenza.
Una reggenza in queste condizioni è peggio del commissariamento: perché allora fu una ritorsione per punire una ribellione, oggi c’è stata una sottomissione totale ed una rinuncia preventiva alla dignità politica dell’organizzazione, a cominciare da un segretario generale che invece di rimettere il mandato a chi lo ha eletto lo ha posto nelle mani della segretaria della Cisl. Proprio come nell’Unione sovietica, dove formalmente si era eletti dal basso ma si rispondeva verso l’alto (come c’era scritto al punto 6 del ricorso ai probiviri, e i fatti hanno dimostrato che non era un modo di dire esagerato né una provocazione).
E “la tutela degli interessi degli associati” evocata allora dalla Cisl-Probiviri, che fine ha fatto? Diciamo che quando Rota afferma di lasciare una federazione “a fianco degli ultimi” può far pensare di riferirsi (anche) al fatto che la Fai rischia di essere ultima come rappresentanza nel settore.
il9marzo.it
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