Anche Draghi

Un commento al nostro post precedente sulle vecchie ricette della gerontocrazia di Via Po 21 ci obietta che “anche Draghi” ha indicato il modello del protocollo del 1993, come ha fatto il dottor Breznev dell’Anas nella sua relazione prima di essere rieletto, con unanimità sovietica, alla guida del soviet supremo di Via Po 21 assieme ai suoi (mediamente anziani) compagni del presidium.

L’uso dell’avverbio “anche” accanto a Draghi sarebbe sufficiente, nella sua involontaria autoironia, a far capire quanto i laudatori del corso attuale abbiano perso il contatto con la realtà (come se la Cisl stesse guidando l’Italia e “anche Draghi” collaborasse). Ma forse vale la pena approfondire il discorso al di là della polemica che comunque a noi piace sempre, che accettiamo sempre e sempre facciamo con libertà (per noi chi non accetta la polemica e non sopporta l’ironia raramente è una brava persona; e se poi usa il ricatto del “critica sì, purché sia costruttiva” raramente non è un disonesto).

Che gli stipendi bassi siano un problema per il sistema economico Draghi lo dice (almeno) da quando era presidente della Bce; e lo diceva “anche” lui, nel senso che i sindacati in Europa lo dicevano da tempo. In Europa, ma non in Italia visto che mentre il presidente della Bce Draghi parlava di questione salariale, l’allora segretaria generale della Cisl (che il suo stipendio se l’era già aumentato e poi aveva fatto approvare un nuovo regolamento per renderlo compatibile e pubblicabile) invece che far qualcosa sulla questione salariale preferiva usare la cariola per portare scatoloni di inutili firme alla Camera per una proposta di legge di iniziativa popolare sul fisco (che poi ha fatto la fine che fanno queste iniziative), oppure blaterava di partecipazione dei sindacalisti ai consigli di amministrazione (che sono sempre posti interessanti da occupare). Soprattutto si dedicava ai commissariamenti seriali, alle ritorsioni personali ed a espungere dalla Cisl tutti coloro che non fossero funzionali al potere del gruppo di comando. Ed a far espellere Fausto Scandola dalla Cisl mentre invece (Carniti dixit) “i provvedimenti da prendere avrebbero semmai dovuto essere di segno opposto”.

Ma torniano a Draghi che da presidente della Bce parlava della questione salariale come freno allo sviluppo in Europa. Altri paesi d’Europa hanno dato qualche risposta, sul piano contrattuale o sul piano politico e legislativo, per far crescere le buste paga. Cioè per sostenere non il reddito, come si può fare con la leva fiscale o altri strumenti in mano al governo, ma direttamente la retribuzione (il che, sia detto per inciso, rafforza il ruolo di autorità salariale del sindacato che contratta).

In Italia non abbiamo seguito nessuna delle due strade: non abbiamo contrattato salari un po’ più alti (e, di fatto, adottando l’Ipca come criterio, abbiamo semmai ridotto lo spazio per gli aumenti a titolo di recupero dell’inflazione) e non abbiamo introdotto misure legislative a sostegno (non del reddito, ma) della retribuzione. Come invece ha fatto la Germania con il salario minimo, una rivendicazione partita dai sindacati del Dgb poi condivisa progressivamente da, più o meno, tutti i partiti (e i risultati sono talmente positivi che solo i gerontocrati possono rifiutarsi di riconoscerli, preferendo parlare da trent’anni di defiscalizzazione e decontribuzione, cioè di spostare i costi sui conti pubblici).

Arrivato al governo in Italia, e mentre l’Europa mette fretta preparando la direttiva sul salario minimo, Draghi si deve far carico del problema che i sindacalisti italiani non sanno risolvere: la questione salariale. Solo che se lo deve porre in un momento in cui è ripartita l’inflazione, e bisogna stare attenti a non alimentare la spirale prezzi-salari-prezzi. E quindi non può lasciare in mano il problema più difficile (aumentare i salari senza alimentare l’inflazione) ai sindacati dei lavoratori e delle imprese che non sono stati capaci di risolvere quello più facile (aumentare i salari quando c’erano i margini ed era nell’interesse generale).

Che altro può fare un presidente del consiglio che di mestiere fa l’economista e non si deve ricandidare, se non prendere in mano la situazione togliendola dalle mani di chi è stato incapace di gestirla? Certo, siccome si tratta di una mossa delicata, è bene accompagnarla con un esempio positivo, come il protocollo del 1993 che (ma solo nei primi anni), riuscì effettivamente a garantire il calo dell’inflazione capace di compensare i lavoratori della moderazione salariale, nel consenso di tutte le parti interessate.

In questo modo, Via Po 21 può accodarsi all’operazione raccontando che “anche Draghi” condivide la proposta del patto sociale. Che non sarebbe una bugia grave, se solo non si pretendesse di scambiarla con la realtà.

E la realtà è che oggi, a differenza del 1993 ma anche degli accordi precedenti, le organizzazioni di rappresentanza non portano al tavolo triangolare la forza della loro rappresentatività, ma devono chiedere al tavolo con il governo quella forza, di idee oltre che di consenso, che ormai non hanno più.

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7 Commenti - Scrivi un commento

  1. Eh già, proprio così. Ai nostri non interessa lo sviluppo dei salari dei lavoratori (al contrario del loro) ma interessa tenere in pugno i lavoratori senza fare, come direbbero a Palermo, una emerita m…… sia per incapacità che per ignavia. Leader politici e sindacali ormai sono tutti la stessa cosa, uno strato di melassa senza idee, proposte e voglia. Ed è colpa della loro assenza o inutile presenza, se ci ritroviamo a governare l’ennesimo leader tecnico.

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  2. I nostri prodi non sanno nemmeno cosa sia l’Ipca che risale ai tempi degli accordi interconfederali di Bonanni in quanto non li hanno mai saputi esigere negli ultimi rinnovi al ribasso. Comunque l’Ipca non tiene nemmeno conto degli aumenti dei prezzi energetici e questo è un altro lampo di lungimiranza…
    In compenso continuano a riempirci di volantini che esaltano i 200 euro una tantum come se risolvessero il problema salariale.. una vergogna

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  3. Se Draghi avesse voluto togliere la materia alle parti sociali avrebbe già introdotto da un pezzo e per decreto salario minimo e legge sulla rappresentanza. Materie che invece cavalca solo un pezzo di governo. Siete ridicoli. Fate il processo alle intenzioni del premier, mentre lui invoca “un processo di accordo complessivo in un momento difficile che va gestito tutti insieme: sindacati, imprese e Governo”. Io non capisco perché vi riducete anche su temi così importanti a una curva da stadio. Anche piuttosto volgare.

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    1. Una curca da stadio da il tifo per una squadra. Noi non facciamo il tifo ma stiamo facendo un’analisi, che proseguiremo con altri interventi. Se poi i nostri ti sembrano argomenti volgari continua pure a leggerli facendo la faccia schifata, ché a noi non cambia molto.

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  4. Si sanno solo aunentare i loro di salari arrivando a superare gli stpendi dei parlamentari
    E riguarda tutti i livelli e loro si aggiornano ogni anno lo stpendio all’inflazione con una semplice delibera che si votano loro
    Conflitto di interessi
    Macché sei fuori di testa a parlare di etica conflitti di intetesse processi
    Privilegi dalle controparti elusione ecc.

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  5. E l’utile idiota si vende per buone le briciole di Draghi.. peccato che i lavoratori han capito tutto e aspettiamo al varco. Sempre che si facciano vedere perché da noi firmano i secondi livelli senza uno straccio di assemblea

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