“Ricordiamoci dei piccoli comuni”

Augusto Cianfoni chiede ospitalità per un suo intervento con cui rilancia uno dei temi che erano stati al centro dell’azione della Fisba e poi della Fai, quello delle zone di montagna e dei piccoli comuni, che hanno poco peso elettorale e per questo vengono facilmente dimenticati, Dalla politica e non solo.

Mi permetto di intervenire su codesto Blog per segnalare due circostanze che dovrebbero interessare la dirigenza della FAI perchè gli argomenti di cui sto per dire ne hanno caratterizzato la riflessione e l’azione almeno dai primi anni ’90 del secolo scorso fino al 2014. Senza dimenticare il patrimonio politico che veniva dalla Fisba.

Mi riferisco alla omelia pronunciata dal Vescovo di Rieti mons.Pompili il 24 agosto scorso a Amatrice e le iniziative importanti e penetranti di mons Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento il quale, dopo l’esordio del 2019 con la “lettera agli Amministratori”, riunirà il 30 e 31agosto al Centro La Pace di Benevento più di venti Vescovi provenienti da molte parti d’Italia dove il problema è più grave.

Il destino dei piccoli Comuni e il responsabile abbandono di quella politica della prevenzione contro il dissesto idrogeologico che riguarda non solo tutta l’Italia da sud a nord ma l’intera Europa dove negli ultimi 50 anni si è andata affermando l’utopia della miracolistica industrializzazione prima e del cosiddetto terziario avanzato con l’abbandono della agricoltura di montagna e della forestazione, credute spesso attività senza alcun valore economico salvo che per gli attori degli appalti pubblici dopo i disastri.

Gli effetti sono evidenti a tutti, ma come sempre se ne parla soltanto dopo terremoti, alluvioni e incendi boschivi e nei convegni intorno al tema dello spopolamento delle terre alte.

Una politica distratta e superficiale annuncia sempre in queste occasioni impegno a frenarvi l’esodo quando esso è iniziato già da sessant’anni e oggi occorrerebbe una lungimirante politica per riportarvi la gente creando condizioni di vita attrattive mediante progetti che diano lavoro, vantaggi fiscali e servizi la cui mancanza è la causa prima di una diseguaglianza che non riconosce alle popolazioni della montagna povera il diritto di essere riconosciute creditrici verso le ricche pianure e le città dove cresce sempre più l’inurbamento con tutti gli effetti negativi sulla qualità di vita e sulla perdita di identità culturale, insidiata dal multiculturalismo e dal relativismo imperanti. Valgano come esempi di questo fallimento della politica la neutraluzzazione della legge 97/94 sulla montagna e le frustrazioni seguite alla buona legge Realacci del 28 settembre 2017.

Nella Fai queste sensibilità non credo siano dimenticate. Ricordo bene quanto esse appartenessero ad alcuni che oggi la guidano a cominciare dal Segretario Generale Rota.

Ricordo quante settimane della montagna dedicammo a questi temi. Ricordo il Convegno di Genova del 2011 dopo quella disastrosa alluvione. Ricordo gli aiuti concreti che demmo alla popolazione de L’Aquila in occasione del terremoto del 2009. E in tante altre che vivemmo in ogni parte d’Italia con concrete azioni di solidarietà. : dalla Valtellina alla Calabria e alla Sicilia.

Che oggi la Chiesa, ancora una volta profetica, solleciti i responsabili delle istituzioni a riscoprire il valore delle terre interne e a realizzarvi azioni di lungo periodo per la loro emancipazione dall’abbandono e dalla miseria è troppo importante perchè il Sindacato non vi aderisca rinnovando quei nobili appelli degli anni ’90 e primi 2000 della Fisba e della Fai ai politici nelle occasioni delle competizioni elettorali. Che la politica si scontri su temi come il reddito di cittadinanza o sui fenomeni migratori appartiene al non senso istituzionale di cui è malato il Paese. Per il Sindacato parlare del lavoro che manca e di quanto se ne potrebbe creare curando le ferite del Territorio credo sia oggi come nel passato dovere che attiene alla sua missione originaria di vertenzialità e negoziazione territoriale ancorate ad una solida formazione dei Dirigenti regionali e territoriali ma ancor più basate non su posizioni ideologiche ma sui problemi reali della gente stanando le Regioni in troppi casi latitanti e spesso contraddittorie nei loro comportamenti con la cultura della sussidiarietà e del federalismo.

Solo dove c’è lavoro c’è Sindacato. Ma il lavoro deve essere dignitoso, vale a dire deve promuovere l’uomo anche nel rispetto della sua identità culturale la quale solo se solida può essere accogliente verso chi, venendo dal bisogno e dal pericolo, è portatore di cultura e tradizioni diverse.

Augusto Cianfoni 

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7 Commenti - Scrivi un commento

  1. L’ argomento trattato da Cianfoni è di antica
    e odierna attualità.
    Non voglio fare associazioni che molti non
    condividerebbero, ma quantomeno mi viene
    da pensare a quanto sarebbe stato utile alla
    Cisl che la Filca e la Fai unite portassero nel dibattito interno temi come questo del disastro ambientale e dei piccoli Comuni
    in una Organizzazione ridotta da anni a una cronica sterilità.
    Nelle Ust e ancor più nelle Usr temi come
    quelli citati erano da molti anni dimenticati
    quando non osteggiati.
    Solo il potere e la guerra che lo alimentava
    interessava ai rabdomanti del consenso,
    ancorato alla FNP e al FP.
    Il sindacato negoziatore sulle politiche
    dello sviluppo dopo quello della
    contrattazione articolata era stato messo
    in archivio insieme alla formazione dei Dirigenti che doveva sostenerlo.
    Come in economia aveva vinto l’utopia della
    taumaturgica industria, così nel sindacato
    ci si andò ubriacando delle grandi e facili,
    spesso immorali risorse della Bilaterità, malattia tuttora mortale.
    Gli idealisti che avversarono il progetto
    di unire le forze della Filca e della Fai forse
    lo fecero in buona fede, ma, come insegna
    San Giacomo, alla salvezza del mondo non basta la fede, servono pure le opere.
    Quanto ad esse si può anche sbagliare
    la via e il metodo, ma è possibile dare
    del tutto ragione a coloro che si oppongono
    ad esse accettando il mondo come esso è ?
    E il mondo della Cisl era e rimane come nè
    gli uni nè gli altri lo volevano. Come in Ungheria, a Praga e in piazza Tienanmen hanno vinto i carri armati.

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    1. Giovanni Graziani · Edit

      Ognuno di noi ha diritto a ricordarsi la storia come preferisce. Io ad esempio, ma sicuramente sarò in errore, non ricordo che chi promuoveva la fusione fra Fai e Filca lo facesse all’insegna delle politiche territoriali a sostegno delle aree montane e dei piccoli comuni. E del resto, se questa fosse stata un’idea condivisa dalle due federazioni, avrebbero potuta sostenerla assieme senza aspettare di fondersi.
      Mentre mi ricordo che l’argomento che veniva sostenuto a favore della fusione era quello di costruire una grande federazione della bilateralità, materia di cui la Filca era maestra.

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      1. Augusto Cianfoni · Edit

        Caro Giovanni, pur confermandoti la mia stima, dico che non ricordi bene.
        D’altronde 7 anni sono tanti, ancor più se si trascorrono ognuno a celebrare la propria Messa cantata.
        Che c’entrava la bilateralità in quel progetto ? Ognuna delle nostre due Federazioni aveva esperienze diverse a riguardo e noi della Fai delle Casse edili avevamo non pochi dubbi sul loro funzionamento e riguardo al ruolo che esse avevano e hanno nel proselitismo.
        Dubbi e perplessità mai taciute ai nostri compagni di viaggio e verso i quali un importante ruolo lo avrebbe avuto la Formazione affidata alla Fondazione FisbaFat.
        L’orizzonte di quella idea era piu alto e non era estraneo ai problemi del territorio che Fai e Filca erano quasi le le sole a presenziare. E quando lo si vive se ne avvertono le fragilità più di coloro che vivono nella P.A. o nella pace di un pur meritato pensionamento.
        Dal che come tu, io e altri sappiamo, di quella vicenda, durata tre anni con silenzi e reticenze negli Organismi, la storia dovrà essere ancora scritta.
        In questi sette anni alcuni l’hanno raccontata come a ciascuno è convenuto specie riguardo a quel voto segreto, giustificato dal “terrore” di contrastare apertamente il “dittatore” Bonanni…una vera mistificazione.Importante che la democrazia abbia trionfato.
        Chissà perchè mi passa per la mente la vicenda di Pirro il quale, pur essendosi intestato una fragile vittoria, è comunque passato alla Storia. Senza quella chi se ne ricorderebbe ?
        A me e a tanti altri resta comunque l’orgoglio di aver attraversato una grande esperienza nella Fisba e nella Fai nelle quali abbiamo conosciuto grandi e piccoli uomini, leader e personaggi da retroguardia, gente che ha avuto meno di quanto meritasse e coloro che hanno beneficiato dei premi con cui sempre si gratificano i fedeli e i sicofanti, le teste vuote e le lingue di legno.

        Un caro saluto.
        Augusto Cianfoni

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        1. Giovanni Graziani · Edit

          Caro Augusto, non ho obiezione alcuna da farti, ma solo ribadire che, a maggior ragione sette anni dopo, ognuno di noi ha diritto a ricordarsi la storia come preferisce, e darne testimonianza per come se la ricorda. Poi gli storici che scrivono la storia sicuramente raccoglieranno come più attendibili e precise le testimonianze di chi, come te, l’ha vissuta in prima linea rispetto a quelle di chi, come me, si è tenuto in seconda o terza: in seconda linea nell’ambito della formazione, perché era difficile collaborare con un esperimento di formazione comune dove ognuno voleva cantare la propria messa nello stesso luogo ma con messali diversi, ed il risultato era cacofonico; in terza linea rispetto alle decisioni prese negli organi perché essendo io in quel momento, grazie alla tua stima della quale ti sono sempre grato, presidente dei probiviri non avevo decisioni operative da prendere e, sul piano dell’opportunità, facevo bene a tenermi al di sopra delle parti (anche se ufficialmente le parti non c’erano e tutto veniva deciso all’unanimità; compresa la decisione di Perugia 2013 di aspettare un biennio prima di passare all’unificazione).
          Da presidente dei probiviri, e cioè garante delle regole fondamentali, sono entrato in prima linea in questa storia dopo il voto dell’assemblea congressuale del 2014 (prima del biennio…) perché, per quanto possano avervi concorso motivi nobili e meno nobili, era la deliberazione adottata validamente e doveva essere rispettata, e non calpestata da un commissariamento illegittimo e protervo.
          Penso che mi potrai dare atto che non ho mai agito dietro alle spalle a nessuno, e che in questa battaglia non avevo interessi personali da perseguire, né prima del voto dell’Ergife (mi ricordo, ma forse mi sbaglio ancora, che ero designato a fare il presidente dei probiviri anche nella nuova federazione, il che avrebbe aumentato l’importanza del mio ruolo) né dopo quel voto, che io ho difeso per rispetto al mio ruolo e alla mia fede sindacale mentre molti di quanti lo hanno espresso se lo sono rimangiati come vigliacchi per ricollocarsi agli occhi del nuovo padrone. Come avrei potuto fare anch’io, se a casa non avessi avuto qualche specchio nel quale, occasionalmente, mi capita di dovermi riconoscere.
          Anche nel ricordarmi una certa sottolineatura dell’importanza della bilateralità nel progetto della nuova federazione non ho alcun interesse personale né politico. Per cui ti chiedo in amicizia di non avercela con me se confermo il mio ricordo, per erroneo che possa essere considerato da chi ne conserva altri.
          Un saluto affettuoso da Camaiore, comune con molte frazioni collinari e montuose
          Giovanni

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          1. Augusto Cianfoni · Edit

            Al caro e sempre stimato Giovanni Graziani.

            Nulla da obiettare alla tua analisi, come sempre corretta e di grande equilibrio.
            Soltanto e non per fare, come si dice a Roma, il cacastecchi dico: è vero che al Congresso di Perugia nel 2013 l’ordine del giorno fu di allungare i tempi del progetto. Proprio per questo a maggio 2014 convocai a Fiuggi il Consiglio Generale per discutere sulla eventuale anticipazione di quell’appuntamento e per conseguenza convocare o meno in luglio a Chianciano i due Consigli di Fai e Filca per decidere la data del Congresso costituente.
            Nè a Fiuggi nè a Chianciano ci furono contrarietà riguardo al Congresso di fine ottobre all’Ergife. Riconosco che dietro le quinte c’erano rumori ma essi erano estranei agli Organismi deliberanti.
            Il mio errore fu certamente di non darvi peso mentre avrei dovuto capire che quei malumori esternavano quanto chi doveva parlare taceva. L’amarezza più insopportabile fu di vedere il cinismo di coloro che, pur con tutta la venerazione dovuta alla democrazia, non esitarono a consumare il “delitto” davanti a tutte le Delegazioni invitate, una vergogna che ha segnato profondamente la mia vita di uomo prima che di Dirigente.
            Infine di alcuni segretari regionali che in poche ore sconfessarono se stessi meglio tacere non potendone parlare bene. Ma certo questo mio è un sentimento che rivela come sette anni siano ancora pochi per elaborare quel lutto, ancor più doloroso se guardo oggi un sindacato, un tempo di terza fila, sovrastare per numeri e non solo una Storia come quella della Fai.
            Salutami Camaiore, il mare etrusco e i monti sovrastanti.

            Augusto

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  2. Fabrizio Colonna · Edit

    Quando si dice facciamo dibattito, quello che purtroppo da diversi anni manca in Fai e in Cisl! Voi avete fatto questo, cioè quello che si faceva, nel massimo rispetto delle opinioni altrui, in quella grande e bella famiglia che era la Fai! Con grande tristezza mi mancano quelle giornate. Un caro saluto a tutte le “fazioni”. Un umile partecipante di quel tempo. Fabrizio Colonna

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