2/Il problema 564

Un commento del nostro lettore che si firma “IL POSTINO” rilancia una (non brevissima) lettera aperta che è stata spedita nel dicembre 2015 da Attilio Fratta, segretario generale di un sindacato di dirigenti scolastici, al presidente del consiglio ed a molta altra gente; lettera che potete trovare anche a questo link.

Il tema è quello delle pensioni di alcuni sindacalisti (in questo caso dello Snals) arricchite grazie ad abusi della legge 564 del 1996; la stessa legge che compare citata sulle buste paga di cinque segretari confederali in carica (in attesa che il dottor Sbarra dell’Anas indichi la sua opzione fra Via Po 21 e Via Tevere 20…). E lo spunto è dato dalle trasmissioni delle Iene, che prima di aver “quasi violentato” nostra signora delle Poste, quella che “non mi ero proprio accorta di prendere tutti quei soldi” (cielo, dove ho messo la testa?), si erano occupate dello Snals, avevano poi intervistato il prof. Treu che aveva ammesso il difetto di costruzione nella legge, ed avevano provocato un’indagine condotta dalla Guardia di finanza che ha denunciato irregolarità (distacchi negli ultimi mesi di lavoro per pagare contributi su stipendi inesistenti ed aumentare di parecchio la base di calcolo della pensione).

Senza entrare nel merito dei rapporti, evidentemente non idilliaci, fra i sindacati autonomi della scuola testimoniati da questa lettera, facciamo una precisazione, un’osservazione e una postilla.

La precisazione è che chiunque abbia da correggere, smentire o precisare informazioni contenute in quella lettera, o comunque si senta tirato in ballo o abbia solo da dire la sua, ci può mandare una mail, o scrivere un commento, o farsi vivo in qualunque modo; e qui non censuriamo nessuno (offese personali escluse).

L’osservazione è che il problema della trasparenza è sul tavolo da tempo, e non riguarda solo la Cisl. Quindi pensare di chiudere il dibattito dicendo “la Cisl ha approvato il nuovo regolamento”, oppure “ci sono le buste paga sul sito” oltre a non rispondere di quel che è successo in passato, non va alla radice del problema. Che è generale e riguarda, ad esempio, una legge sulle pensioni dei sindacalisti della quale era possibile abusare. Forse qui sì che ci sarebbe voluta una riforma. E non le autoriforme della Cisl, che si riducono ad un regolamento che aumenta ufficialmente retribuzioni già aumentate di fatto per poterle sanare, ed a mettere sul sito, ogni tanto, un po’ di buste paga ampiamente sbianchettate.

La postilla riguarda appunto le riforme. Perché poi, invece che di queste cose, di regola da cambiare perché favoriscono la non trasparenza, si parla di tutt’altro, di regole sulla contrattazione e sulla rappresentanza, fino a dissotterra perfino il cadavere dell’attuazione dell’articolo 39, con l’accordo di Cgil-Cisl-Uil. Ma ci si dimentica che, ad esempio, nel pubblico impiego la riforma di contrattazione e rappresentanza è stata fatta da vent’anni. Regole che oggi garantiscono, invece di scoraggiare, la proliferazione di sigle concorrenti e polemiche fra di loro (come dimostrano i toni della lettera citata), e non portano maggior trasparenza (come dimostrano le vicende di cui si parla).

Ma allora, perché questo è il modello al quale si guarda per il lavoro privato? E perché la Cisl si unisce a coro invece di far valere le sue posizioni sul sindacato associazione che rappresenta i propri iscritti?

Forse ha ragione la lettera di Gianni Italia a “Sindacalmente”, forse la testa della dirigenza confederale della Cisl è legata ad un modo di pensare che è tipico del pubblico impiego: dove, invece che a ripartire una ricchezza che prima va prodotta, molti pensano a rivendicare più benefici che si possono da un interlocutore che è titolare del potere pubblico. Ecco che le regole sulla rappresentatività sono allora la maniera più comoda per la ripartizione dei benefici conquistati, o per la loro conservazione come nel caso del distacco retribuito. Regole che fanno comodo ai sindacati medio-piccoli, che si garantiscono la loro quota di privilegi, e cementano la posizione di egemonia di quelli più grandi, confederali in testa.

Forse, visti i problemi che hanno creato, è il momento di riflettere sulla possibilità di liberarsi da alcune leggi che avrebbero dovuto sostenere il sindacato, ma che ora sembrano garantire più i privilegi dei singoli che i diritti delle organizzazioni, e che stanno diventando una palla al piede della credibilità dei sindacalisti che vogliono fare il loro mestiere.

Come ad esempio poteva accadere se, dopo il caso del precedente segretario generale, qualche signora distratta si fosse trovata un domani ad avere una pensione un po’ più alta del dovuto (vedi il 18% di maggiorazione di cui parla la lettera del commercialista “tutto a posto”), senza essersi neppure accorta di avere tutto quel “lordo previdenziale“.

Già, ma se era solo distrazione, perché ha fatto espellere il pensionato di Verona che l’aveva avvertita che qualcosa non andava?

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5 Commenti - Scrivi un commento

  1. Le osservazioni della redazione e di Gianni Italia non fanno una grinza, sono tutte vere ma minimali e benevoli verso gli interessati che fingono di cadere dal pero dicendo “io non c’ero e se c’ero dormivo”; in realtà sapevano alla perfezione quello che facevano , basta vedere con quale tempismo il Bonanni evitò gli effetti della legge Fornero .
    Per quanto riguarda il pubblico impiego e aggiungerei i pensionati e i carrieristi di professione arrivati al sindacato non dalle categorie ma col metodo Sbarra che sarei curioso di sapere qual’è stato) o dal servizio civile alternativo al servizio militare fin quando c’è stato e come volontariato dopo; ebbene queste tre tipologie d’iscritti hanno acquisito, nel tempo un crescente potere pur rimanendo più o meno stabili nel numero mentre le altre categorie subivano un tracollo dovuto alla crisi e chiusura di molte fabbriche. Come esempio basta pensare al potere di una volta e quello di oggi dei metalmeccanici (lo sa molto bene l’amico Bentivogli immaginiamo). per i pensionati basta ricordare come fu accantonato l’ex segretario Muda (pare con lo stesso metodo usato per far fuori Pezzotta). Ma allora è da visionari pensare ad un accordo a tavolino tra Bonanni, Furlan e tutti i dirigenti che oggi sono al comando di questo sistema di potere? Se è vero come abbiamo letto che la Cisl è una Holding addirittura con ramificazioni internazionali allora forse la verità emersa è solo una piccola parte di qualcosa di molto più grande non vi pare ?
    Immagino il coro di risposte ; ma no sei il solito malato immaginario malpensante!!!!! Ricordando Galilei agli scettici rispondo “Eppur si muove”
    Il VISIONARIO

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  2. L’antenata della 564 nota come legge Treu é la legge Mosca che per completare l’informazione riporto:
    La legge Mosca (n. 252/1974): una truffa semidimenticata. Il danno provocato all’erario da 37.500 privilegiati ha superato i 25mila miliardi di lire (12 mld di euro). Commento di Franco Abruzzo: “La magistratura confischi subito tutti i beni dell’ex Pci/Pds/Pd, dell’ex Dc e dell’ex Psi; di Cisl, Ull e Cgil, degli enti e partiti minori per evitare che OGGI LETTA METTA LE MANI NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI” . Il nome di Giovanni Mosca rimane legato, piaccia o no, alla legge grazie alla quale decine di migliaia tra funzionari ex Pci, portaborse ex Dc e socialisti, e, immancabilmente, sindacalisti Cgil-Cisl e Uil,hanno potuto beneficiare – spesso abusivamente – di pensioni agevolate, e di godere dell’incredibile privilegio di riscattarsi a basso costo non solo gli anni trascorsi nel partito o nel sindacato, ma persino quelli passati sui banchi di scuola, purché si rientrasse nelle suddette categorie.

    di Giorgio Bianco

    Quasi mai se ne parla. Pochissimi sanno che cosa sia, talvolta anche tra le persone più informate. Per quasi venticinque anni la faccenda sarebbe rimasta sotto silenzio, se il 30 luglio del 1998 un senatore dell’opposizione, Eugenio Filigrana, allora di Forza Italia, non avesse presentato una lunga dettagliatissima interrogazione rivolta agli allora ministri del Lavoro e delle Finanze, Tiziano Treu e Vincenzo Visco. Si sta parlando della legge 252 del 1974, detta «legge Mosca», dal nome del suo promotore, Giovanni Mosca, originariamente deputato milanese del Partito Socialista molto vicino a Ernesto De Martino, poi passato alla Cgil quando la direzione del Psi decise che avrebbe dovuto prendere il posto del capo storico della corrente socialista all’interno del sindacato, Fernando Santi. Quando nella Cgil, come nelle altre due principali confederazioni sindacali, fu sancita l’incompatibilità tra mandato parlamentare e incarichi sindacali, Mosca ritornò nel partito, dove ricoprì mansioni importanti, fino alla vicesegretaria, ma la sua carriera politica si avviò al tramonto nel 1976, quando, all’hotel Midas di Roma, si svolse la storica riunione del comitato centrale del Psi che vide l’avvento di Bettino Craxi e l’eclisse di De Martino.

    Il nome di Giovanni Mosca, comunque, rimane legato, piaccia o no, alla legge grazie alla quale decine di migliaia tra funzionari ex Pci, portaborse ex Dc e socialisti, e, immancabilmente, sindacalisti Cgil-Cisl e Uil,hanno potuto beneficiare – spesso abusivamente – di pensioni agevolate, e di godere dell’incredibile privilegio di riscattarsi a basso costo non solo gli anni trascorsi nel partito o nel sindacato, ma persino quelli passati sui banchi di scuola, purché si rientrasse nelle suddette categorie. Nel complesso, a beneficiare di questa manna sono state 37.503 persone, delle quali il 60% della Cgil (9.368 unità) o dell’ex Pci (8.081), seguiti a ruota degli ex padrini o impiegati della Dc (3.952), Psi (1.901), Cisl (3.042) e Uil (1.385). Rimangono poi altre 9,390 pensioni erogate, sempre grazie alla legge Mosca, ad appartenenti ad organizzazioni minori (come Msi e Pri, etc), comunque quasi tutte distribuite secondo la logica del favoritismo, della clientela e della lottizzazione.
    È stato calcolato che il danno provocato all’erario da questo esercito di privilegiati ha superato i 25mila miliardi di lire (12 mld di euro). Grosso modo, la somma che il governo di centro-sinistra ha cercato a suo tempo di racimolare con i tagli sulle pensioni di anzianità previsti dalla finanziaria ’99. Una gigantesca truffa ai danni dello Stato, visto che il numero dei beneficiari della normativa speciale ha superato di gran lunga quello degli aventi diritto, come dimostra il fatto che, al momento dell’interrogazione di Filigrana, molti risultavano ancora in servizio. Il meccanismo della truffa, peraltro, era semplice. In molti casi vanivano dichiarati anni, persino decenni, fasulli oppure lavorati in maniera non continuativa. Tra i soggetti beneficiari della «legge Mosca», alcuni risultavano aver fatto gli autisti fin dall’età di 12 anni! Un altro esempio del modo truffaldino con cui ci si servì del provvedimento fu la vicenda giudiziaria di un impiegato toscano della Dc, che venne condannato per truffa e falso ideologico e dovette restituire quasi 325 milioni di lire di pensione intascati senza averne diritto. Ma il caso più eclatante fu il processo istruito contro 111 lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, tutti accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai lavorato, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative. In realtà, la maggior parte di costoro, negli anni riscattati, erano stati partigiani, soldati, studenti (delle medie inferiori) quando non addirittura detenuti!
    La denuncia si rivelò una bella patata bollente, per una sinistra che, proprio nel momento in cui si trovava a fare i conti con il delicato terreno dei tagli alla spesa sociale, rischiava di trovarsi colta in fallo, senza le carte in regola. «Vaglielo a dire – scriveva Robi Ronza – a quei poveracci che hanno sempre pagato fiori di contributi all’Inps che la loro pensione, sia pure d’anzianità (ma c’è chi l’ha presa avendo iniziato a lavorare a dieci anni per davvero, e non solo figurativamente come hanno fatto risultare i furbi della legge Mosca) che ora sono proprio loro a dover pagare truffe come le pensioni per i finti invalidi o quelle di comodo per i vari politicanti d’Italia».

    Le domande di Filigrana, comunque, non ricevettero alcuna risposta: un silenzio assoluto, tanto che il parlamentare definì esplicitamente Romano Prodi «insabbiatore dello scandalo». Un silenzio, quello di Prodi, per un verso anche comprensibile, visto che la truffa coinvolgeva anche molti degli allora leader sindacali, nonché dei politici della sinistra, i quali, più che il rosso delle bandiere, avrebbero dovuto mostrare quello della vergogna, a dover spiegare alla classe operaia che avrebbe dovuto sopportare tagli previdenziali per compensare gli sprechi e le truffe attuate negli anni Sessanta per favorire esponenti della Trimurti sindacale, nonché della sinistra stessa.
    La questione ripiombò nel silenzio fino a quando, nel gennaio del 2001, Marco Palma, consigliere comunale di Roma, tirò nuovamente in ballo lo scandalo: «Il presidente dell’Inps, Paci, tiri fuori i nomi dei beneficiari della legge Mosca. Così avvieremo una vera e propria perestrojka presso l’Inps. Faremo luce sulla spartitopoli e sui moralisti che oggi lanciano strali sulla previdenza dei lavoratori». Parole che, come nel ’98 quelle di Filigrana, sono rimaste del tutto prive di risposta.
     Giorgio Bianco – bianco@ragionpolitica.it
    – in  http://www.ragionpolitica.it/testo.3378.legge_mosca_una_truffa_semidimenticata.html
    IL POSTINO

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  3. oltre le leggi Treu, Mosca c’è anche Amato con le sue:

    Quando il sindacato vede la trave nell’occhio del popolo spremuto
    16 maggio 2012
    “Occorre inviare un segnale chiaro a tutto il Paese che le tasse vanno pagate nei tempi e nei modi previsti dalla legge”. Queste le parole del sindacalista Bonanni a difesa dei lavoratori di Equitalia.
    In effetti un buon sindacalista avrebbe il dovere di difendere i lavoratori, indipendentemente dal colore politico e della ditta di appartenenza, e così appare faccia Bonanni.
    Quello che suona strano è che qualche anno fa il Ministro del Lavoro Tiziano Treu e Tito Boeri proposero una riforma sul lavoro con contratto unico suddividendolo in tre fasi. Un periodo di prova di sei mesi per valutare la qualità del lavoratore, quindi l’inserimento dal sesto mese al terzo anno tutelando il lavoratore da licenziamenti discriminatori e in fine il periodo di stabilità.(1)
    La proposta fu cassata da Bonanni e da tutti i suoi consimili delle altre due confederazioni. Successivamente fu esaminata la prospettiva di Ichino di mettere alla porta l’1% della popolazione pelandrona nella pubblica amministrazione facendo posto alla classe dei precari e di chi era senza lavoro, i tre dell’Ave Maria hanno ribadito “Non esistono nullafacenti” (¹)
    Andando avanti di questo passo e considerando che il mondo sindacale è una macchina mangia soldi ed è la seconda forza lavoro italiana, non ci si può meravigliare se i conti delle tre confederazioni non sono trasparenti. La nebbia e il pressapochismo impera a tutto tondo, tanto che l’ex radicale Capezzone avventava la cifra di 3.500 miliardi di lire nel 2002 il giro d’affari dei sindacati, indicando però che i conti erano sicuramente fatti per difetto. (²)
    Dai sindacati dipendono molte cose: i contributi degli iscritti, i Caf, i patronati sindacali, il patrimonio immobiliare immenso, la raccolta del 5×1000, gli affari degli immigrati, le tessere e tutto all’ombra delle dichiarazioni fiscali, possibile?
    Non dimentichiamo poi che i le confederazioni sindacali non pagano l’Ici, ora Imu e che il loro smisurato patrimonio immobiliare fu dato loro dallo stato italiano a seguito di una legge (n. 902 del 18 novembre 1977) che gli esentò anche dal pagamento di qualiasi tassa o imposta relativa al trasferimento dei beni. Inoltre, per quanto concerne l’Ici (ora Imu) il decreto n. 504 del 30 dicembre 1992 esonera questi enti dal pagamento dei tributi comunali.
    Certo che fare il sindacalista con queste premesse è un bel lavoro tanto da lucrare anche su dei versamenti INPS mai pagati. Una legge del 1996, la 564, permette ai sindacalisti di avere il doppio contributo calcolato su versamenti “figurativi” legati agli ultimi stipendi realmente percepititi e l’onere di questi versamenti viene dato ovviamente all’Inps per tutti quei dipendenti in aspettativa per incarichi sindacali. Le confederazioni sindacali ovviamente non hanno mai versato un centesimo traendone gran beneficio per le loro economie. A questa legge se ne aggiunge un’altra, la Legge Mosca (LEGGE 11 giugno 1974, n. 252 – Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione. (GU n.177 del 8-7-1974 )) che prevedeva dall’armistizio del’8 settembre 1943 ad alcune centinaia di persone per aver lavorato in nero o prestato attività sindacali, politiche assistenziali di essere messe in regola con i versamenti pensionistici. Era sufficiente una attestazione del sindacato per poter entrare di fatto a libro paga dell’Inps.
    La legge Mosca prevedeva ovviamente una scadenza, ma in Italia fatta la legge…così che dalla sua scadenza iniziano le proroghe fino che ebbero il loro fine solo nell’aprile del 1980.
    Proviamo a contare gli anni dall’ 8 settembre 1943 all’aprile del 1980. Dentro questa immensa forbice ci sono quasi tutti i nomi noti del sindacato: da Bertinotti a D’Antoni, quindi Trentin, Larizza, Del Turco, Marini. (³)
    In questo assalto alla dirigenza dello stato sociale italiano la voce forte di denuncia di Bonanni appare quasi un urlo disperato ed accorato di chi comincia intravvedere le loro prebende, i loro vantaggi, le loro ruberie, le corsie preferenziali di chi non ha mai lavorato, ma ha scaricato sull’intero mondo del lavoro l’onere delle loro mancanze.
    (¹) Stefano Livadotti – L’altra Casta – Ed. Bompiani
    (²) ibidem
    (³) ibidem
    4realinf’s Blog Etiam si omnes ego non

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  4. Ad integrazione dei nomi già noti allego questo articolo di repubblica dal quale si evincono altre interessanti novità , a partire dall’ex Presidente della Repubblica Napolitano.LEGGE SULLE PENSIONI STRAVOLTA DAI PARTITI
    “art. di Repubblica del 3 novembre 1995:”
    Federico (il procuratore circondariale di Grosseto Pietro Federico, nda) ha sequestrato nella sede dell’ Inps, dei principali partiti e del ministero del Lavoro tutte le oltre quarantamila pratiche. Per la sua inchiesta a Grosseto sta controllando le posizioni di 470 persone (30 sono indagati) e ogni giorno sforna una decina di interrogatori. Ma 95 procure in Italia hanno ricevuto i dati dei beneficiari della legge nelle rispettive province. E ogni giorno saltano fuori nomi illustri. Qualche esempio. La ex presidente della Camera Nilde Iotti, classe 1920, ha riscattato con la legge Mosca gli anni dal 1945 al 1963, gli stessi che ha richiesto Alessandro Natta, classe 1918, segretario del Pci fra Berlinguer e Occhetto, Franca Falcucci e Bartolo Ciccardini. Ottaviano Del Turco, nato nel 1944, ha riscattato la pensione dal febbraio 1959. L’ ex segretario generale della Cisl Pierre Carniti ha chiesto di riscattare gli anni fra il 1953 e il ‘ 58. Aveva 17 anni. Il segretario della Cisl Sergio D’Antoni sta maturando la pensione, sempre grazie alla legge Mosca, da quando aveva 18 anni. Così hanno fatto Craxi e Occhetto. Nell’ elenco figurano anche Giorgio Napolitano, Piero Larizza, Antonio Pizzinato, Bruno Trentin, Antonio Bassolino e Armando Cossutta. L’ ex deputato socialista Giovanni Mosca, papà della legge, oggi vive nel Chianti. E commenta amaro. “La legge era giusta. Non mi sono mai pentito. Calcolammo allora che in Italia ci fossero circa 7-8000 persone in questa situazione. All’ inizio quasi la metà delle domande fu bocciata. A esaminare le pratiche era una commissione del ministero del Lavoro, composta da funzionari dello Stato e dell’ Inps e da rappresentanti di alcune grosse organizzazioni sindacali. Ma la legge doveva durare solo due anni: anche per la sua breve vita la chiamavano legge Mosca. Invece fu subito prorogata senza adeguare i sistemi di controllo. Potevo immaginare che fosse stata usata in modo disonesto ma non mi aspettavo che si fosse arrivati a cifre così colossali“.

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