Entro cinquantuno giorni / Scocciatori e pallonari

Proseguiamo a ingannare il tempo dell’attesa per la sentenza sulla causa intentata contro uno dei promotori di questo blog raccontando alcune delle cose che fanno capire meglio la natura intimidatoria (o meglio, intimidatoria nelle intenzioni, per nulla nei fatti) dell’iniziativa giudiziaria.

Oggi lo spunto ce lo dà la cronaca: leggiamo infatti sui giornali che la presidente del consiglio in carica, per essersi sentita definire “neonazista nell’anima” da un famoso professore di storia, con ampia diffusione sui mezzi di comunicazione di massa, ha chiesto un risarcimento importante, pari a eur. 20.000.

E gli scocciatori di Via Po 21 e numeri civici circostanti, quanto hanno chiesto per cose molto meno importanti? Se una presidente del consiglio chiede una cifra così, loro quanto hanno potuto chiedere?

La domanda è mal posta e senza senso. Perché non si possono mettere a paragone diretto due cose eterogenee, come una richiesta che ruota attorno ad una questione seria (la critica politica è libera e quindi non è mai in sé diffamatoria, come noi pensiamo, o è fonte di responsabilità giuridica, come afferma la presidente del consiglio rivelando un’attitudine poco liberale?) e una cosa ridicola quanto grave, cioè il tentativo di chi conta sui soldi dell’organizzazione che dirige per far valere lo squilibrio nei rapporti economici contro colui al quale la causa è intentata. In altre parole, non è serio il comportamento di chi fa causa e spara richieste inverosimili, tanto poi se perde paga la Cisl; mentre il convenuto rischia in proprio.

A confermare questo giudizio c’è l’entità del risarcimento chiesto dall’avvocato di via Po 21 e indirizzi analoghi per conto dei suoi mandanti: che è cinque volte quella chieste dalla presidente del consiglio. Cinque volte, si badi bene, a testa, quindi da moltiplicare ulteriormente per tre (se non di più, perché poi c’è da valutare il risarcimento chiesto in proprio e quello a nome delle organizzazioni Cisl e Fnp).

Insomma, dare della “nazista” a Giorgia Meloni, presidente del consiglio in carica, può costare 20 mila, dare del “dottore” a Sbarra, o evocarne il rapporto di lavoro con l’Anas, costerebbe almeno cinque o dieci volte di più. Il che dimostra l’uso cialtronesco oltre che intimidatorio che è stato datto del diritto di agire in giudizio.

E dimostra che, oltre ad essere degli scocciatori, gli attori della causa sono dei pallonari, gente che la spara grossa e spera che gli allocchi la bevano.

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