Era l’epoca della concertazione, prima metà degli anni ’90. Tutto sembrava che dovesse passare per forza dal tavolo triangolare governo-imprese-confederazioni sindacali. E d’altra parte alcuni buoni risultati c’erano stati.
La Fisba, però, fece di testa sua. Due anni dopo il protocollo sulla politica dei redditi del 1993, che aveva stabilito la riforma del sistema contrattuale (contratto nazionale rinnovato sull’inflazione programmata, contratti di secondo livello legati alla produttività), la Federazione fu promotrice di una riforma della contrattazione collettiva in agricoltura, formalizzata con il contratto nazionale del 1995, che andava molto più in là col decentramento rispetto a quanto fissato nel protocollo di concertazione.
La Flai-Cgil, manco a dirlo, non firmò, e mise in mezzo le confederazioni; non si poteva stravolgere l’assetto deciso centralmente, non si doveva toccare la centralità assoluta del contratto nazionale di lavoro, a rischio di perpetuare l’immobilismo che stava erodendo la funzione stessa dei contratti collettivi nel settore.
Le pressioni della Cgil si fecero sentire sulla Cisl; che non era per niente entusiasta della riforma agricola, visto che la concertazione richiedeva rapporti unitari che la Fisba stava guastando. E ci volle del bello e del buono per convincere via Po a lasciar fare a via Tevere.
Pochi mesi dopo, era la Flai-Cgil a dover cedere ed a firmare il contratto già bollato come un inaccettabile rinuncia alle conquiste nazionali. Nel giro di poco tempo si assistette al più imponente ondata di rinnovi dei contratti provinciali che si sia mai visto in un settore, arrivando a coprire con due livelli effettivi di contrattazione tutti i lavoratori agricoli in Italia (un record ad oggi imbattuto fra tutte le categorie). E la Cisl, naturalmente, se n’è fatta un vanto (un po’ in ritardo, ma va bene così).
Né si trattava di un colpo di testo o di una fuga in avanti; la svolta del 1995 era stata preparata con studi e ricerche e con un confronto costante negli organi politici (quelli che oggi non ci sono grazie al commissariamento) per fare sintesi fra le ragioni dei territori, in particolare del nord e del sud.
Questa storia importante, che era stata raccontata con libri e pubblicazionli anche dopo che la Fisba si era sciolta nella Fai, oggi nella Fai commissariata non sarà più raccontata a nessuno da nessuno. Oggi la linea è aspettare la confederazione e seguire senza troppe domande. Ed il contratto del 1995 diventa un cattivo esempio.
E poi, ora che non c’è più la Scuola nazionale, piuttosto che di queste cose nei corsi di formazione si parlerà dell’Assolapa.
Ci vogliamo scommettere?