Giovanni Graziani: il “modello tedesco” non esiste

Dopo l’intervento di Luigi Viggiano che critica l’incompetenza e l’inconcludenza con cui nella Cisl ci si richiama al “modello tedesco”, abbiamo chiesto il parere di Giovanni Graziani, uno dei sottoscrittori del ricorso contro il commissariamento della Fai, che sul sistema tedesco di relazioni industriali ha curato alcune pubblicazioni ai tempi della Fai libera per la casa editrice Agrilavoro, oggi di fatto smantellata, e per la Fondazione Fisbafat, e ha realizzato seminari di studio per la Fondazione Giulio Pastore, anche in collaborazione con l’Archvio contrattuale presso la fondazione Hans Boeckler.

Le critiche al modo con cui nella Cisl ci si richiama alla cogestione tedesca sono giustificate?

Luigi Viggiano ha pienamente ragione. Ma il fatto è nella Cisl, e anche sui giornali, si parla di modello tedesco perché ci si vuole richiamare a quei successi in termini di alta occupazione, di salari contrattuali di buon livello, e di forme di partecipazione nelle imprese; e poi si propongono scelte e si diffondono idee che sono il contrario di quel che accade realmente in Germania.

In questo senso il “modello tedesco” che viene citato è qualcosa che non esiste.

Qualche esempio?

L’equivoco più grande è quello delle “riforme” che avrebbero creato occupazione attraverso la cogestione; mentre le riforme Hartz  (un signore che, fra l’altro, ha assaggiato la galera per fatti da non prendere a modello…) sono state fatte dopo la rottura del tavolo di concertazione con i sindacati e senza il loro consenso. Ed anche la loro efficacia è discussa e discutibile; ma su questo vi ho già mandato una nota pubblicata si RiFai-Documentazione (il numero 5/2015, ndr) e non mi ripeto.

Anche l’idea che tutto si decida nell’impresa col contratto aziendale che deroga a tutto, leggi e contratti di categoria, non è affatto tedesca, ma è un’idea francese degli anni ’70 (che in Italia abbiamo importato nel 2011!). In Germania vale anzi il principio del primato del contratto di settore, che può essere derogato a livello aziendale solo a certe condizioni particolari.

Ma la cosa più urgente da sfatare, anche per evitare di danneggiare l’idea di democrazia economica in quanto tale, è il mito della cogestione come segreto del successo tedesco. Da una parte, perché anche in Germania ci sono molti “hidden champions”, piccole e medie imprese che non hanno la partecipazione dei lavoratori attraverso il consiglio di sorveglianza (per il quale sono necessari più di 500 dipendenti), ma sono determinanti per il successo economico del paese e soprattutto per le esportazioni; e dall’altra parte perché una metà delle aziende e dei gruppi di azienda che dovrebbero avere il consiglio di sorveglianza non lo hanno mai istituito. Ed i loro risultati economici non sono molto diversi da quelli delle aziende cogestite.

La cosa sarebbe passata quasi del tutto inosservata, se il governo Merkel non avesse da poco approvato la legge sulle quote femminili nelle aziende. Per cui ora ci sono aziende che devono prevedere il 30 per cento di donne in organismi che non hanno …

Nel modello tedesco realmente esistente farebbero parte anche i minimi salariali per legge che i sindacati italiani rifiutano a priori…

E fanno male, perché i minimim salariali di legge servono a regolare aspetti che, per loro natura, sfuggono al controllo dei contratti collettivi. Ed è per questo che il salario minimo è stato preteso con forza dai sindacati tedeschi come misura di sostegno alla contrattazione collettiva, e non solo a tutela dei lavoratori.

Ad esempio, prima della legge sui minimi la Germania è stata accusata di dumping salariale dal Belgio (dove il salario minimo esiste da tempo) perché i maiali belgi venivano portati alla macellazione oltre il confine tedesco, dove le imprese occupavano lavoratori assunti in Romania o Albania con salari stabiliti nel paese d’origine. Siccome il diritto europeo permette queste prassi, l’unica maniera per affrontare il problema era stabilire dei minimi al di sotto dei quali non esiste tolleranza. In questo modo, si contrasta la concorrenza sleale verso i lavoratori contrattualizzati oltre che lo sfruttamento di quelli immigrati non contrattualizzati.

Un’ultima domanda: nel modello tedesco di relazioni industriali è previsto il commissariamento delle federazioni da parte della confederazione?

Il sistema tedesco esclude il commissariamento, perché il potere del sindacato nasce dall’iscritto e si trasmette al sindacato di categoria, non discende dalla confederazione verso il basso. Esattamente come dovrebbe essere nella Cisl se nono fosse diventata una brutta copia della Cgil e del suo centralismo democratico. Ma posso chiudere dicendo una cosa che non c’entra niente, e però fa tanto bene alla salute?

Prego…

Viva la Fai libera, abbasso l’illegittimo commissario, sempre!

Condividi il Post

Commenti