Quando i numeri al Lotto non escono per tanto tempo, c’è qualcuno che li gioca e li rigioca nella convinzione che prima o poi dovranno uscire. Solo che ogni volta deve puntare di più per sperare di rientrare delle spese. E così va in rovina prima che il numero esca.
Leggendo l’articolo del segretario generale della Cisl, che sul Corriere della Sera del 18 gennaio risponde a Dario Di Vico (già suo intervistator cortese in quel di Riccione) per difendere l’indifendibile documento unitario sulla contrattazione, ci è venuto in mente il gioco del Lotto coi suoi numeri ritardatari, e la gente che va in rovina puntandoci sopra.
Forse a Via Po 21 avranno pensato che se nella Costituzione ci sono scritti gli articoli 39, citato nel documento unitario, e 46, citato nelle prime righe dal segretario generale della Cisl, per il calcolo delle probabilità prima o poi ci dovranno essere le leggi di attuazione. I numeri ritardatari, prima o poi, devono uscire. E allora, tanto vale puntarci sopra.
Anzi, giochiamo l’ambo e mettiamo assieme il riconoscimento giuridico del sindacato, che fa 39, per rendere erga omnes i contratti con i quali garantiamo risorse per enti bilaterali e altri organismi, e la partecipazione nelle aziende, che fa 46, e porterebbe risorse in termini di potere ed eventualmente di soldi (naturalmente, tutto ciò non ha niente a che vedere con la Germania, citata come esempio nell’articolo della Furlan, dove invece i sindacati sono soggetti di diritto privato; dove i contratti non sono efficaci erga omnes salvo eccezioni abbastanza rare; dove la partecipazione non serve a finanziare i sindacati ma, semmai, le attività di ricerca della fondazione Boeckler, una cosa che Der Kommissar chiuderebbe subito come ha fatto con la fondazione Fisbafat; e dove il Dgb ha voluto la legge sui minini salariali che Cgil-Cisl-Uil aborrono chiedendo piuttosto l’articolo 39).
Ma torniamo ai numeri ritardatari. Che in realtà non è detto che escano mai, ancor meno che escano assieme. E soprattutto, anche se uscissero, anche se ci fosse la legge di attuazione, resta il problema che a pagare la vincita dovrebbe essere il governo.
E con l’aria che tira, non ci stupiremmo che questo governo, e magari anche il prossimo, avesse intenzione di fare come nella commedia di Eduardo, di incassare per sé la vincita e dire agli ingenui giocatori “non ti pago!“.