Il congresso d’aprile della Fai ha due strade di fronte a sé: ritornare alla libera autodeterminazione dell’organizzazione e dei suoi soci, oppure proseguire col commissariamento in forma diversa. La liberazione, o la normalizzazione.
In questo secondo, deprecato caso, la Federazione continuerebbe ad essere eterodiretta dall’alto, o direttamente attraverso l’elezione a segretario generale del dottor Sbarra dell’Anas, oppure di qualcun altro di stretta osservanza, circondato da segretari nazionali più o meno annuenti.
Ma, al di là delle questioni di chi farà cosa, e di chi sarà a cavallo e chi resterà a piedi, c’è una cartina di tornasole per verificare il grado di autonomia (se ne è rimasto qualcosa) della Fai nella Cisl, e cioè la questione dell’articolo 39 e del tradimento consumato da Via Po 21 accettando il principio della sua attuazione
Perché sul tema della libertà sindacale, cioè del rifiuto di un sindacato maggiorenne di mettersi sotto la tutela della legge dello stato, questa federazione ha sempre avuto cose importanti da dire (a volte in collaborazione con la fondazione Giulio Pastore) sia a livello politico, sia con la formazione (non il business della formazione professionale, quella sindacale…), sia con iniziative culturali realizzate anche attraverso la fondazione Fisbafat e la casa editrice Agrilavoro (due esperienze uccise dal commissario dicendo che servivano solo a spendere soldi inutilmente. Resta da capire come saranno usati ora quei soldi, e utilmente per chi).
Ora che la Cisl ha sottoscritto un documento in cui chiede l’attuazione dell’articolo 39, e che anche chi sa che si tratta di una pericolosa sciocchezza, come il Bentivogli Marco, fa fatica a dirlo con la necessaria chiarezza, ci sarebbe tanto bisogno della voce della Fai. Della Fai libera, ché quella commissariata non ha voce e a parlare per lei è sempre Via Po 21. E la voce di Via Po 21, anche nella versione Fai, sa solo esprimere posizioni che sono sottoprodotti di quelle della Cgil (così è per il documento unitario sulla contrattazione, così è per la rottura sul contratto degli alimentaristi).
Ora la voce della Fai, dei soci della Fai, è stata imbavagliata dal commissariamento; ma ad aprile non ci saranno alibi. Perché il commissariamento sarà chiuso con l’apertura del congresso, quindi in quell’istante ci sarà tutta la libertà di parlare. O almeno, tutta la libertà che le donne e gli uomini della Fai saranno capaci di prendersi.
Perché alla fine, che si tratti del commissariamento della Fai o della legge di attuazione dell’articolo 39, la questione è la stessa: la libertà non ti viene data dall’alto, la libertà devi prendertela.