Un po’ come il Presidente della Repubblica fa un messaggio di auguri ai cittadini a reti unificate per il nuovo anno, così il commissario della Fai, il dottor Sbarra del compartimento Anas di Catanzaro, ha lanciato i suoi auguri in occasione delle feste dal sito della Federazione “a tutte le amiche e gli amici che compongono la squadra Fai Cisl“.
Uno di quei suoi messaggi non brevissimi, pieni di parole senz’altro giuste ma che, dette da lui, fanno l’impressione di essere tirate fuori dal sacchetto e messe lì una dopo l’altra come vengono, senza un significato complessivo (“delegati in prima linea…” “sviluppo e integrazione…” “elevare le tutele” “socialità…” “partecipazione…” ; sembra quasi di sentire i numeri corrispondenti alle parole, e alla fine il grido “tombola!”).
Ma di tutte queste poco utili “considerazioni finali”, c’è un passaggio che, invece, merita di essere sottolineato, perché lì il commissario parla di qualcosa che evidentemente gli sta a cuore: i soldi.
“Siamo intervenuti – così scrive – a tutela di un patrimonio finanziario e immobiliare della Fai seriamente compromesso da scelte improvvide legate alle gestioni che abbiamo oramai alle nostre spalle“.
Qui il pensiero del dottor Sbarra merita un approfondimento. Soprattutto per come usa il singolare e il plurale.
Ad esempio, quando dice “siamo intervenuti”, chi è il “noi” che parla? In realtà, qui ci vorrebbe il singolare. Perché ha fatto tutto lui. Lui è intervenuto, lui stesso approva il proprio operato.
Ma più interessante è l’uso del plurale quando parla di “gestioni che abbiamo oramai alle nostre spalle“. Ora, se avesse detto “gestione”, al singolare, avrebbe espresso un concetto preciso, accusando la gestione precedente di aver fatto dei danni.
Solo che, a questo punto, uno avrebbe potuto fargli qualche domanda sui alcuni protagonisti non secondari di quella gestione. Molti dei quali sono rimasti al loro posto, a far le cose che facevano prima con lo stesso profitto (ma c’è anche chi ha avuto delle promozioni, ad esempio dalle parti dei fondi, che sono l’origine di molti dei soldi che passano dalla Federazione).
Allora che ti fa il commissario, fine comunicatore? Ti passa dal singolare al plurale. Parla di “gestioni” così da dire tutto e niente. In questo modo non si riferisce né a questo, né a quel segretario generale precedente, né a questa o quella persona di loro fiducia, ma un po’ a tutti e a nessuno. Cioè allude. Fa credere che prima di lui fosse tutto un “magna magna”, e che lui ha rimesso a posto le cose. Tanto non c’è mica nessuno che lo può contraddire.
Ve l’immaginate chi era in segreteria nazionale mettersi ora a contraddire il commissario su questo punto? Come fa, se nella migliore delle ipotesi sarebbe stato un fesso che non si è accorto di nulla? E nella peggiore uno che era seduto al tavolo del “magna magna”? E’ chiaro che gli conviene annuire ad ogni parola del commissario se vuol conservare lo stipendio. Ma è chiaro anche che se il commissario non li ha mandati via, è perché non è vero che era tutto un “magna magna”; oppure non è vero che ha fatto pulizia.
E i segretari regionali? Gente che ha condiviso tutta la gestione precedente? Alcuni dei quali sono lì da decenni ed hanno condiviso tutte le “gestioni alle nostre spalle” (non solo Cianfoni o Gorini, ma già Biffi, maestro politico di tutti i “gestori” successivi della Federazione)? Gente che se dà solo l’impressione di non essere affidabile potrebbe vedersi arrivare accuse anonime o voci bugiarde sul proprio conto, come è già successo, secondo la tecnica “colpirne uno ed avvertire tutti”? Gente che può essere commissariata dal commissario?
Noi, però, non abbiamo di questi timori. E quindi siamo liberi di dire, alto e forte, che l’unico vero atto a tutela del patrimonio della Fai era stato il voto del congresso della Fai che ha respinto lo scioglimento prima dell’unificazione, e la contestuale nomina di Augusto Cianfoni e Fabrizio Scatà a commissari liquidatori.
E che se fosse vero quel che dice il dottor Sbarra, bistipendiato dalla Cisl e dall’Anas (con scarso profitto sia della rete autostradale calabrese che dei lavoratori italiani), cioè che le casse della Federazione sarebbero state vuote, allora tutta questa storia non avrebbe mai avuto inizio. Perché a Bonanni non sarebbe mai venuto in mente di salvare la sua Filca, dove i soldi non c’erano (e infatti si sono dovuti tagliare gli stipendi, come ha raccontato Domenico Pesenti), accorpandogli la Fai. Quindi non ci sarebbero mai stati neanche il bicongresso dell’Ergife, il voto che ha respinto l’unificazione, il commissariamento, i licenziamenti e le epurazioni conseguenti, e tutto quel che c’è stato nell’ultimo anno. Ed il dottor Sbarra dell’Anas starebbe a tirar fuori le parole dal sacchetto da qualche altra parte.
Invece un po’ di soldi in cassa alla Fai c’erano. Almeno fino a qualche tempo fa.
Anche perché, se fossero spariti veramente, il commissario avrebbe avuto il dovere di andare dal magistrato. E non l’ha fatto.
Perché quando si fa una denuncia penale non si può alludere. Bisogna dire.
Fatti precisi, e non parole dal sacchetto. Né allusioni per alimentare il venticello della calunnia.