Luigi Viggiano ci manda da Savona uno “sfogo” che constata la gravità dei problemi (lui ne evidenzia tre in particolare) che un’organizzazione sindacale dovrebbe affrontare, e sottolinea la mancanza di iniziativa e di efficacia da parte dei dirigenti della Cisl.
I La busta Inps su quanto sarà la futura pensione non arriverà mai
II Italia al vertice in Europa per i Neet: giovani che né studiano né lavorano
III Aumento mortalità record in Italia
Ma i dirigenti confederali,a parte le lotte di potere, epurazioni interne, commissariamenti, megastipendi ed altro (che poco hanno a che vedere con le finalità fondanti della Cisl) cosa fanno? Eppure basterebbe leggere la stampa per trovare una marea di problemi strettamente sindacali di inaudita gravità.
Di seguito ne riporto tre, ripresi dalla stampa degli ultimi giorni, che colpiscono particolarmente, per la drammaticità con cui si riverberano sulle fasce che dovremmo tutelare e testimoniano il fallimento della Cisl, che da almeno un decennio subisce inerme l’abolizione delle più significative conquiste degli anni sessanta/settanta.
I La busta Inps su quanto sarà la futura pensione non arriverà mai
Da Rar | Askanews – ven 18 dic 2015
Il Parlamento, non ha approvato l’emendamento che renderebbe possibile l’invio della busta arancione agli italiani ed è molto grave”. Così si esprimeva il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ad un convegno all’Università Cattolica di Milano a proposito del documento che permetterebbe ai contribuenti di sapere a quanto ammonterà la propria pensione futura. Boeri ha spiegato che le risorse per inviarla “ci sono” e che farlo “non costerebbe nulla alle casse pubbliche”.
“Speravamo ha detto Boeri che venisse inserito nella legge di stabilità”, ha aggiunto spiegando che “manderemo le 150mila buste” già previste ma “non potremo mandarne altre”. “Noi non abbiamo oggi – ha aggiunto – la possibilità di poter mandare a casa a coloro che non hanno preso il pin, la famosa busta arancione se non in quantitativi del tutto al di sotto delle necessità. Ritengo sia un fatto molto grave, perché questo era un diritto che gli italiani avevano fin da quando sono state cambiate le regole pensionistiche nel ’96”. (nda Ci voleva il “sindacalista Boeri” capo della controparte per dire e tentare di mettere in pratica quanto previsto?)
“Era tra l’altro – ha aggiunto Boeri – una cosa che quella legge prevedeva. Per anni i governi e i presidenti dell’Inps non hanno voluto farlo per paura di avere reazioni negative da parte dei contribuenti (nda non doveva essere il sindacato a sollecitarli?). Noi la scelta di informare l’abbiamo fatta, ma non veniamo messi nella condizione di attuarla fino in fondo. Invito tutti: ‘Prendete il pin e fate la simulazione, poi cercheremo di trovare altri modi per fare arrivare questa corrispondenza a casa degli italiani’”.
“Avevamo chiesto – ha ricordato – al Parlamento di prendere in mano la questione. Già c’era stato un emendamento proposto in decreto a fine novembre. Speravamo che in sede di Stabilità questa questione venisse affrontata e così non è stato. A questo punto manderemo quelle 150 mila buste che ci siamo impegnati a inviare e manderemo qualche altra nel 2016, ma in queste condizioni dovremo trovare altri modi”, ha concluso il presidente dell’Inps.
II Italia al vertice in Europa per i Neet: giovani che né studiano né lavorano
Da uno studio dell’istituto Bruegel di Bruxelles emerge come sia cresciuta la disoccupazione in Europa tra il 2007 e il 2013 e come il nostro Paese sia in cima alla lista tra quelli in cui le nuove leve si trovino in una sorta di Limbo tra mancanza di lavoro e inattività.
da Notizier.it 26 dicembre 2015
Allarme giovani in Europa: durante la crisi si è allargato il gap generazionale nel vecchio continente sia in termini di benessere economico che di risorse stanziate dai governi. E’ quanto emerge dal rapporto del think tank Bruegel di Bruxelles intitolato ‘The growing intergenerational divide in Europe’.
“Durante i sette anni di crisi economica in molti paesi è aumentato il divario intergenerazionale in termini di reddito” con “i giovani in media che sono diventati significativamente più poveri”. La disoccupazione tra i minori di 25 anni è aumentata notevolmente, mentre i lavoratori più anziani (di età compresa tra 50-64) sono stati meno colpiti. Dati alla mano, nell’Ue la disoccupazione tra i giovani di 15-24 è aumentata del 7,8 percentuale punti tra il 2007 e il 2013, raggiungendo il picco del 23,7% nel 2013, mentre la disoccupazione tra i lavoratori più anziani nel gruppo di età 50-64 è aumentato del 2,4% andando al 7,8% nel 2013. Preoccupante nei paesi dell’Europa mediterranea la quota dei Neet, acronimo tristemente noto per indicare i giovani che non lavorano, non studiano e non svolgono alcuna attività di formazione. Negli gli Stati più colpiti dalla crisi (Cipro, Grecia, Irlanda, Italia e Spagna) il tasso Neet è aumentato di oltre 7 punti percentuali tra il 2007 e il 2013, con un picco di oltre il 20% in Italia, al primo posto in Europa, seguita da Bulgaria e Grecia. Per contro, il tasso Neet è diminuito in Germania nello stesso periodo passando dall’8,9 al 6,3%, Lussemburgo (al 5% nel 2013) e Malta (al 10% nel 2013), mentre è rimasto immutato in Austria (sotto il 10%).
Il think tank suggerisce la sua ricetta per colmare il gap e dare una chance ai giovani europei. “Le misure per affrontare il divario intergenerazionale potrebbero includere politiche contro la disoccupazione giovanile, il riequilibrio della spesa e più equa ripartizione degli oneri tra le generazioni negli schemi pensionistici”, si legge nel testo. “La crisi ha lasciato un pericoloso retaggio intergenerazionale” insiste il Bruegel. “Affrontare questa eredità attraverso una nuova ridistribuzione della spesa pubblica e ristabilire equità intergenerazionale nei sistemi pensionistici *- conclude – dovrebbe essere una priorità per i responsabili politici in gran parte dell’Unione europea”.
*nda i nostri megadirigenti non hanno nulla da dire in proposito? Hanno fatto qualcosa? Se sì, cosa?
III Aumento mortalità record in Italia
Nel 2015 si è raggiunto un livello di mortalità che non si registrava dai tempi della guerra.
zazzom.it 24 dicembre 2015
La notizia è sconvolgente e allarmante, non certo di quelle che vorremmo sentire a Natale e nemmeno in altri periodi dell’anno. Secondo le rilevazioni dell’Istat, nei primi otto mesi del 2015 in Italia si è riscontrato un aumento delle morti di ben 45 mila persone, un incremento in termini percentuali dell’11,5% rispetto all’anno precedente. Se venisse confermato un tasso di mortalità così alto anche per i restanti 4 mesi del 2015, in un anno verrebbero a mancare 68 mila persone, l’equivalente di una città come Trapani.
La nefasta notizia è stata divulgata ieri dal giornale Repubblica, suscitando tuttavia poca risonanza mediatica sulle altre testate. Secondo il demografo Gian Carlo Blangiardo, per riscontrare un simile aumento di mortalità nel nostro Paese, bisogna risalire al 1943 e, prima ancora, al pieno periodo bellico, tra il 1915 e il 1918. Per lo studioso si tratta di un evento “straordinario”, che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europeo dal comunismo all’economia di mercato.
Osservando come è cambiata la composizione per età dei residenti tra il gennaio del 2014 e del 2015 emerge che, a fronte di 159 mila unità in meno nella fascia d’età fino a 60 anni, se ne contano 70 mila in più in età tra 61 e 70 anni, 40 mila tra 71 e 85 anni e 62 mila con oltre 85 anni. Si assiste quindi a uno spostamento demografico evidente verso, fasce di età più mature che delinea un invecchiamento della popolazione sempre più marcato.
I dati al momento sono incompleti e insufficienti per avere un quadro della situazione: occorrono informazioni sulla suddivisione completa dei morti per fasce d’età, sesso e localizzazione geografica. Bisognerà inoltre analizzare le cause dei decessi, attraverso la raccolta dei certificati di morte. Saranno necessari mesi di lavoro affinché questi dati possano essere elaborati e resi disponibili.
Colpa della crisi?
Le cause potrebbero essere di molteplice natura. Secondo una ricerca del Censis a seguito dei forti tagli sulla sanità e del Welfare, una famiglia su due rinuncia alle cure sanitarie e alla prevenzione.
Il 2015, pur non essendo l’anno di picco della, rappresenta il proseguimento di un lungo periodo di difficoltà economica, che ha avuto impatto sullo stile di vita degli italiani, dal taglio delle spese mediche all’acquisto di cibo e di prodotti più scadenti e meno controllati.
Negli ultimi giorni siamo stati informati da televisione e giornali dell’aumento allarmante del livello di polveri sottili nell’aria e dell’inquinamento a livello insostenibile. Le ipotesi che si possono fare sono disparate e di varia natura. Passate le feste ci attendiamo di avere maggiori informazioni e attenzione a un fenomeno così preoccupante.
E’innegabile che gli argomenti sono di stretta competenza sindacale ma ciononostante: silenzio sulle pensioni; silenzio sull’occupazione; silenzio sul Welfare. Ma allora il sindacato a cosa serve? Cosa fa? Chiedono i lavoratori. Domande pertinenti che (tramite il vostro sito) giro ai responsabili che suppongo vorranno senz’altro confutare le accuse, illustrando il loro operato e i risultati conseguiti.
Savona, 28 dicembre 2015
Luigi Viggiano – Fnp Savona