“Innanzitutto c’è da complimentarsi con il cammino intrapreso dai responsabili della Cisl. Era tempo che si attendeva questa svolta e questo arrivo di un’aria nuova”.
Devono essere state musica per le orecchie della dirigenza Cisl le parole del vescovo di Faenza, mons. Mario Toso (da poco promosso in questo ruolo da Papa Francesco) che ha partecipato ad una delle tavole rotonde alla conferenza di Riccione.
Un sindacato così, ha detto il prelato leggendo spesso dai suoi appunti, ha “un ruolo rilevante da svolgere”. La stessa Furlan non avrebbe saputo dirlo meglio. E neanche i filosofi che scrivono i discorsi a Giovanna Ventura.
E però … se esiste il modo di dire “scherzi da prete” una ragione ci sarà. A pensarci meglio, non è che il monsignore ha preso (paternamente) per i fondelli qualcuno?
Il sospetto ci nasce perché poi il vescovo di Faenza ha aggiunto alcune condizioni, alcuni “se” a condizione delle sue lodi alla Cisl. Un sindacato può svolgere questo ruolo importante non “se si chiama Cisl”, non “se è stato fondato da Giulio Pastore ed oggi è guidato dalla Furlan”, non “se il suo brand si vende bene” o “se il suo segretario generale dichiara di guadagnare il 30% in più di quel che dichiara di guadagnare il segretario generale della Cgil“. Ma, trascriviamo le ‘ipsissima verba’ del monsignore:
“se potenzia l’aspetto culturale, se potenzia le sue editrici, se potenzia la formazione, se potenzia il rinnovamento interno come si sta facendo in maniera esemplare”.
Sono quattro, dunque, i criteri indicati dal monsignore, i “se” posti come condizione alle lodi alla Cisl. E allora li prendiamo per misurare, facciamo un esempio a caso, come si è comportato il dottor Sbarra dell’Anas nella veste di commissario mandato dalla Cisl della svolta a normalizzare la Fai.
Sul quarto “se”, il rinnovamento interno, niente da dire. Perché prima lui non contava nulla nella Fai, ed ora comanda tutto lui. Quindi, il rinnovamento è stato totale.
Sul terzo, invece, qualcosa da ridire ci sarebbe. Perché licenziando il direttore e chiudendo la scuola nazionale della Fai è difficile poter poi sostenere la tesi del “potenziamento”.
Sul secondo, ancora peggio. Perché l’editrice della Fai esisteva da venticinque anni ed ha pubblicato fino all’anno scorso, ma da quando c’è lui non esiste più. O meglio, esiste come un posto da presidente per il dottor Sbarra dell’Anas, ma nulla è stato più pubblicato, né di importante né di banale, né di utile né di inutile. Qui di totale c’è solo il depotenziamento.
E l’aspetto culturale? Qui il dottor Sbarra dell’Anas ha fatto il suo capolavoro al contrario: ha preso la fondazione Fisbafat, che magari faceva poco, e l’ha cambiata in una nuova fondazione che non fa nulla di nulla. Però le ha cambiato nome, ora si chiama “Fondazione Fai-Cisl”, aggiungendogli un “studi e ricerche”. Che in effetti, da quando c’è lui, ha “studiato” come rendere i conti meno trasparenti possibile, provocando la reazione della prefettura, e “ricercato” il modo di incassare il cinque per mille senza offrire nulla in cambio. Quanto al sito della Fondazione, quello vecchio con i video dei convegni e altro materiale è stato chiuso. Al suo posto c’è da mesi un bel cartello “sito in costruzione”, che fa tanto l’impressione (senza allusioni) dei lavori per il completamento della Salerno-Reggio Calabria.
Altro che complimenti! A veder bene, il monsignore le ha proprio cantate al dottor Sbarra dell’Anas come neanche Mina avrebbe saputo fare…