Cosa è successo alla First di Pisa? 2/domande in attesa di risposta

Domandare è lecito, rispondere è cortesia, dice un vecchio proverbio. Che però non trova grande applicazione all’interno della Cisl. Dove rivolgere domande agli organi di governo centrali della confederazione è, se non illecito, fortemente sconsigliato; e le risposte che si ottengono sono poco cortesi e vanno anzi dal silenzio sprezzante al deferimento ai probiviri. O, nei casi intermedi, al dover scrivere una lettera di scuse e di autocritica in stile sovietico. In ogni caso, l’invito è sempre quello: nella Cisl, chi si fa gli affari suoi campa cent’anni.

Alla First di Pisa, almeno per ora, sono successe le due ipotesi meno gravi. La lettera di autocritica del segretario Masi ve l’abbiamo raccontata nella puntata sul centralismo democratico nella Cisl; oggi parliamo invece del silenzio che ha ricevuto un’altra richiesta, rivolta nel novembre del 2014 al consiglio generale della Cisl dal Consiglio territoriale di Pisa della Fiba (per chi non lo sapesse, Fiba e First sono, più o meno, la stessa cosa).

Erano i giorni in cui Anna Maria Furlan, fresca di elezione a segretario generale, da una parte prometteva piena chiarezza sulla pensione di Bonanni, e dall’altra assicurava che da chiarire, in effetti, non c’era nulla. Tanto per accontentare un po’ tutti e non dover prendere mai posizione.

Che però qualcosa da chiarire ci fosse lo pensavano in molti. Ed oltre a pensarlo c’era chi lo scriveva, e chi addirittura approvava delibere in questo senso negli organi politici.

Un documento approvato all’unanimità dalla Fiba pisana il 12 novembre esemplificava con alcune domande quanti e quali fossero i dubbi sulla questione Bonanni. Dubbi, si badi bene, che non sono prove di nulla; ma sono comunque nodi che se non vengono sciolti (per di più nascondendosi dietro alla striminzita foglia di fico della privacy), avvelenano il rapporto di fiducia dentro all’organizzazione e fra l’organizzazione ed i lavoratori. I quali, forse anche per questo, non hanno dato una gran risposta alla campagna per la legge sul fisco (gli iscritti che non l’hanno firmata sono sette o otto volte più numerosi di quelli che l’hanno fatto).

La Fiba di Pisa chiedeva quindi al consiglio generale della Cisl di conoscere le retribuzioni di Bonanni degli ultimi dieci anni; i contributi versati dalla Cisl all’Inps; quali organismi interni avessero approvato retribuzioni e contributi; se fossero stati avviati controlli interni per chiarire possibili responsabilità per l’eventuale violazione delle regole.

Si tratta delle tipiche domande la cui validità dipende dalle risposte: perché se la Cisl avesse potuto dare risposte negative (i redditi di Bonanni sono in regola, i contributi versati pure, le delibere degli organismi sono chiare e sono state applicate correttamente, per scrupolo sono stati avviati controlli interni che hanno dato esito negativo…), diciamoci la verità, le domande pisane sarebbero risultate sciocche e pretenziose.

Ma se invece le risposte da dare fossero state di segno opposto, allora si sarebbe trattato, come evidentemente si tratta, di domandine coi fiocchi. E forse proprio per questo rimaste senza risposta.

Ad esempio, se fosse vero quel che molti assicurano esser vero, e cioè che la segreteria confederale dell’epoca non aveva deliberato alcunché sulla retribuzione o sulla pensione di Bonanni, la domanda su quali organi e/o uffici avrebbero dato il via libera all’operazione non sarebbe una curiosità morbosa e qualunquista che fa il gioco di chi vuol dare addosso ai sindacati. Sarebbe invece la premessa necessaria alla credibilità di qualsiasi operazione trasparenza.

Altrimenti, lo diciamo con la cautela, chiunque si può far l’idea che l’operazione trasparenza di oggi sia gestita da chi ha interesse a non fare alcuna trasparenza sui problemi di ieri. Qualcuno che sta usando questa occasione più per salvare qualche amico che per garantire la correttezza nella Cisl sanzionando i comportamenti scorretti.

Anche per questo la seconda lettera da Pisa, quella del 14 agosto sul caso Scandola, rimane importante anche dopo l’autocritica di Masi per averla firmata come segreteria e non come segretario. Perché, allegando il documento di novembre sul caso Bonanni, ha posto all’attuale segretario generale una richiesta di trasparenza che non vale solo a partire da una certa data, o nei riguardi di certi e non di certi altri. Ma mette correttamente in continuità la chiarezza da fare sul caso Bonanni (che la Furlan aveva promesso senza mantenere), la chiarezza da fare sulle questioni sollevate da Scandola e la chiarezza da fare sulla sua frettolosa espulsione.

Non rispondere ad una sola di queste questioni magari sollevandone strumentalmente altre (come fa Giulio Romani, segreterio generale della First, in una lettera acidella ai pisani che chi è interessato a leggere, ma non ne vale molto la pena, può trovare sull’intranet della Cisl) rende non credibile qualsiasi bella parola su correttezza, rigore e trasparenza.

Anzi, autorizza chiunque a pensare che nella Cisl chi promette trasparenza per il futuro vorrebbe anche coprire un’ipotesi di illecito piuttosto grave, qualcosa di molto simile a quello che il professor Treu ha definito una possile frode in danno agli associati della Cisl, quelli che pagano i contributi e mandano avanti la baracca; e che anche per questo avrebbero più motivi per riconoscersi nelle domande pisane rimaste senza risposta che nelle promesse di trasparenza di chi già non ha mantenuto quella di fare chiarezza sul caso Bonanni, o nelle risposte acidelle del segretario generale della First.

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