L’ultimo tassello 2/la condanna all’oblio

Se c’è una cosa che non si può dire è che a Via Po 22, dove si riunisce la Cisl-Probiviri, non siano capaci di intendere i messaggi che arrivano da Via Po 21. Così, se la segreteria confederale all’unanimità ricorre contro la sanzione giudicata troppo blanda decisa in primo grado contro Scandola, loro capiscono al volo che il messaggio è “questo ce lo levate da piedi, e subito”, ed eseguono. Anche a costo di doversi inventare improbabili procedure d’urgenza.

Così, ancora, c’è da esser certi del fatto che quando si fa sentire il commissario della Fai, che formalmente scrive da via Tevere 20 ma in realtà parla da Via Po 21, alla Cisl-Probiviri sanno che quella è “la voce del padrone“. E quindi si faranno in quattro per eseguire l’ordine, e mantenere così il loro record del 100 per cento di decisioni secondo i desiderata dei loro importanti vicini.

Ora, il fatto stesso che il commissario abbia deferito alla Cisl-Probiviri Cianfoni e Gorini assieme in un unico giudizio (e qui ci sarebbe da aprire una discussione sul giudice competente…) significa che la voce del padrone ha detto “questi due me li espellete assieme”. E perché? Perché così al congresso di fine commissariamento non ci sarà nessuno che potrà opporsi al commissario richiamandosi alla storia della Fai, un passato diventato ormai impresentabile.

D’altra parte, senza poter entrare qui nel merito delle difese presentate e sulle quali (formalmente) pende un giudizio ancora aperto, è chiaro che il bersaglio principale del commissario è Gorini.

La posizione di Cianfoni era uscita distrutta già dalla notte dell’Ergife (e dalla sceneggiata di convocare il Consiglio generale della Fai a trenta giorni per eleggere il nuovo segretario quando il commissariamento era di fatto già deciso), e i fatti raccontati dagli anonimi arrivati contemporaneamente all’apertura del congresso (e gli altri emersi successivamente) hanno solo completato il percorso di distruzione di una leadership sindacale che aveva puntato sull’unificazione con la Filca nell’illusione di perpetuarsi oltre l’età pensionabile. Non avendo più nulla da perdere, l’ultimo segretario della Fai è una vittima annunciata, che potrebbe aver perfino interesse all’acquiescenza alla condanna; e conoscendo il suo forte senso della famiglia, pensiamo che non gli sarà dispiaciuto che alcuni dei suoi non hanno subito rappresaglie dal commissario (c’è chi resta ben saldo in qualche posizione strategica anche dal punto di vista economico, chi è al sicuro sotto la tutela di amici fidati in altre regioni).

Ma per Gorini il discorso è un altro. E non solo per quella vecchia ruggine che si è creata quando Sbarra, da segretario della Cisl di Calabria, provò ad imporre un suo uomo come segretario regionale della Fai ma dovette rinunciare (senza mai dimenticare…); ma soprattutto perché Gorini rappresenta una storia da sradicare. La storia di una federazione, prima la Fisba e poi la Fai, autonoma il giusto da Via Po 21, con una forte coscienza dell’essere Cisl ma un’altrettanto forte idea della propria specificità di federazione; la storia di una fusione agroalimentare realizzata lungo la continuità fra produzione agricola e industria alimentare e che ora deve cedere il passo al binomio “Forestazione&Alimentazione” (i grandi numeri del sud, le risorse di alcuni grandi gruppi industriai) che deve governare la nuova federazione attraverso il “copia e incolla” delle direttive confederali; la storia di una scuola di formazione (ma anche una casa editrice ed una fondazione) che coltivava la libertà di pensiero invece del conformismo e della sudditanza verso il centro (e per questo ha fatto da capro espiatorio per il risultato del congresso sgradito a Via Po 21).

Su questa storia, ora il commissario vuole che la Cisl-Probiviri faccia scendere la damnatio memoriae, l’ordine di rimuovere perfino il ricordo di ciò che è stato, la condanna all’oblio. Questo è l’ultimo tassello che gli manca, e poi il puzzle della Fai che lui vuole è completo.

La cosa ironica è che ad eseguire l’ordine dovrà essere una persona, il presidente della Cisl-Probiviri, che è stato il maestro sia di Cianfoni che di Gorini, e rischia così di trovarsi nella posizione di Ugo Capeto nella Divina Commedia; che si salva, sia pure passando per il Purgatorio, ma a prezzo di attaccare i suoi successori ed ammettere di essere stato la “radice de la mala pianta/che la terra cristiana tutta  aduggia” (Purgatorio, canto XX, versi 43-44).

Così come un’altra situazione ironica potrebbe toccare ai segretari regionali della Fai, unanimi dietro al commissario (come ieri con Cianfoni, ieri l’altro con Gorini e domani con chiunque gli garantisca il piatto di minestra) e pronti di conseguenza a batter le mani anche a questo passaggio.

Ma di loro parleremo la prossima volta.

(Fine della seconda puntata)

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