Dopo aver passato nove mesi su dodici del suo mandato a parlare su tutto e più di tutto, all’improvviso, quando scoppia il caso Scandola, il commissario tace.
Eppure finora ci aveva abituato ad una sua presenza comunicativa quotidiana a 360 gradi: dalla xylella fastidiosa all’Enpaia, dall’occupazione al tonno Callipo (con toni da spot pubblicitario da far invidia a quelli con George Clooney o Antonio Banderas), dal piano del governo contro il dissesto alle elezioni per il rinnovo delle Rsu al consorzio Casalasco del pomodoro di Fontanellato, il commissario non ha mai mancato, nemmeno per un giorno, di farci sapere qual era la linea da seguire su qualunque accadimento, importante o meno che fosse.
Invece ora che si parla della Cisl e della trasparenza che deve cominciare dall’alto (quindi anche un po’ da lui, che fa parte del gruppo al vertice dell’organizzazione che ha voluto l’espulsione di Scandola), improvvisamente non ha più nulla da dire. Come un televisore al quale manca la corrente e si spenge all’improvviso. Sul sito della Fai l’ultimo comunicato parla di (serissimi) problemi della pesca, e risale al 7 agosto. Poi, è sceso il silenzio.
Non che la cosa ci dispiaccia. Un po’ di quiete dopo tanto baccano fa anche piacere.
Solo non vorremmo che qualcuno scambiasse questo silenzio con l’interesse a lasciar cadere l’argomento, a non rilanciare la discussione, a prender tempo per poi cambiare discorso. Perché il nostro che è un grande comunicatore sa bene che nella società della comunicazione l’impressione che si dà può essere più importante perfino della realtà.
E tacere in questo momento non dà una grande impressione di pulizia e trasparenza. Quale che sia la verità.