Meglio di sì, cinque volte

In vista dei referendum di domenica e lunedì, pubblichiamo un breve quanto chiaro intervento di Luca Nogler, professore di diritto del lavoro nell’universtà di Trento. apparso su un giornale locale.

Gli argomenti e gli esempi proposti da Nogler – uno studioso che conosciamo anche per aver partecipato ad alcune iniziative promosse dall’associazione Prendere parola – ci convincono e ci portano a concludere che (al netto di significati politici che interessano a chi guarda alla politica e non al merito delle questioni) è meglio andare a votare, ritirare cinque schede e votare cinque sì.

il9marzo.it


I diritti da difendere votando Sì ai referendum

di Luca Nogler

Della prossima tornata referendaria dell’8-9 giugno si è finora discusso poco e male. Molti hanno la sensazione che abbia una connotazione molto ideologica e faticano ancora a capire il rilievo pratico dei quesiti. Purtroppo, sono poi per lo più gli stessi sostenitori del sì che dinnanzi a quesiti necessariamente tecnici, non riescono a soddisfare le due esigenze che sono necessarie per un’efficace comunicazione pubblica: semplificare ed esprimere comunque la posta in gioco concreta dei quesiti stessi.

La posta che mette in gioco il primo quesito è, in breve, questa: se un lavoratore (o una lavoratrice) arriva in ritardo di pochi minuti sul posto di lavoro ed il datore di lavoro, dopo avergli contestato l’addebito e averne sentito le ragioni, decide comunque di licenziarlo, il lavoratore, se è stato assunto dopo il 7 marzo del 2015, non può chiedere di essere reintegrato ovvero che il suo ritardo andava sanzionato con una misura disciplinare meno grave del licenziamento. Secondo la Corte costituzionale il lavoratore potrebbe chiedere il reintegro solo nelle limitatissime ipotesi in cui al suo rapporto di lavoro si applichi un contratto collettivo che preveda in modo specifico che il ritardo di pochi minuti sia sanzionato solo con una multa o un rimprovero verbale. Il lettore tenga, infine, presente, che il ragionamento resta il medesimo se al ritardo sostituiamo qualsiasi altra infrazione di lieve entità. Votando per il sì, il lavoratore in questione può chiedere il reintegro.

Il secondo quesito riguarda l’importo dell’indennità monetaria — qui il reintegro non è comunque possibile per ragioni organizzative — in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato inotivo. Se vince il no il lavoratore ottiene più o meno tre mensilità di retribuzione; se vince il sì il giudice può personalizzare l’indennità stessa. Invero, l’indubbia limitatezza dell’attuale importo è, in realtà, già sub iudice. Se non lo faranno i cittadini, a fine giugno sarà, infatti, la Corte costituzionale a rispondere di sì al quesito referendario perché negli anni scorsi essa aveva già censurato una prima volta la relativa disposizione di legge invitando il legislatore a modificarla. Non essendo avvenuto, la Corte dichiarerà ora incostituzionale la disposizione. Votando sì possiamo dimostrare di avere la stessa saggezza dei giudici costituzionali.

Il terzo quesito riguarda il contratto di lavoro a termine. Occorre ragionare in questo modo: se in passato questo era il contratto d’ingresso nel mercato del lavoro, al tempo d’oggi il lavoro a termine è stato scalzato, in questa funzione, da altri strumenti temporanei quali il contratto di apprendistato professionalizzante, lo stage, il contratto di lavoro autonomo, la somministrazione di manodopera. Come nel gioco dell’oca, oggi giorno il datore di lavoro se poi assume il lavoratore anche a termine, lo rispedisce, per così dire, nella casella iniziale del mercato del lavoro. Con il sì possiamo evitargli questa retrocessione se non è giustificata da ragioni intrinseche al tipo di lavoro.

Il quarto quesito è il più tecnico di tutti. Se subisco un incidente sul lavoro che mi causa un danno fisico temporaneo, ad esempio una frattura alla gamba guaribile in un mese, e il mio datore di lavoro si rifiuta di risarcire il danno biologico, se vince il sì, posso chiedere che lo faccia l’impresa che gli ha commissionato il lavoro per il quale mi sono fratturato.

 Quanto all’ultimo quesito, l’Italia è tra i paesi che richiedono allo straniero il periodo più lungo di residenza legale nel paese prima che possa chiedere la cittadinanza: ben dieci anni. Il figlio di questo straniero che nasce e vive in Italia deve, addirittura, aspettare il compimento del 18° anno. Con il voto dell’8 e 9 giugno possiamo consentire a queste persone di diventare cittadini dopo cinque anni e così facendo contribuire ad arrestare il declino del nostro amato paese.

(da “Il T quotidiano”, 25 maggio 2025, p. 4)

Condividi il Post

11 Commenti - Scrivi un commento

  1. Luca Nogler è professore ordinario di Diritto del lavoro presso il Dipartimento
    “Facoltà di Giurisprudenza” dell’Università degli studi di Trento, di cui è stato
    Preside dal 2009 al 2012.
    Insegna o ha insegnato anche nelle Università di: Shangai, Amburgo, Salamanca,
    Berlino (Humboldt), Brema e Madrid (Carlos III).
    È autore di diverse opere monografiche, curatore di numerosi volumi collettanei
    oltre che di più di 200 tra saggi e note in materia di diritto del lavoro, anche in
    lingua tedesca e inglese.
    È membro dei Comitati direttivi e scientifici di numerose riviste del settore, nazionali
    e internazionali.
    Insomma non è proprio un analfabeta e vale la pena leggerlo con attenzione, secondo me!

    Reply
  2. C’è un detto che dice: per fare dispetto alla moglie il marito se lo tagliò.
    La segretaria pretenderebbe per fare dispetto a Landini di tagliarlo ai lavoratori..

    Reply
  3. Mi ricordo quando la segreteria di anni fa era contro il Job act a parole e diceva che grazie alle sue conoscenze politiche era riuscita a salvare il salvabile. Perché adesso la Cisl è a favore del job act?

    Reply
  4. Oggi la coerenza e la cultura sono disvalori. E allora mi è tornato in mente un libro molto interessante di Erasmo da Rotterdam “Elogio della follia”. La Follia – figlia di Pluto, dio della ricchezza, allevata da Ebbrezza, figlia di Bacco, e dall’Ignoranza, figlia di Pan – mette a nudo le menzogne che circondano gli uomini e con cui nascondono le brutalità e i dolori del mondo. Erasmo sostiene che la follia non è una malattia, ma piuttosto una forma differente e più alta di soggettività che, opponendosi alla norma, ne rileva la finzione. Per il filosofo la normalità è pazzia. Erasmo ritiene dunque la follia un’ironia smascheratrice, una critica nei confronti di una realtà ingiusta e corrotta.
    E allora se si guardano i leader di questa vecchia terra (Trump e Putin), che spesso sono definiti pazzi, in realtà non lo sono; fanno solo i propri interessi particolari. Ed il particulare guicciardiniano guida le loro azioni: ciascuno fa i propri interessi personali col potere conquistato. Così anche nella Cisl dove si spaccia il particulare di ciascuno come bene comune. E’ sufficiente ascoltarli nel loro dire. Gente che, purtroppo, non conosce la lingua italiana (neppure la grammatica, figuriamoci la sintassi) e che se uno li registra nei loro discorsi, riascoltandoli si chiede quale il soggetto, il predicato verbale e il complemento oggetto. E disperato si chiede ma di cosa parla? e quale è l’oggetto? Intendiamoci non sono solo dirigenti Cisl, ma anche una classe politica (mi chiedo dove sono i Benedetto Croce, i Vanoni ecc). Allora occorre una buona dose di sana follia può sopperire e non essere seppelliti da vani discorsi. Una perla di Saggezza quella del Prof. Luca Nogler non teoria, ma pratica opzione per la difesa dei deboli col bene comune di norme poste. Rispettando, comunque, anche gli azzeccagarbugli!

    Reply
  5. Il Professor Nogler é anche un gran divulgatore e ha il merito di farsi capire davvero da tutti, ma cosa volete che importi di queste cose a federazioni che hanno ai vertici pensionati/pensionandi/pensionabili? Conta solo lo status symbol. Parlare di merito non serve.

    Reply

Commenti