Ma noi restiamo seduti (Lettera aperta a Giorgia Meloni)

Signora presidente del consiglio,

abbiamo apprezzato la sincerità del passaggio nel suo discorso ieri all’assemblea della Cisl in cui lei ha ricordato di venire “da una storia politica che lungo tutto il suo corso ha fatto del tema della partecipazione dei lavoratori uno dei punti qualificanti della propria proposta economica”. Ci riesce però difficile, proprio alla luce di questa sua affermazione, capire come l’assemblea si sia levata in piedi al termine del suo intervento ad applaudire, con la sua persona, anche quella storia politica. Quasi fosse la stessa della Cisl.

La partecipazione dei lavoratori e il presidenzialismo sono due grandi costanti della presenza della destra in parlamento. Ma mentre il presidenzialismo era fuori della Costituzione, sul piano invece dei rapporti sindacali la Cisnal ed il Msi, poi An, hanno sempre portato avanti una linea di attuazione della Costituzione (articoli 39, 40 e 46). E in particolare sulla partecipazione ricordiamo le proposte di legge che vanno da quelle di Giovanni Roberti negli anni cinquanta a quelle, ormai nel XXI secolo, di Gianni Alemanno e Teodoro Buontempo. Proposte che si appoggiavano all’articolo 46 ma in realtà attualizzavano idee risalenti nel tempo; come la socializzazione delle imprese attraverso la sostituzione dei consigli d’amministrazione con consigli di gestione composto di tecnici e di operai (1943) o quella di assicurare la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria e l’affidamento alle organizzazioni proletarie della gestione di industrie o servizi pubblici (1919).

La Cisl, invece, aveva preso una strada diversa da quella dell’attuazione degli articoli 39, 40 e 46. Anche perché aveva su questa parte della Costituzione il giudizio che sarà espresso da un maestro del diritto del lavoro secondo cui “i nostri padri costituenti, che misero mano, con tanto impegno, alle norme della costituzione economica, possedevano, in fatto di economia, una cultura obsoleta, in gran parte tributaria delle idee del passato”. E il fatto che fosse la destra, fuori dall’arco costituzionale, a reclamare l’applicazione della Carta si spiega con il fatto che su questo terreno la Costituzione “riflette le culture ideologiche degli anni trenta e quaranta” e la visione di “un paese (…) non ancora entrato nella seconda rivoluzione industriale. (Mario Grandi, Le relazioni di lavoro tra conflitto e cooperazione, “Annali della Fondazione Giulio Pastore”, XI (1982), p. 49).

Ecco perché non era possibile alcun incontro su questo terreno con la storia politica che lei, sottolineandolo con il tono della voce, ha rivendicato “lungo tutto il suo corso” (quindi a partire dal 1919?); perché la cultura della destra era, nella migliore delle ipotesi, “obsoleta”, e il suo richiamo alla Costituzione si agganciava alle parti caduche e non ai suoi principi vitali.

La Cisl invece era l’avanguardia della modernizzazione, e per questo si opponeva all’applicazione legislativa di alcune norme per dare attuazione all’indicazione fondamentale della Costituzione, che è per la libertà e il pluralismo, non per la riedizione del vecchio corporativismo autoritario e paternalista, più o meno compatibilizzato con la democrazia.

Alzandosi in piedi a batterle le mani, invece, la Cisl di oggi torna ad un passato che non è quello delle sue radici ma è ancora più vecchio e “obsoleto”. E dichiara di voler superare il novecento sindacale (cioè il periodo in cui la Cisl stessa nasce) con idee dell’ottocento che avevano trovato una qualche infausta applicazione nel periodo più tragico del XX secolo.

Ecco perché, al netto del rispetto alla sua persona, all’incarico istituzionale che lei ricopre ed anche al fatto che lei rappresenta la sua storia politica nella piena adesione alla democrazia costituzionale, di fronte al suo discorso noi preferiamo idealmente restare seduti e non batterle le mani, restando in rispettoso silenzio.

Per ricordarci e ricordare che la nostra storia politica e sindacale è molto, molto lontana dalla sua.

Grazie dell’attenzione, e buon lavoro nell’interesse del paese.

il9marzo.it

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11 Commenti - Scrivi un commento

  1. È una spiegazione di importante della storia della Cisl, che spiega perché la CISL è sempre stata contraria alla applicazione degli articoli 39, 40 e 46 della Costituzione..
    Ringrazio per avermi chiarito in modo esplicito, ciò che ho sempre avuto problemi a capire fino in fondo,
    Ed è un argomento importantissimo

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  2. Per conoscere la cifra della cisl e della sua incidenza diritto del lavoro (Francesco Santoro-Passarelli era stato docente al Centro Studi di Firenze), in senso lato, occorre rifarsi a quanto affermato da M. Napoli “Nel 1960, sulla rivista della Cisl, Politica sindacale, pubblica la traduzione di uno studio di Otto Kahn-Freund del 1954 (I conflitti tra i gruppi e la loro composizione) ed ha illustrato un modello nel quale il conflitto tra i vari gruppi di interesse genera tra essi rapporti che si istituzionalizzano dando luogo ad una complessa rete di istituzioni autonome volte alla fissazione di standard normativi (La stipulazione del contratto collettivo), nonché alla gestione della loro fase applicativa (l’ amministrazione del contratto collettivo).
    Ne discende, come rilevato plasticamente da Mario Grandi (parlando della lezione di Giugni nella Cisl),il fatto di rivolgersi alla Cisl non era senza significato per la diffusione di uno scritto che, nella sua impostazione e nei suoi contenuti (secondarietà dell’intervento statale nelle relazioni collettive, visione «dinamica» del sistema contrattuale, priorità delle istituzioni autonome nella gestione del sistema e nella composizione dei conflitti), presentava significative corrispondenze con punti qualificanti della «filosofia» autonomistica e contrattualistica di questa organizzazione” (Mario Grandi, Gino Giugni e l’esperienza associativa della Cisl). Oggi, tranne il richiamo di isolata autorevole dottrina, questa cifra si è persa o, quantomeno, è pesantemente annacquata e scomparsa tra i dirigenti sindacali. La domanda è: ma quale formazione si fa oggi per i dirigenti sindacali e con quali tesiti? e a cosa e a chi si riferiva la Presidente del Consiglio con le sue affermazioni? Resto basito per la standing ovation tributatale. Non è certo la Cisl che si è conosciuta quella descritta dal Presidente del Consiglio e cui hanno aderito con il loro assenso nei fatti anche i presenti al Consiglio Generale. La vecchiaia è una brutta bestia… credo sia ora di andarmene

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  3. Semplicemente la Cisl ha subito una metamorfosi che l’ha portata ad oggi a essere irriconoscibile e deficitaria delle conoscenze del passato. In linea con la società moderna del resto. Conta l’essere e non il sapere, l’ignoranza è compensata dall’autoritarismo, la nullità assume valore di fronte all’ autoreferenzialità.

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  4. Annamaria Furlan spiega sul foglio che è Giorgia Meloni che divide il sindacato. La legge sulla partecipazione è merito del Pd. e la cisl non è di centro destra. parole chiarissime senza ambiguità. Bravaaa

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      1. Pezzotta si doveva occupare di Cisl quando era segretario generale, peccato che l’ha prima distrutta con il patto per l’Italia ( quello si di destra marcia ) , poi incartata con carta da lavanderia e regalata a Bonanni
        Ora si levano le grida di un manipolo di ex che vorrebbero condizionare la Fumarola…in via po si stanno sganasciando.
        Proviamo a chiedere che ne pensano anche Faverin , Bentivogli e magari perché no Cianfoni

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        1. Se parli tu, può parlare chiunque. E non lo diciamo per sminuire i tuoi contributi sempre costruttivi al dibattito, ma perché per noi tu vali quanto un segretario generale, in carica o meno.
          E’ il 9 marzo, bellezza…

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          1. Giusto, intanto però Gigi non se n’e’ ghiuto, come dimostrano le foto di oggi all’istituto Don Sturzo, se qualcuno si aspetta un cambio di rotta ho la sensazione che rimarrà male

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  5. Tutto si può dire salvo che Sbarra non sia previdente. In vista del suo 65 esimo compleanno ha fatto approvare l’articolo 5 del regolamento ( reso noto da questo blog) per cui chi si dimette qualche giorno prima dalla carica sindacale, perché decade per l’età, se nominato in qualche altra carica, ( vedi fondazione Marini) continua a godere dell’ndennità che percepiva fino al 67 esimo anno di età. Garanzia assoluta quindi di mantenere la remunerazione. Il che non è poco. Ma per fare una fondazione ci vuole del tempo e qualcuno deve sborsare 100 Mila euro come fondo di dotazione (così mi pare dica la legge). Chi ha approvato tale delibera? Chi ha versato i soldi? Per un doppione visto che già esiste la fondazione Pastore e dal 2018 la fondazione Bonfanti? Come sono gestiti questi soldi ? Che sono degli iscritti. Provate a guardare su internet notizie sulla Fondazione Bonfanti e poi ditemi se le trovate. Come non si trova traccia in alcune regioni dei bilanci delle strutture. Povero codice etico. Forse aveva ragione Report.

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