Come si dice “Scandola” in inglese?

Fare il sindacalista, si dice, è una vocazione, una scelta di vita. Ma quando vengono meno le motivazioni, individuali e/o collettive, può diventare una scelta di vita comoda. Ed a quel punto le nuove motivazioni diventano difficili da perdere.

E non lo ha rivelato solo Fausto Scandola per la Cisl (per la precisione, per quei dirigenti di vertice di Via Po 21 che in dieci anni si sono assegnati uno stipendio più alto del dovuto, e poi l’anno scorso hanno fatto un regolamento alzando gli stipendi anche ai dirigenti di rango inferiore, in modo che al congresso nessuno protesterà). La cosa sembra valere anche altrove.

Ad esempio, il sito di informazione Lettera 43, una testata che un anno fa fa ha avuto attenzione alla vicenda Scandola, quest’estate ha pubblicato un articolo che parla dei sindacalisti inglesi. In realtà, come spiega l’autrice, si tratta della ripresa di un articolo apparso qualche giorno prima sul Guardian, un giornale inglese di orientamento progressista. L’autore, un anonimo giovane entrato a lavorare in un non meglio precisato sindacato inglese, racconta di aver scelto questo lavoro per dare un contributo alla causa della giustizia per i lavoratori, ma di aver trovato un ambiente burocratizzato, dove tutto sommato si lavora poco e si guadagna bene e anche per questo c’è una scarsissima propensione a cambiare il modo in cui le cose vanno.

Naturalmente non si può fare un discorso generale, perché in Inghilterra ancor più che altrove i sindacati sono diversi l’uno dall’altro. E il paragone con Fausto non regge su un punto fondamentale: il nostro ci ha messo il nome e la faccia, e non ha scritto articoli anonimi per qualche giornale, né messaggi anonimi a Via Po 21, come quelli usati per far fuori Bonanni e Cianfoni (mandati da chi aveva interesse al cambio della guardia? Più passa il tempo e più l’ipotesi ci sembra plausibile).

E però la dinamica descritta è dello stesso tipo: il sindacato da fattore dinamico di trasformazione rischia di farsi corporazione conservatrice. (certo, questo rischio lo corrono un po’ tutti anche i giornalisti talora sono più idealisti da giovani che ad una certa età. E la loro è una corporazione mica da ridere…).

E allora? Allora vale sempre e comunque il messaggio che Fausto ci ha lasciato in eredità: uscire dal sindacato, lasciare la Cisl, non serve a niente, se non a lasciare le cose come stanno. “Bisogna impegnarsi, bisogna combattere”.

Possibilmente a partire dal congresso del 2017.

 

Se nella fabbrica regna l’arbitrio padronale, nel sindacato la burocrazia, nel comune e nella provincia il rappresentante del potere centrale, nelle sezioni locali dei movimenti politici il fiduciario del capo del partito, lì non si può più parlare di democrazia”.

(Ignazio Silone, La scuola dei dittatori)

 

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