Chi ha rovinato chi? Il dibattito è aperto

Luigi Viggiano ci manda da Savona le sue considerazioni sulle anticipazioni del libro di Marco Bentivogli “Abbiamo rovinato l’Italia? Perché non si può fare a meno del sindacato” edito da Castelvecchi.

I temi che ci segnala Luigi sono certamente interessanti, e il libro promette di essere un momento di riflessione in un contesto che non sembra amare molto questa attività.

Per questo abbiamo deciso di aprire un dibattito al quale invitiamo altri ad intervenire, per chi lo desidera anche in forma anonima. La regola (a parte quella solita del blog: tutte le critiche sono ammesse, gli insulti no) è che non si tratta di essere “pro” o “contro” Bentivogli (al quale quasi ci dispiace dover “fare pubblicità”, visto che non tutti i suoi comportamenti ci hanno sempre convinto), ma di partire dalle sue riflessioni per proporne altre, consenzienti o dissenzienti che siano. Sperando che l’azione del riflettere diventi contagiosa.

E ora, la parola a Luigi Viggiano che inaugura il dibattito

www.il9marzo.it

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Su formiche.net del 22 giugno ho letto un estratto dell’ultimo lavoro di Marco Bentivogli dove solleva dubbi e problemi che ritengo dovrebbero essere oggetto di: continua, ampia e seria discussione nel sindacato invece che con rassegnazione aspettarne l’autoconsunzione.

“Abbiamo rovinato l’Italia? perché non si può fare a meno del sindacato”(Castelvecchi)

io, sindacalista, vi spiego in cosa sbagliano a volte i sindacati

 

Comincio questo mio contributo con un riconoscimento, che ritengo doveroso a Marco per aver riesumato, un metodo genuino di fare sindacato, quale è quello di buttarsi nella mischia affrontando le difficoltà e non scansandole o ancora peggio strumentalizzandole. Detto questo, passo a esprimere alcuni dubbi e proposte su quanto da lui scritto anticipando che lo spirito non vuole essere assolutamente polemico ma costruttivo visto che siamo mossi dallo stesso spirito e obiettivi.

Un punto del lavoro che mi lascia, alquanto perplesso, è il trattamento che Marco riserva ai non iscritti e l’invito che rivolge loro “. Chi lo vuole cambiare dovrebbe prima di tutto iscriversi e, in questo modo, portare idee nuove, diverse. Altrimenti è troppo facile, è la solita furbizia di chi critica, ma poi se ne approfitta.” Voglio pensare che la sua sia una provocazione, altrimenti la cosa dovrebbe allarmarci alquanto. Chiedo a chi legge: ritenete che quando consigliato “portare idee nuove e diverse” da Marco sia oggi realisticamente permesso nella Cisl a qualunque livello? Personalmente ho sperimentato che, nella migliore dell’ipotesi accade nelle assemblee di base (dove, in genere vengono fuori proposte che non diventano mai realtà perché, mediate dai livelli confederali, finiscono per essere letteralmente travisate). Ancora più grave è quel “se ne approfitta” che tradotto significa: si prende i benefici del contratto senza scioperare. E dov’è lo scandalo? Perché non dovrebbe farlo? Il contratto e un suo diritto a prescindere dall’adesione ad un sindacato; forse sarebbe più opportuno capire perché? Non sarà per caso per mancanza di fiducia in chi lo usa strumentalmente, come merce di scambio per i loro lauti interessi del tipo di quelli denunciati da Fausto? E comunque, anche i non iscritti, pagano un obolo forzoso al sindacato quando firma un contratto nazionale (se sbaglio chiedo scusa ma di recente mi sembra di aver letto proprio così).

Un altro punto che mi lascia estremamente perplesso, è quando dice meravigliandosi “secondo questi lavoratori noi abbiamo il “dovere” di risolvere i problemi anche per loro, anche se ci hanno sempre ignorato” !!! Certo che deve essere così altrimenti eliminiamo la confederazione ed ogni azienda contratta con le proprie rsu stop.

Per quanto riguarda le criticità, indicate e non, le ritengo sintetizzabili in: una degenerazione del sindacato, da portatore e sostenitore delle istanze dei lavoratori, a, difensore delle istanze del potere (che non è il padrone della piccola o media azienda che vive la stessa crisi dei lavoratori).

Poi c’è la metamorfosi del sindacato in una società di servizi parastatale le cui entrate rendono marginali quelle delle iscrizioni e cosa più importante hanno permesso e permettono di assumere persone pagate e “legate …… col posto di lavoro” condizione questa, utilizzata all’occorrenza per gestire a proprio piacimento la democrazia interna, nel condizionare candidature ed elezioni della dirigenza (questo a dire il vero è un sogno che mi è stato raccontato da un vecchio cislino che purtroppo è passato a miglior vita, ma io ci credo perché spiega come alcuni chiacchieratissimi personaggi, autentici deus ex machina delle partecipate Cisl sopravvivano a tutte le tempeste). Concordo, quando dice che il sindacato persevera nell’essere “custode della conservazione” però a Marco chiedo: ma tu dove sei stato e dove sei, tra loro o sulla luna? Senz’altro condivisibile (meglio tardi che mai) é l’atto di morte della classe operaia legata al fordismo ma il nuovo qual è? Cos’è? Il sindacato lo ha studiato? Quali sono le proposte? Nada de nada, notte fonda.

Quando poi richiama i nobili insegnamenti dei nostri predecessori degli anni 50 omettendo però (sicuramente per dimenticanza) il più importante ovvero che a differenza dei dirigenti di oggi che predicano i comportamenti del buon sindacalista quelli di allora li praticavano cosa alquanto diversa o sbaglio?

Di sicuro l’avvento della new economy ha letteralmente stravolto il modo di lavorare dunque è corretto parlare di fine del Ford/taylorismo ma non basta bisogna capire e conoscere la portata del nuovo che è sicuramente epocale perché come scrive Marco “l’identità individuale delle persone è caratterizzata sempre meno da mutue similarità e sempre più da mutue differenze”. Questo grazie a diverse e significative innovazioni ed in particolare nelle comunicazioni, nella robotica e nella scolarizzazione di massa. Partendo con la robotica che è la più semplice da capire si può dire che ormai ha sostituito per un 60/70% il lavoro su cui si basava la old economy (Fordismo) che il taylorismo aveva adattata a una massa di lavoratori analfabeti, in larga parte ex contadini, ai quali si chiedeva un alienante sforzo fisico/psicologico. Ecco, oggi questo accade ancora ma in misura estremamente ridotta perché gli operai sono stati sostituiti dai robot molto più efficienti dei limiti umani e pertanto con un enorme aumento della produttività (che in larghissima parte non è andata ai lavoratori) lasciando a casa una moltitudine di disoccupati. Disoccupati, discendenti degli operai del fordismo che hanno una alfabetizzazione di base media, con molte punte d’eccellenza. Ecco una componente fondamentale della new economy sono queste generazioni, acculturate e figlie di un mondo nuovo dove il lavoratore non deve muoversi per andare a lavorare perché il lavoro gli può arrivare a casa da qualsiasi parte del mondo purché interconnesso con internet.

A questo punto richiamo Marco la dove scrive: “il sindacato tradizionale ha sempre avuto un rapporto difficile con la meritocrazia e la professionalità, che invece devono essere alla base della promozione e della tutela del lavoro” e ancora “Non c’è nulla di più ingiusto di fare parti eguali tra diseguali”; “un sindacato che vuole essere credibile con i lavoratori, che si rifiuti di ingannarli deve saper distinguere tra chi lavora bene e chi non lavora o fa il “furbetto “ Tutte cose sacrosante che si addicono perfettamente ai lavoratori della new economy che ricordo non sono i contadini analfabeti arrivate dalle campagne e dal sud ma gente che per arrivare ad avere un lavoro seppur dotato di un eccellente curricula ha dovuto supera una infinità di difficoltà per lo più individuali dunque su questa strada non c’è trippa per i gatti; nel senso che un sindacato tradizionale anche se riveduto e corretto farebbe pochissima strada con queste nuove figure.

La prima cosa da fare a mio avviso è prendere coscienza che queste generazioni sono di un livello culturale e professionale sicuramente medio alto, vista l’estrema selettività che devono sobbarcarsi; pertanto credo che l’ultimo di loro valga molto ma molto di più del miglior vecchio sindacalista esistente a cominciare dal sottoscritto. Se questo è vero allora bisogna incontrarli su un’altra strada che è quella del merito però noi dobbiamo salvaguardare anche i più deboli e allora sembrerebbe di essere finiti in un vicolo cieco ma non è così, purché si abbia il coraggio di proporre e sostenere l’obiettivo che la storia sta indicandoci e che noi fingendo di non capirlo o per tirare a campare fin che si può scientemente continuiamo ad ignorare. Marco ha giustamente parlato di guerra tra poveri es. L.104. Come pure di merito per le nuove generazione sempre più acculturate. Mi pare ovvio che nella situazione data non c’è spazio per il sindacato odierno, al massimo se ne potrà prolungare l’agonia ma la sorte è segnata perché la strada intrapresa, dalla storia, porta al reddito di cittadinanza per tutti per il semplice motivo che, a differenza del passato oggi l’economia materiale è stata monopolizzata dai robot; cosa che ridurrà fino ad azzerare la presenza dell’Homo Faber e di conseguenza i margini di sindacalizzazione tradizionale; pertanto dovremmo cominciare a pensare come intercettare i nuovi lavoratori della new economy detti della conoscenza (Homo Sapiens) che in larga parte saranno autonomi o gruppi ristretti a secondo delle specializzazioni ai quali va giustamente riconosciuto il merito.

Il ragionamento su cui invito a riflettere è il seguente: costa di più mantenere un welfare frantumato in mille rivoli regolamentato da migliaia di norme di cui i furbi ne abusano e i veri aventi diritto non ne usufruiscono, gli scandali e i falsi scoperti sono tanti, la casistica delle truffe supera abbondantemente la realtà, senza contare le infiltrazioni di vere e proprie organizzazioni malavitose; d’altra parte, lungi da me volerli giustificare, ma si tratta pur sempre di una guerra tra poveri, tra l’altro destinata a crescere in modo esponenziale visto il perpetuarsi della crisi divenuta ormai cronica.

Ebbene, allora mi domando, perché non introdurre un reddito di cittadinanza per tutti, azzerando tutti gli altri interventi sociali meno per: la maternità, i ciechi e gli emodializzati? Ribadisco a tutti, anche a quelli che un lavoro ce l’hanno. La mia proposta di nuovo sindacato prevede di assegnargli due ruoli uno composto da una confederazione nazionale di poche persone elette dalle categorie di lavoro e dalla media e piccola impresa con il compito di gestire il reddito di cittadinanza mentre il ruolo più strettamente categoriale deve essere svolto dalle rsu liberamente elette tra tutti i lavoratori in azienda. Questa idea che può sembrare folle è già praticata con successo e col passare del tempo si affermerà in tutto il mondo perché è nell’ordine dell’evoluzione storica dell’uomo e il tempo e la storia glielo imporrà anche contro la sua volontà. Sta a noi decidere se essere protagonisti del cambiamento o passare la mano ad altri.

In questo modo si assicurerebbe il necessario per vivere a tutti e allo stesso tempo si incentiverebbe l’imprenditore che sa investire e guadagnare di più e le nuove figure professionali figlie della conoscenza. Così, il bacino della conoscenza al servizio dell’umanità, supportato da quel grande sistema di comunicazione che è internet acquisisce potenzialità inimmaginabili accelerando i tempi delle innovazioni in modo esponenziale. Ma su questo lo affronteremo in altra occasione.

S a v o n a, 26 Giugno 2016                                                                              L u i g i   V i g g i a n o

                                                                                                                                 F N P     S a v o n a

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2 Commenti - Scrivi un commento

  1. Je suis Faustò anche moi) · Edit

    E’ difficile ragionare e riflettere vedendo la Cisl di oggi e i comportamenti anche del Bentivogli sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti dei dirigenti attuali.
    Credo sia giusto dire che il mondo è cambiato e cambia velocemente con un sindacato troppo burocrate e legato a lotte di potere politiche ed interne.
    La prima cosa da fare è dare autonomia contrattuale alle rappresentanze aziendali, premiare chi produce e ridistribuire la ricchezza nazionale con strumenti di fiscalità generale come il reddito di cittadinanza.
    Il tema è delicato, in base a cosa distribuiamo il reddito vista la grande evasione? non rischiamo di dare a persone quanto o poco meno di chi ha lavorato e versato contributi per anni(vedi tema aumento pensioni minime).
    E’ sufficiente l’Isee?
    Guardando i risultati dei caf , ial, inas e altri enti bilaterali(in particolare la formazione data a pioggia come finanziamento per attività poco professionalizzanti ) la preoccupazione che il sindacato diventi sempre più una fucina di burocrati è già realtà.
    Prendiamo gli enti di formazione con una dotazione di centinaia di migliaia di euro, sono solo una fucina di corsi inutili, che non aiutano la riconversione, che servono solo ai bilanci in quanto li ritroviamo sotto la voce ricavi per le aziende e a pagare amici o quadri del sindacato(vedasi i milioni sperperati per la formazione/riconversione dei disoccupati) con quei soldi avremmo finanziato migliaia di assunzioni agevolate..
    Allora non sarebbe meglio lasciare la formazione ai soli istituti professionali/universitari con finanziamenti mirati alla acquisizione di una qualifica? oppure non è meglio utilizzare dette risorse per interventi di defiscalizzazione/de contribuzione degli oneri sociali per le nuove assunzioni o per permettere piani di prepensionamento o per annullare le tasse e i contributi sulla produttività o per dare più risorse ai disabili e alle famiglie delle persone non auto sufficienti?
    Per il necessario ricambio generazionale e lotta alla disoccupazione non sarebbe il caso di prevedere che un lavoratore dopo 41/42 anni di contributi può andare i n pensione visto che se l’è pagata essendo ormai il sistema misto o tutto contributivo?
    Non potremmo prevedere che i genitori possano stare a casa in congedo per 2 anni pagati all’80 % con il recupero dell’importo attraverso la pensione integrativa o l’uscita spostata di due anni? chi oggi lavora specialmente in Italia nelle pmi ma per mentalità anche nelle grandi, non usufruiscono nemmeno di quello previsto oggi e poi vogliamo che aumentino i figli.
    Le risorse ci sono e vanno recuperate dagli enormi sprechi ai quali contribuisce anche il sindacato.
    Ma manca la volontà, troppi parenti e amici e troppi figli di mammà

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  2. “LE RISORSE CI SONO E VANNO RECUPERATE DAGLI ENORMI SPRECHI AI QUALI CONTRIBUISCE ANCHE IL SINDACATO MA MANCA LA VOLONTA’,TROPPI PARENTI E AMICI E TROPPI FIGLI DI PAPA’”
    Caro Fausto’ riprendo dalla tua conclusione per confermare quanto osservi; ovvero, che non è un problema di risorse ma di volontà e giustamente hai toccato dei nervi scoperti come; la formazione che, guarda caso, è stata sempre una riserva di caccia del sindacato e aziende, che hanno sfruttato e sfruttano un problema vero per fare clientalismo e affiliati. Spiego il concetto con un esempio che conosco bene. Negli anni settanta, tra i tanti contributi europei, all’Italia cominciarono ad arrivare anche quellì relativi alla produzione dell’olio d’oliva che avrebbero dovuto integrare il reddito dei produttori; ebbene sai come andò a finire? Che un misero 15/20 % arrivò ai contadini e tutto il resto lo divorò l’apparato burocratico che doveva distribuirli; non solo, ma l’apparato poi condizionava anche l’assegnazione di buona parte di quel 20% che con controlli pilotati finivano a chi ne aveva meno o nessun diritto. Quale é la morale della storia? I poveri contadini che (per l’Europa), dovevano essere i beneficiari divennero il mezzo invece che il fine dei contributi che, una volta arrivati in Italia servirono e servono a foraggiare altri interessi e persone che le olive non sanno neanche cosa sono. Ma scusandomi della prolissità ti faccio un altro triste esempio per rafforzare il concetto. Mi riferisco alla spregevole e famosa telefonata intercettata la notte del terremoto dell’Aquila ricordi? Mentre le case crollavano gli avvoltoi gongolavano pensando alle pastette e benefici che avrebbero tratto dalle rovine?
    Mi chiedo come è possibile, ancora oggi nell’era super computerizzata, dove è possibile comicare in tempo reale con qualsiasi posto del mondo. Utilizzare procedure arcaiche come quelle accennate? Perchè non si può mettere in piedi un canale diretto con il beneficiario? Tagliando fuori tutte le fasi intermedie che servono solo ad alimentare parassitismo e clientalismo?
    Se tutti i contributi (nazionali ed europei sfruttati in nome della formazione professionale si dividono per il numero di persone che poi ha realmente trovato un lavoro perchè l’aveva perso o mai avuto verrebbero fuori cifre colossali, ecco allora che il problema dei soldi è un falso, perchè il vero è culturale e politico. Se non ci liberiamo di questa mentalità feudale che il popolo e bue e non in grado di badare a se stesso e pertanto ci vogliono sempre degli INTERMEDIARI (i parassiti per intenderci) le cose non cambieranno mai. Però la novità che fara saltare il giocattolo è che le nuove generazioni sono sempre meno disposte ad accettare, queste ingiustizie per diritto divino. Penso che un grosso contributo a come e dove trovare i soldi lo potremmo dare tutti segnalando le varie specie di, sanguisughe umane delle quali si ha conoscenze (non mi riferisco alle persone ma ai metodi parassitarii adottati).
    Luigi Viggiano FNP SAVONA

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