Tre sindacati per tre classi operaie?

In un recente articolo, Dario Di Vico ha raccontato che la classe operaia non è più una, e che “non basta essere sotto lo stesso capannone per avere una condizione di lavoro omogenea”. Oggi le classi operaie sarebbero tre: quella dei nuovi lavoratori “manual-cognitivi”, che sono il livello più alto e rappresentano una sorta di nuova aristocrazia del lavoro; c’è quello intermedio di lavoratori manuali ancora “fordisti”, ai quali si possono equiparare alcuni occupati in lavori non industriali come il cassiere del supermercato o l’operatore del call center; in fondo c’è il proletariato dei servizi, rappresentato da facchini e badanti.

Ora, che la classe operaia non sia una, e che non basti il capannone a forgiarne l’unità, è una scoperta relativa. Ad esempio, nei corsi di formazione della Fai libera si insegnava, fino al commissariamento, che il sindacato non nasce dal capannone e dalla comune condizione che esso determinerebbe, ma dalla associazione fra persone che esercitano la loro libertà decidendo se aderire o meno a questo o quel sindacato. E la dialettica fra sindacato di classe o sindacato associazione era, in quei corsi, la chiave di lettura per studiare fatti storici, come l’unità sindacale a partire dall’autunno caldo, o per capire criticamente l’uso di forme organizzative come le Rsu.

C’è invece una generazione, cui appartengono anche giornalisti come Dario Di Vico e molti formatori nella Cisl, cresciuta con l’idea che il sindacato nasce dalla comune condizione operaia. Per questo tutti hanno pensato, e alcuni pensano ancora, che l’unità sindacale fosse la condizione normale, e l’esistenza di più organizzazioni una malattia, o una strana peculiarità italiana. Se la classe è una, anche il sindacato deve essere uno.

Ma la scoperta che le classi sono diventate tre potrebbe ora aprire la strada al riconoscimento della triplicità. Guarda caso, proprio il numero delle confederazioni storicamente accreditate come rappresentative del lavoro (quasi che chi è iscritto ad altri sindacati, o non è iscritto ad alcuno, non esistesse).

Se poi si pensa che i tre sindacati italiani si sono appena messi d’accordo su un sistema di regole che li costituirebbe in oligopolisti della rappresentanza (con l’eventuale sostegno dell’applicazione dell’articolo 39), allora lo schema “tre sindacati per tre classi operaie” diventa un po’ meno romanzesco. Visto che le differenze del passato, organizzative prima ancora che ideologiche, sono date per morte e sepolte (oggi la Cisl non è meno “generale” della Cgil) ma che l’unità non la si vuol fare per tanti motivi, una divisione di fatto delle zone di influenza potrebbe essere una soluzione che tiene in vita il “brand” di ciascuno, e gli apparati connessi, senza entrare in conflitto fra di loro.

Uno scenario di questo tipo è descritto per la Francia da alcuni studiosi, per i quali le riforme degli ultimi anni sulla rappresentanza sono servite alla “cartellizzazione” delle relazioni sindacali. Ogni organizzazione si è riservata un campo d’azione privilegiato, la concorrenza fra di loro sparisce, salvo in occasione delle elezioni nelle aziende. Per il resto, tutti assieme i sindacati garantiscono la pace sociale nelle aziende (le grandi manifestazioni della Cgt in corso sono una sorta di licenza temporanea) garantendosi i finanziamenti dalle stesse imprese e dallo stato, spesso attraverso la gestione di enti bilaterali.

E’ questo il futuro che si prepara? Sindacati addomesticati in cambio di risorse?

(Gli articoli citati sono: Dario Di Vico,  La classe operaia si fa in tre. Al top l’aristocrazia della fabbrica digitale, “Il Corriere della Sera”, 18 giugno 2016, anche a questo link; Dominique Andolfatto-Dominique Labbe, France : La cartellisation des relations professionnelles, in  Andolfatto Dominique et Contrepois Sylvie Syndicats et dialogue social. Les modeles occidentaux a l’epreuve, Peter Lang, pp.139-160, 2016; la versione messa a disposizione dagli autori in rete a questo link)

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3 Commenti - Scrivi un commento

  1. Io penso che i sindacati confederali nazionali, in quanto tali, entro il prossimo decennio non saranno ne uno ne trino come lo S.S. ma semplicemente scompariranno perché inutili, tanto al potere che dal 45 ad oggi ha trovato ben altri mezzi per gestire il rapporto con i lavoratori tradizionali che come si sa sono in via d’estinzione; ma anche ai nuovi lavoratori per affrontare i quali il sindacato non è minimamente preparato trattandosi di figure che si differenzieranno totalmente dalle vecchie per: livello di cultura, lavori autonomi, altamente qualificati e cosa più importante in larga parte dispersi in luoghi diversi del pianeta senza alcuna concentrazione logistica. Pertanto penso che al massimo potrà esistere un sindacato di categoria ma più probabilmente aziendale, Non dimentichiamo che le confederazioni nacquero come propaggini ideologiche dei principali partiti. Ma oggi le ideologie si sono annacquate in liquido putrido e puzzolente al punto che chi può ne sta il più lontano possibile. Con degli Uomini che avessero gli attributi necessari Il futuro, da catastrofe si potrebbe trasformare in una opportunità (ma tornare nel passato non si può e il presente è semplicemente desolante).
    Luigi Viggiano FNP Sa v o n a

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  2. Errato caro Luigi. Ti fai prendere troppo dalla situazione italiana (ma anche francese..e in parte spagnola) dove la burocrazia confederale ha vinto, oramai e solo una rivoluzione della categorie sane (improbabile) cambierebbe la tendenza. Difffficile! molto, ma non impossibile.
    In gran parte del mondo l’aria è diversa : dopo gli anni ’80-’90, dallAustralia al Canada dalla Corea del Sud alla Germania, dagli Usa alla Cambogia alla stessa Cina (10mila scioperi solo nel 201 …), i segnali di vitalità e di innovazione delle libere associazioni dei lavoratori, dei mestieri, delle professioni… di ogni colore sono tanti e …contrattazione, mutualismo, mercato del lavoro, modalità organizzative, partecipazione… cambiano in meglio. Protagoniste però le categorie e i sindacati di base (quelli veri, di ogni colore) non le elefantiache e costose burocrazie confederali, in genere, tranne poche eccezioni, inutili e dannose .

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  3. Sarà anche come dice l’amico anonimo ma io sono stato abituato a pensare che, quello che noi (Italia, Francia e Germania siamo gli altri saranno e quello che eravamo gli altri sono) ergo quello che gli altri vivono, per noi é il passato non il futuro che invece è tutto da riscrivere, sindacalmente parlando.
    Grazie comunque per il contributo.
    Luigi Viggiano fnp savona

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