Con questo intervento di Luigi Viggiano, prosegue il dibattito aperto il 2 giugno, inizialmente sull’ultimo accordo Cgil-Cisl-Uil, ma poi esteso ad altre questioni.
www.il9marzo.it
Inizio questo intervento riprendendo il comportamento, alquanto incoerente dal punto di vista politico, dimostrato in diverse occasioni dal segretario della fim e l’altrettanto emblematico esempio, del nuovo che avanza, espresso dal neosegretario della Fai …
Ebbene, in proposito, penso che questi comportamenti esprimano, in modo diverso un eguale atto di asservimento e sottomissione, (quello di Bentivogli ha però l’aggravante che, pur consapevole di cosa dovrebbe fare vi rinuncia volontariamente, l’altro invece usa il disprezzo tipico di chi non sa che pesci pigliare; ricorda tanto la famosa espressione “E CON QUESTO HO DETTO TUTTO” OVVERO NIENTE dell’indimenticabile TOTO’); esattamente quello che, un buon sindacalista non dovrebbe mai fare perché è risaputo che senza il confronto delle idee e la collegialità delle decisioni la democrazia muore in quanto privata della propria ragion d’essere; molto meglio allora un Cincinnato di turno che, se non altro costerebbe molto meno ai cittadini consumatori; ho detto volutamente consumatori per indicare allo stesso tempo disoccupati e lavoratori anche se quest’ultimi, sono ormai una specie a rischio estinzione; cosa di cui non se tiene conto a sufficienza e che mi sollecita una domanda: come si giustifica la granitica stabilità organica della dirigenza sindacale nonostante gli anni d’oro del mondo del lavoro e degli iscritti siano diventati solo, un lontano ricordo?
E qui entriamo nel merito delle questioni, che dovrebbero attenere ad un sindacato di lavoratori e disoccupati. Non sorprenda questa mia sottolineatura, ribadisco DEI LAVORATORI, DISOCCUPATI E AGGIUNGO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, perché è questo il mare in cui un vero sindacato dovrebbe navigare. Ho sentito il bisogno della premessa perché ritengo che la Cisl dell’era Bonanni/Furlan sia una brutta, anzi bruttissima copia della CISL che fu, perché trasformata in qualcosa di completamente diverso da quello che il cittadino comune pensa. Intendiamoci è sempre un sindacato ma non più al servizio dei lavoratori/consumatori unitamente al mondo delle piccole e medie imprese italiane, ma di quello che Ricolfi, già qualche anno fa individuava come il vero nemico del ceto medio e dei lavoratori. Ovvero: i grandi trust, le multinazionali, gli oligopoli bancari e finanziari, le assicurazioni ecc. che, non traggono profitto dal percorso investimento, produzione e commercializzazione di beni e servizi che restituiscono l’investimento più un guadagno. Questo è il ciclo delle piccole e medie aziende ma oggi con un mondo finanziarizzato a dismisura i guadagni si fanno con un percorso che salta la produzione; s’investe denaro nella speculazione pura per ottenere direttamente denaro che poi servirà per comprare a prezzi fallimentari le aziende statali e private.
Le classi dirigenti di tutto il mondo ignorano e scherniscono le richieste del ceto medio, impoverito dalla crisi, e così facendo picconano la democrazia preparandoci a sviluppi autoritari che mirano allo scardinamento del sistema. L’elites: economiche, politiche sindacali, giornalistiche ecc., conniventi o incapaci di capire che la strada intrapresa corre verso una deriva reazionaria preferiscono cullarsi sul passato e nei loro assurdi ed immorali privilegi (finché dura). Si affannano a parlare di crescita e riforme ma intanto se ne fregano dei segnali di sofferenza e insofferenza crescente anche tra la borghesia medio bassa che, giorno dopo giorno si sente risucchiata verso il fondo della scala sociale, dal vortice dei provvedimenti che sistematicamente gli vengono presi contro, dal governo di turno, con una sola certezza che: i governi passano e i provvedimenti restano. Nel frattempo cresce il numero di chi non riesce a mantenere i figli agli studi ne permettersi le cure della persona con una sanità che diventa sempre più costosa e meno pubblica ed efficiente. A poco servono gli spot, del tutto va bene, se poi gli stipendi e pensioni, già in larga parte modesti, continuano ad essere falcidiati ingrossando le file degli indigenti in modo preoccupante. Un significativo e chiaro segnale circa il fatto che la frattura si sta trasformando in rottura del ceto medio-basso è stato letto, dagli analisti del voto delle recenti elezioni amministrative che, in linea con quanto accade in altri paesi europei e con le primarie degli Usa, ha abbandonato i riferimenti politici storici ritenendosi tradito e votando per protesta o astenendosi. Il segnale che è stato forte non va trascurato perché tutti sappiamo dove portano queste avventure, se non assorbite e guidate con giuste concessioni sociali. Che la situazione sia tale lo confermano anche i dati relativi all’evoluzione della distribuzione della ricchezza prodotta in Italia dal 1970 al 2014, quando evidenziano che la classe sociale più penalizzata è stata il ceto medio passato dal 61% al 43% seguita dalla classe più povera scesa dal 10 al 9%; il tutto a vantaggio del ceto più ricco salito dal 29 al 48%.
E’ una realtà questa, appena descritta, riconosciuta perfino dalla Banca Mondiale quando dice che i più danneggiati dalla globalizzazione sono stati il 5% dei poveri dell’Africa e la classe media USA e UE e che la globalizzazione ha ridotto il divario di reddito tra regioni ricche (USA-EU) e povere (ASIA) ma ha aumentato il divario all’interno di ciascun paese (arricchito i miliardari ed impoverito la borghesia).
Se questa è la realtà che anche la CISL “con senso di responsabilità” ha contribuito a costruire penso che la prima cosa da fare sia chiarire al nostro interno cosa vogliamo fare e chi vogliamo essere nel futuro che incombe. Per prima cosa dovremmo prendere atto che le nostre controparti sono due; una che agisce e gestisce il mondo globalizzato ed un’altra più vicina alla vita quotidiana fatta, sempre di meno lavoro/lavoratori e di tanti, tantissimi disoccupati. Mi pare ovvio che in una logica di tutela del lavoro questo possa avvenire solo nell’aziende (anch’esse in continuo calo) e dunque le competenze non possono che essere della categoria. Il problema si pone per la confederazione che, in teoria ha poco da contrattare con un governo che non governa, ma esegue gli ordini della commissione europea, e non può che essere così visto che, con la rinuncia alla sovranità monetaria, hanno confezionato e regalato ad altri la corda per impiccarci quando e come vogliono. Però se loro minacciano, agitando il citato cappio, noi possiamo fare altrettanto minacciando e se necessario attivando la mobilitazione sociale che: una disoccupazione inarrestabile e tutti gli altri effetti negativi della recessione giustificherebbero ampiamente. Però, ritengo utile e necessario fare un salto di rappresentatività; la protesta deve interessare non solo i lavoratori ma tutti i cittadini del ceto medio basso. Perché la disperazione di questa consistente ed importante parte di società, che da anni vive una inarrestabile recessione ed in assenza di una alternativa democratica, ci espone ad un concreto rischio di evoluzione autoritaria.
In discussione sono state messe tre criticità: a) maggiore peso alla contrattazione nazionale, e decentrata; b) salario minimo legale; c) registrazione pubblica dei soggetti sindacali, in netto contrasto con i principi costitutivi della Cisl, fondata sul libero associazionismo e quindi sull’autogoverno delle categorie di settore.
La proposta, ovviamente aperta, che avanzo è la seguente: il futuro sindacato dovrebbe essere strutturato in categorie e vivere sui posti di lavoro; le categorie degli attivi, a livello nazionale si uniscono nei modi e tempi da definire per costituire unitamente a i corrispettivi rappresentanti delle piccole e medie imprese una confederazione mista col mandato di rappresentare gli interessi del ceto medio nella definizione, applicazione e rivalutazione del salario di cittadinanza a tutti.
Che i tempi siano maturi per questo passaggio lo dimostrano le tanti applicazioni in atto per il mondo; recentemente perfino la Svizzera, Stato capitalista per eccellenza, è arrivata ad un referendum sull’argomento e 26 paesi dei 28 dell’Europa Unita l’hanno già vigente anche se con modalità diverse. E’ facile immaginare le risposte a quanto detto: “gli svizzeri l’hanno bocciato con un sonoro 75%” perché costerebbe troppo per le finanze pubbliche e scoraggerebbe i giovani dal cercare lavoro; anticipando la contro-risposta dico che trattasi di due falsità grosse quanto un grattacielo perché di soldi ce ne sono anche troppi il guaio è che vengono usati direttamente per fare altri soldi e non per fare, si altri soldi ma passando per la produzione e commercializzazione di beni e servizi. Il problema sta nell’equivoco, scientemente diffuso, secondo il quale per investire bisogna risparmiare ma questa è una menzogna bella e buona perché chiunque conosce anche solo i rudimenti dell’economia a sistema capitalista sa che in essa si producono beni solo se c’è una domanda (consumo) ma per consumare ci vogliono i soldi se poi a questo si aggiunge che la percentuale di reddito che va ai consumi è più alta per i redditi bassi ecco che il reddito di cittadinanza potrebbe svolgere un ruolo doppiamente positivo favorendo la ripresa dei consumi e dunque la produzione e di conseguenza anche l’occupazione.
Gli imbonitori di massa però ci fanno credere che per spendere bisogna prima risparmiare cosa praticamente impossibile per un paese indebitato come il nostro ma non è vero; così è stato fino a quando la moneta era convertibile (1971) ma d’allora è tutto cambiato nel senso che ho detto però a noi hanno continuato a farci credere che nulla era cambiato. Si dirà ma questa è politica e per quella ci sono i partiti; altro errore, perchè i partiti degni di tale nome, sono finiti con l’assassinio di Moro che segnò la fine di una fase storica irripetibile della democrazia popolare e l’inizio della riscossa dei neo-con sfociata nell’annullamento dei partiti ideologici unificati dalla sottomissione forzata alla volontà di chi ha in mano le leve della finanza speculativa; cosa che può mettere alle corde qualunque Stato. Su questo aspetto invito tutti a non dimenticare mai le parole di Papa Francesco: “quest’economia uccide e non c’è alcuna ragione perché noi continuiamo a sacrificarci”. Della stessa idea è l’economista premio nobel Michael Spence, quando presuppone la necessità di “reinventare l’economia moderna e il ruolo occupato dal lavoro in essa dovrà essere ripensato”. Oppure il saggista Andy Stern quando sostiene che ” il prossimo Presidente degli Stati Uniti dovrà riconoscere che le attuali politiche del governo hanno «costruito un’infrastruttura sociale basata sul concetto di lavoro, ma questo concetto non funziona più». Se, in una forma o nell’altra, i redditi vanno ai robot e non più agli esseri umani, la nostra cultura cambierà e la politica dovrà adattarsi a questi cambiamenti. Che fare allora dei disoccupati e di coloro che potranno al massimo aspirare a posti di lavoro di basso livello e super precari? Per la maggior parte di loro la riqualificazione professionale non servirebbe comunque a niente, e quindi come faranno ad avere il denaro necessario alla sopravvivenza? Non resta che dare loro un «reddito base universale».”
Avrei tante cose d’aggiungere ma mi rendo conto che annoierei i potenziali lettori propinandogli troppe novità in una sola volta. Sintetizzando al massimo propongo che la cisl lanci l’idea di una confederazione mista con i rappresentanti delle piccole e medie imprese con il compito di rapportarsi al governo esclusivamente per ciò che attiene il reddito << di base universale>> e questo potrebbe essere anche materia di legge; per il resto invece la contrattazione di categoria deve avvenire esclusivamente a livello d’azienda tra rsu e direzione stop.
Sarei molto contento di questo lavoro se chi legge giungesse chiaro il messaggio che se i soldi per far funzionare l’economia reale sono X quelli invece che girano nell’economia virtuale sono qualche miliardo di volte in più in realtà non sono neanche soldi ma semplici bit nella memoria di un computer che però diventano soldi veri quando chi li possiede li usa per acquistare beni reali; che siano solo numeri lo si capisce quando ha volte si sente la notizia che in borsa è andata male e si sono bruciati qualche centinaio di miliardi di dollari e ciononostante la vita di continua allo stesso modo del giorno prima perchè quei miliardi non sono ricchezza vera allora perchè alla speculazione deve essere permesso di avere i soldi che non valgono niente e poi trasformarli in ricchezza reale e ai cittadini no perchè i soldi per spenderli bisogna prima risparmiarli?
S A V O N A, 12 Giugno 2 0 1 6
L u i g i V i g g i a n o
F N P S A V O N A