Congressi inutili

Mentre la trionfale campagna elettorale del dottor Sbarra dell’Anas a segretario generale della Fai tocca tutta l’Italia (ieri a San Vito al Tagliamento ha raggiunto il confine orientale della Patria) e si va verso la conclusione annunciata, resta un dubbio da sciogliere: a che servono questi congressi?

Anche se, a giudicare dalle foto, vengono organizzati al risparmio e senza sprechi, quasi nello stile di Papa Francesco, e quindi non si rischia di dover pagare il pranzo per le nozze che poi non ci sono come all’Ergife (a proposito, quanto costerà l’Antonella?), sta di fatto che anche spendere poco è comunque uno spreco se il congresso non può decidere nulla.

In questo senso, l’Ergife costò caro, ma almeno servì a prendere liberamente una decisione: la Fai non si scioglie. Una decisione democratica, un bel momento di vita sindacale, anche se poi ha fatto andare su tutte le furie Via Po 21, che ha mandato un commissario cattivo cattivissimo col mandato di farcela pagare e che ha licenziato, ha cacciato, ha rifatto un saloncino che era stato appena rifatto e poi ha deciso che … la Fai non si scioglie.

Ora, se nella Fai ci fosse la democrazia, di questo bisognerebbe discutere nei congressi. Bisognerebbe fare un bilancio politico di 18 mesi senza organismi democraticamente eletti, decidere cosa fare e perché. Chiedere conto di un commissariamento che, evidentemente, ha avuto altri scopi rispetto a quelli votati il 31 ottobre 2014 dall’esecutivo della Cisl.

Invece, a giudicare dai resoconti sul sito della Fai, di tutto si parla tranne che di questo. Magari dell’olio dalla Tunisia, che è un problema serio per molti piccoli coltivatori, uno dei settori che più interessano alla gestione Cianfoni-Sbarra. Ma non delle prospettive politiche e sindacali della Fai e della Cisl.

Come nelle osterie durante il fascismo, resta idealmente appeso il cartello “qui non si parla di politica”. Magari con la scusa che tanto fra un anno ci sarà un altro congresso, quello vero. E allora tanto vale aspettare.

Il che è anche vero, solo che è quanto meno paradossale che una federazione che fa quattro congressi e un’assemblea organizzativa in quattro anni (Perugia 2013, Ergife 2014, Fiuggi 2015, Antonella 2016, dove Lui vorrà nel 2017) abbia un livello di confronto politico interno così basso.

Ma forse non è un paradosso, è uno stile di governo postdemocratico, nei quali i congressi si possono fare a ripetizione, una volta senza badare a spese un’altra volta in stile francescano, una volta per dire che la fusione con la Filca si deve fare e la volta dopo per dire il contrario.

Tanto il congresso non deve decidere nulla, è solo una sembianza di democrazia, e tutto viene deciso in alto, sopra le nostre teste.

Altrimenti, scatta il commissariamento.

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Un Commento - Scrivi un commento

  1. Per chi avesse ancora dei dubbi sul CENTRALISMO DEMOCRATICO, introdotto alla chetichella nella cisl dai nostri oligarchi, il percorso congressuale della FAI ne sta dando un lampante conferma.
    Il POLITBURO spartisce, nelle segrete stanze, i nuovi organici, e poi parte la sceneggiata della democrazia partecipata (leggasi PILOTATA).
    IL VISIONARIO

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