
Per chi avesse avuto qualche dubbio, i segretari regionali della Fai plaudono. Anzi, si superano anche nell’applaudire.
Nel documento conclusivo del loro ultimo incontro (alla minacciosa presenza del commissario), invece di plaudere al solo commissario, cosa che non gli bastava più, plaudono a tutta la segreteria confederale. Quindi a lui ed ai suoi colleghi.
Fin qui, tutto bene; o meglio, tutto prevedibile. Un gruppo sbarriano con Sbarra, come fu cianfoniano con Cianfoni e goriniano con Gorini, non è che all’improvviso si mette a fare la rivoluzione. Anzi ci giuriamo che se domani, per assurdo, nella Cisl dovessero prevalere le posizioni di Scandola, sarebbero tutti scandoliani della prima ora; e tutti indignati per il protervo ed arrogante atteggiamento del commissario che aveva licenziato Giampiero Bianchi con l’accusa ridicola di esultanza alle dimissioni di Bonanni.
Ma questa volta sono andati perfino un po’ oltre il solito coretto “battiam battiam le mani”; nel documento approvato (non ci crederete mai: all’unanimità anche questo!) ci sono dei toni che sorprendono per un più di servilismo fantozziano.
Ci sembra di vederli i nostri cari amici che, vogliamo credere, avrebbero voglia di poter parlare finalmente, che so, del caporalato in Puglia e altrove, e tirare fuori una posizione che dica qualcosa di nostro. Non solo per far l’eco alla posizione di Via Po 21, ma per aggiungere quel qualcosa in più che può venire solo da chi vive quel problema non solo come questione politica ma come questione quotidiana di rappresentanza (sia di chi viene sfruttato, sia di chi subisce concorrenza sleale, come lavoratore e come impresa).
Invece, la linea sulla questione l’hanno dettata la Flai-Cgil, il governo, e proposte bizzarre come quella del presidente dell’Inps sui droni per bombardare i caporali, o qualcosa del genere.
E la Fai dietro, senza alcuna posizione propria.
Oppure, ci sembra strano che nessuno avesse voglia di dire a Sbarra: “allora, questo congresso quando lo convochi?”. Perché un anno di mandato sta per scadere e l’unica cosa che il commissario deve fare, cioè convocare il congresso e lasciare la scena, non l’ha fatta e non ha intenzione di farla. E però nessuno dice niente, tutti applaudono come avevano applaudito Cianfoni (che, con tutti i suoi difetti, aveva nei documenti finali un maggior rispetto, se non della democrazia interna, almeno della lingua italiana).
Ecco, pensando a situazioni come queste, ci è tornato in mente il film di Fantozzi costretto a lasciar perdere la partita in Tv per essere convocato ad assistere a qualche film cecoslovacco con i sottotitolo in tedesco, o al capolavoro dei capolavori, “La corazzata Potemkin”; e non solo a guardare, ma poi ad intervenire nel dibattito per dire tutta la propria soddisfazione. Subendo il tutto per servilismo e per salvare il posto.
Il che, da una parte ci lascia non dico delusi, ma certo poco contenti; dall’altra ci fa sperare che prima o poi qualcuno, segretario regionale o no che sia, si alzi in piedi per parlare, magari al congresso quando ci sarà, e dica: “secondo me, il commissariamento della Fai è … come la corazzata Potemkin!”