Il sito www.sindacalmente.org, che ha promosso la raccolta di firme contro l’espulsione di Scandola, diffonde oggi un documento presentato dalla segreteria della Fim Torino e Canavese in occasione dell’incontro che si è tenuto a Torino l’8 settembre nella sede della Cisl (lo potete trovare a questo link).
Fra i molti documenti che leggiamo in questi giorni, questo ha il pregio di non scindere i due aspetti della questione che rischia di delegittimare la dirigenza della Cisl: da una parte la denuncia dello scarso rigore di situazioni che (al di là della liceità giuridica e delle forti differenze fra di loro) sono state generalmente percepite come non giustificate; dall’altra l’inaccettabilità dell’espulsione di chi aveva sollevato il problema e sollecitato l’intervento degli organi della Cisl. Perché le due cose sono in contraddizione.
Questo rende il documento della segreteria della Fim di Torino diverso da tanti altri che leggiamo in questi giorni: dove si loda l’impegno per la trasparenza a far data dall’elezione della Furlan (appena arrivata dalla Luna), ma se ne annuncia la rigorosa messa in pratica … solo dai prossimi mesi (e per quel che è successo prima, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato!).
Ora non sappiamo se davanti a questo documento nella Fim ci sarà una reazione da centralismo democratico come quella che ha costretto alla (parziale) autocritica il segretario della First di Pisa; se così dovesse accadere, vorrebbe dire che la Fim 2.0 avrebbe perso le qualità migliori di quella vecchia. Che può aver fatto i suoi errori (e secondo noi ne ha fatti) ma non è mai stata un’organizzazione centralista di stampo sovietico.
Sarebbe un peccato se anche la Fim facesse la fine della Fai che, ricordiamolo, era nata dalla fusione fra la Fisba, che era il contraltare della Fim in tante dialettiche interne alla Cisl (ancora negli anni ’80 un forte tesseramento fra i lavoratori agricoli permetteva di riequilibrare i rapporti di forza fra le diverse aree della Cisl), e della Fat, che invece apparteneva al mondo dell’industria per il quale la federazione metalmeccanica era in qualche modo la guida. A rendere possibile l’incontro fra queste due realtà, un tempo lontane, era stato un forte riconoscimento comune nel principio di libertà sindacale, quindi anche della libertà di parola dentro alla confederazione, che col tempo è emerso come terreno sul quale costruire la federazione agroalimentare, assieme a quello della continuità dei settori produttivi, mano a mano che i motivi di divisione del passato venivano superati.
Dopo un certo appannamento negli anni recenti di normalizzazione bonanniana anche della Fai, questo riconoscimento nella libertà come fondamento della Fai ha trovato modo di esprimersi nel voto del congresso che ha respinto uno scioglimento della federazione da realizzare con modalità tutt’altro che trasparenti. Un ultimo sussulto di dignità prima di un commissariamento che recide le radici della federazione.
Davanti al misero spettacolo della Fai commissariata, documenti come quello della Fim di Torino ci fanno piacere perché dimostrano che da quelle parti non si è ancora affermato, almeno non del tutto, un sindacalismo centralista di tipo sovietico.
E quando questa crisi sarà chiusa, sarà ancora dalla libertà che nella Cisl dovremo ripartire. Assieme. Prima o poi.
PS A proposito di passato e di futuro, sarà bene che quando col nuovo regolamento conosceremo i redditi dei dirigenti, si possa poter fare un confronto con i redditi degli anni precedenti. Giusto per fugare il sospetto che le nuove regole possano essere usate da qualcuno per far rientrare senza troppi danni sotto il nuovo tetto più o meno gli stessi redditi che avevano sfondato il vecchio. Perché in questo caso non si tratterebbe di un’operazione trasparenza, ma del vecchio trucco di cambiare tutto perché tutto continui ad andare come prima. Magari usando “due o tre casi isolati”, o uno solo di questi, come capro espiatorio.