Massimo Albanesi, segretario regionale della Fistel Friuli-Venezia Giulia, non è uno di quelli che si mettono a parlare d’altro (fossero anche cose importanti), quando tutti parlano della Cisl per la vicenda Scandola.
Per questo, come informa ll Messaggero Veneto, ha scritto una mail ai suoi colleghi nella quale, oltre ad allegare il proprio 730, protesta per il discredito prodotto sull’organizzazione e su chi ci lavora da quello che è emerso (e che la segreteria confederale non voleva che emergesse, vendicandosi poi con l’espulsione di Scandola), e chiede che la Cisl affronti seriamente nella prossima conferenza organizzativa il tema di quanto si guadagna a tutti i livelli.
Certo, a Via Po 21 diranno che non hanno bisogno di queste sollecitazioni, perché loro avevano già messo in agenda il tema. E forse sarà anche vero. Ma la lettera di Albanesi, per come riportata dal giornale friulano, ha un passaggio che contiene un’indicazione interessante al di là della questione del cumulo dei redditi, e per molti aspetti rivelatrice di quale sia la vera posta in gioco.
“A mio avviso – scrive – se un pensionato percepisce 80 mila euro l’anno, può fare attività sindacale da volontario”
Ecco, il fatto che il sindacato possa essere qualcosa da fare gratis, per passione, o comunque senza doverci per forza guadagnare dovrebbe essere una cosa ovvia, invece suona come una proposta rivoluzionaria o come una provocazione inutile.
Eppure qui si potrebbe usare l’argomento “facciamo come in Germania”, che prima o poi un po’ tutti tirano fuori (non sempre a proposito). Perché nelle organizzazione sindacali tedesche è usuale e quasi ovvia la presenza, nell’organizzazione, sia di sindacalisti professionisti che sindacalisti volontari (cioè chi opera “hauptamtlich” o “ehrenamtlich”).
Al netto di tutte le polemiche, questa sarebbe una dimensione del sindacalismo da riscoprire, quella della passione e del servizio, che può essere al limite gratuito, o comunque ricompensato con criteri che non sono quelli del profitto. Anche perché in questo modo si avrebbero organizzazioni con più libertà di parola e meno persone ricattabili con la minaccia di perdere il posto di lavoro (come è capitato nella Fai).
E d’altra parte, visto il reddito non alto che Albanesi ha dimostrato di percepire, e vista la libertà di parola che ha esercitato mentre altri tacciono, ci viene in mente che forse, più si guadagna e meno si è liberi di esprimersi. Che forse il denaro è un condizionamento della stessa dialettica interna all’organizzazione.
E allora, venendo alla Fai, la domanda sorge spontanea: i nostri segretari regionali della Fai, che battono le mani indistintamente a chiunque sia al potere, quanto guadagnano? Ed i segretari nazionali della Fai quanto guadagnavano quando con Cianfoni condividevano senza batter ciglio la linea dell’unificazione ‘a perdere’ con la Filca voluta da Via Po 21 e poi respinta dal congresso?