Un lungo articolo di Milena Gabanelli e Rita Querzé sul Corriere della Sera di oggi (pagina 17) torna sul tema del salario minimo. Senza sottoscrivere tutte le affermazioni e le ricostruzioni, constatiamo come l’immagine sintetica che ne esce sia chiarissima: l’Italia è il paese che dichiara un tasso di applicazione massimo dei contratti collettivi e quello in cui i salari si sono indeboliti di più negli ultimi decenni. Quindi il problema dei bassi salari è nei contratti collettivi applicati e nella debolezza dei sindacati che li sottoscrivono, non in quelli “pirata” (senza tener conto che a volte il lavoro dei pirati lo fanno direttamente i sindacati confederali).
Per questo, sul salario minimo per legge, riteniamo sbagliate sia le la posizione negazioniste del governo con l’ìmprobabile avallo del Cnel che quelle delle opposizioni, visto che tutti guardano all’estensione dell’efficacia di contratti collettivi sottoscritti da sindacati deboli, dopo averne valutato la maggiore o minore rappresentatività. Ma se il problema è la debolezza dei sindacati, stabilire quali sono un po’ meno deboli degli altri non cambierebbe i rapporti di forza con le controparti al tavolo contrattuale. E quindi i risultati per i rappresentati sarebbero egualmente magri.
Contemporaneamente, negli Stati Uniti è stata raggiunta un’ipotesi di accordo fra il sindacato Uaw e la Ford, poi un’altra con Stellantis, con aumenti e miglioramenti sui quali torneremo quando potremo indicarli con precisione e che non anticipiamo per non fare troppa impressione ai lettori italiani disabituati a certe percentuali. Basti dire che la parola d’ordine degli scioperanti è stato “record profits mean record contract“, quando le imprese fanno profitti record anche gli aumenti salariali devono essere da record. Soprattutto per chi sta in fondo alla scala salariale.
Quindi l’Italia è il paese dove i contratti hanno il massimo di applicazione, e contemporaneamente danno il minimo di risultato per chi lavora. Mentre, contemporaneamente, negli Stati Uniti la forza di un sindacato si traduce in forti aumenti in termini reali.
C’è di che farsi una domanda e darsi una risposta.
Qui sopra il video sull’accordo Ford
Qui sopra il video sull’accordo Stellantis

Qui sopra la raffigurazione della procedura di partecipazione degli iscritti alla decisione finale sulla ratifica dell’accordo.
Eh beh a via Po non interessa la partecipazione agli utili. Troppo difficile e faticoso rivendicare accordi di tale portata. È più semplice raccogliere firme per una imprecisata partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione…
Dimenticavo… Come direbbe Sbarra l’azione dei sindacalisti statunitensi è roba vecchia da fine 900
Passi che contrariamente a molte altre federazioni la femca faccia la sua assemblea organizzativa in un posto triste e isolato. E solo per risparmiare 4 spicci. Un assemblea dove ci verranno a spiegare i successi della femca in questi ultimi anni dove abbiamo perso iscritti e operatori di un certo calibro e dove siamo riusciti a organizzare solo due miseri seminari amministrativo-organizzativi. E di iniziative politiche e di alto profilo nemmeno l’ombra..A tal punto che a parlare di acqua e a metter su convegni su questo argomento ci pensa la Filca con il bravo Enzo Pelle. Una federazione la nostra ormai ai minimi termini sotto tutti i punti di vista. Del resto con la garofalo che ha commissariato il 60 per cento delle strutture non si poteva sperare di meglio.Però se si impegna un altro po’ e ne commissaria un altro 10 o 20 per cento può fare ancor peggio, visto che al peggio non c’è mai fine…Soprattutto nella femca di questi tempi……
Cari amici della femca è inutile che Ve la prendiate tanto con la sicula, anche perché sbarra e la Fumarola hanno paura di Nora perche’ legata alla sinistra cisl… Agli ex tessili e a tutta la galassia che va dal veneto al Piemonte, passando per l’Emilia Romagna. Di fatto e’ intoccabile finche’ a governare la c’e’ lo stradino e la pugliese che se la fanno sotto letteralmente..
Si parla di un accordo preliminare con aumenti medi del 25%.
Un autorevole senatore americano ha commentato così:” Quando i lavoratori si battono contro l’avidità delle aziende vincono “.
Invece il nostro in giro per l’Italia alle assemblee organizzative divenute ormai club privè cui i lavoratori non partecipano e soprattutto non sono coinvolti, propone la solita ricetta teorica cui non segue applicazione pratica: “Bisogna uscire da un modello conflittuale novecentesco e dar vita a relazioni industriali partecipative per redistribuire equamente i profitti- ha aggiunto Sbarra, spiegando che questo “e’ l’orizzonte entro cui si inserisce la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dalla Cisl sulla partecipazione dei lavoratori con la raccolta di firme giunta al rush finale”.