Il lapsus del gerontocrate

Io sono più interessato a parlare di salario massimo che di salario minimo“, ha detto il capo della gerontocrazia di Via Po 21, al festival dell’economia di Trento quando gli hanno chiesto come la pensasse di quella cosa richiesta dai sindacati di tutto il mondo, introdotta con successo in quasi tutti i paesi del mondo occidentale nonché oggetto di una prossima direttiva europea: la fissazione di una regola che impedisca salari da fame vincolandoli per legge al rispetto di una soglia minima.

Interrogato sull’argomento, lui se n’è uscito con un lapsus freudiano: cioè un errore che rivela quel che si ha in mente (anche se non sempre se ne è coscienti) mentre si crede di dire un’altra cosa. Se il “salario minimo” è una soglia al di sotto della quale non si può scendere, il “salario massimo” (e a maggior ragione per chi li metta in contrapposizione nella stessa frase) dovrebbe essere un tetto da non superare. E quindi il segretario generale della Cisl è interessato a discutere di una misura per evitare che i lavoratori guadagnino troppo!

Che la cosa possa non essere solo un equivoco lo lascia pensare anche il richiamo forte fatto dal gerontocrate di Via Po 21 al protocollo del 1993 in occasione della rielezione: protocollo che infatti prevedeva un tetto massimo agli aumenti previsti nel rinnovo dei contratti nazionali in relazione al tasso programmato di inflazione (il protocollo, per la verità, prevedeva anche la contrattazione acquisitiva di aumenti legati alla produttività; ma la generazione dei sindacalisti che in quel protocollo si sono riconosciuti sono stati incapaci di farlo ed oggi non si ricordano nemmeno che avrebbero dovuto farlo).

Né il tetto alla contrattazione era un’esperienza una tantum del 1993, perché tutti gli accordi di concertazione fatti in Italia hanno avuto efficacia nel frenare o bloccare la contrattazione accentrando le decisioni a livello confederale (ricordate il blocco di quella aziendale nel 1983 e nel 1992?) e assai meno nel dargli sviluppo.

Insomma, dal lapsus di Trento viene un’ulteriore conferma che la gerontocrazia di Via Po 21 sa ragionare solo in termini di moderazione salariale: è brava quando ci sono da sacrificare gli interessi rappresentati, è incapace di fare il contrario. Non solo è incapace di farlo, ma si oppone anche al salario minimo, rifiutando di vedere gli effetti positivi che una legge di questo tipo può avere (può, se ben fatta) per tutti, e non solo per chi ne potrebbe beneficiare. Effetti benefici, a quel che ci dicono i sindacati tedeschi, anche sulla forza rappresentativa delle organizzazioni, chiamate a discutere delle retribuzioni effettive e non quelle minime.

Se poi invece dovesse trattarsi di un equivoco, nel senso che i giornalisti hanno riportato male il pensiero dell’autore e lui voleva dire in realtà che le retribuzioni vanno aumentate, allora c’è da riconoscere che quando si tratta di sé e dei suoi colleghi, il dottor Sbarra dell’Anas ha già dimostrato con i fatti che il tetto massimo per lui non esiste.

Ce lo ha rivelato Fausto Scandola (e che lo ha confermato il processo Weiss a Verona): gli stessi sindacalisti che erano bravi a fare una contrattazione concessiva con i salari degli altri, che accettavano tetti massimi e rinunce, e che si opponevano e si oppongono al salario minimo, intanto si attribuivano retribuzioni superiori alle indicazioni massime del regolamento.

Come risulta dagli “Scandola papers”.

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5 Commenti - Scrivi un commento

  1. Nella mia esperienza sindacale non ho mai guardato al salario minimo come priorità, ma oggi con Bonomi in confindustria e lo sfracelo delle sigle confederali penso che sia la sola soluzione per tutelare comunque i lavoratori, specialmente nei nuovi lavori. Da lì partire quindi nelle ridefinizioni dei salari per tutte le categorie e promuovere una seria qualificazione professionale della manodopera che purtroppo per Confindustria VA PAGATA!

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  2. Speriamo che molta gente guardi questa tabella,e che poi ne chiedano conto ai vari sindacalisti che vanno negli uffici e nelle aziende,non tanto e non solo per gli stipendi di questi sindacalisti che sono certamente giusti o anche sotto al giusto per il lavoro che fanno ma per chiederne conto ai tanti portaborse,millantatorie sfaccendati che popolano le sedi sindacali ai vari livelli e ovviamente piu le sedi sono”alte” e piu sono piene di questi furbacchioni che predicano bene e razzzolano male….come ovvio non si possono lanciare accuse senza prove ma la magistratura e l’agenzia delle entrate nonche altre istituzioni dovrebbero indagare a fondo

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  3. osservatore interessato · Edit

    Sino a quando non verranno intaccate seriamente le risorse della cisl continueranno i trattamenti da nababbo di tutta la dirigenza il primo punto di attacco e’ la fnp la maggioranza degli iscritti proviene spesso inconsapevolmente dai servizi e dall’anteas di cui non e’ chiara la missione se non di assicurare un sereno passaggio dalla categoria dove ancora vige un limite all’eta ad una struttura del sereno tempo libero
    La fnp non ha piu’ ragione di essere i pensionati possono rimanere legati alla categoria di appartenenza e i servizi non debbono surrettiziamente garantire l’iscrizione In questo modo le risorse della fnp si ridurranno in modo consistente

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    1. Mi permetto di ricordare ad onore della Storia che quando la Fisba di Gorini sollevò il problema fin dai primi anni ’90, Gorini e i suoi leali collaboratori (meno alcuni segretari al Sud e lo stesso Brancato che era il segretario generale) si defilarono.
      Il tengo famiglia ha generato sempre un esercito di eroi del giorno dopo. Le altre Categorie e tutti i livelli orizzontali insultarono la Fisba e i suoi Dirigenti perché la FNP serviva per vincere i Congressi a tavolino. Lì cominciò il decadimento politico della Cisl e del sindacalismo italiano. Oggi si piange per il latte versato !

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