Offriamo ai nostri lettori la traduzione del comunicato stampa con cui l’archivio contrattuale del WSI, istituto di ricerche economiche legato alla fondazione Hans Boeckler (cioè ai sindacati del Dgb) rende conto dell’andamento delle retribuzioni contrattuali in Germania nell’anno che sta per finire.
Il dato fondamentale è che, diversamente dal passato, quest’anno gli aumenti previsti sono inferiori al tasso di inflazione, per cui si registra una perdita del potere d’acquisto.
Secondo Thorsten Schulten, il professore che dirige l’archivio contrattuale autore come ogni anno della ricerca, non ci sono motivi per ritenere che questo dato segni un’autentica inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi, quando gli aumenti contrattuali avevano superato o almeno compensato l’aumento dei prezzi. Le ragioni della crescita dell’inflazione, per Schulten, sono in buona misura contingenti, e nei prossimi anni si dovrebbe tornare ad aumenti salariali non inferiori all’aumento dei prezzi.
Guardando all’Italia, speriamo che sulla transitorietà dell’inflazione abbia ragione il professore. Perché in Germania dove i contratti si rinnovano regolarmente (e non dopo dieci anni, come un paio dei contratti della Fai rinnovati in questi giorni) e dove per chi non ha il contratto c’è un aumento del salario minimo per legge in maniera costante (partito da 8,50 lordi nel 2015, oggi vale 9,60, a gennaio verrà portato a 9,82 ed a luglio a 10,45; ma il nuovo governo ha già in programma di portarlo a 12) ci sono gli strumenti per recuperare domani il potere di acquisto perso oggi.
In Italia, dove non abbiamo più la scala mobile del passato e oggi non abbiamo né il rinnovo frequente dei contratti (in Germania un ciclo quadriennale è impensabile) né il rinnovo puntuale (un paio di contratti nazionali della Fai in questi giorni sono stati rinnovati dopo dieci anni e più dal precedente) né il salario minimo per legge, né sindacati capaci di difendere le retribuzioni (ecco perché preferiscono avere che fare con il governo e fare mobilitazioni generali; perché è più facile, sia che si scioperi o no), un’inflazione non transitoria vorrebbe dire un ulteriore indebolimento dei redditi di chi vive del proprio lavoro.
Speriamo bene.
il9marzo.it
I salari contrattuali crescono dell’1,7% – I bonus legati alla pandemia riducono la perdita del potere d’acquisto dovuta all’aumento del tasso di inflazione (Traduzione del comunicato stampa del 9.12.2021 del WSI-Tarifarchiv)
I salari contrattuali nel 2021 in Germania sono cresciuti mediamente dell’1,7% rispetto all’anno precedente (v. allegato 1). È quanto emerge dal bilancio annuale provvisorio dell’archivio contrattuale presso l’istituto WSI della fondazione Hans Böckler. A fronte di un aumento atteso dei prezzi al consumo complessivo del 3,1% per l’anno 2021, ne risulterebbe una forte ed inconsueta perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni pari all’1,4%. Tuttavia, in molti settori contrattuali la perdita del potere di acquisto risulta in parte contenuta dal pagamento di speciali bonus-coronavirus esenti da tasse e contributi. Il risparmio in termini fiscali che ne deriva è molto diverso dal punto di vista individuale in base a reddito, dimensioni familiari e scaglione, per cui non è stato possibile prenderlo in considerazione nel calcolo dell’archivio contrattuale del WSI. L’andamento della retribuzione contrattuale potrebbe comunque risultare per molti più favorevole di quanto non indichi il valore medio. Complessivamente, i gruppi di reddito più bassi beneficiano in maniera particolarmente forte dei bonus coronavirus.
Nel 2021 sono stati rinnovati i contratti salariali per più di 12 milioni di occupati. Per altri sei milioni sono entrati in vigore aumenti che erano stati concordati nel 2020 o prima. I contratti salariali più vecchi prevedono in media aumenti pari al 2,0%, un po’ più alti dei nuovi accordi del 2021, per i quali l’aumento salariale medio è attorno all’1,5%. La crescita complessiva che ne deriva, attorno all’1,7%, resta un po’ al di sotto rispetto all’anno precedente (nel 2020 era stata del 2,0%) ed è nettamente inferiore a quella del boom negli anni 2018 e 2019 (rispettivamente 3,0% e 2,9%; v. allegato 2).
In molti contratti di settore nel 2021 si è preferito rinunciare ad un aumento percentuale del salario contrattuale e, al suo posto, è stato concordato un bonus coronavirus che oscilla fra 90 eur. nell’industria dolciaria ed i 1.300 eur. per il pubblico impiego nei territori federali (v. allegato 1). In base ad una norma speciale a termine introdotta nella legge sulla tassazione dei redditi (§3, 11a), fino a marzo del 2022 su questi bonus non si pagano tasse né contributi.
„La tornata contrattuale 2021 è stata, come già quella precedente, segnata dalle incognite sull’andamento della pandemia di coronavirus e dalle connesse incertezze sul piano economico“, afferma il capo dell’archivio contrattuale dell’istituto WSI-Tarifarchivs, prof. Thorsten Schulten. „Come risultato, ne consegue un aumento dei salari contrattuali piuttosto moderato. Mentre nel 2020 gli occupati, grazie ad un tasso di inflazione allora molto basso, avevano potuto registrare un forte aumento del salario reale, quest’anno per la prima volta da molto tempo gli alti tassi di inflazione tornano a superare nettamente gli aumenti del salario contrattuale“. Ad opinione di Schulten „gli alti tassi d’inflazione nella seconda metà del 2021 sono da riportare ad una serie di effetti particolari come il venir meno del taglio provvisorio dell’imposta sul valore aggiunto, la risalita dei prezzi dell’energia in precedenza fortemente scesi e le strozzature createsi nella catena internazionale delle forniture. Per il 2022 è probabilmente da attendersi un ritorno alla normalità per i prezzi, mentre i salari contrattuali potrebbero tornare a crescere con più forza. Del fantasma di una spirale salari-prezzi, che alcuni dipingono per fare paura, non si trova nei numeri delle retribuzioni contrattuali alcun fondamento“, dice l’esperto di contrattazione.