Sono certa che con questa convenzione inizi un nuovo percorso nella storia delle nostre relazioni industriali che negli anni hanno permesso di migliorare le condizioni di milioni di lavoratori e aziende. Un percorso che vedrà fra i suoi punti d’arrivo l’emanazione di una legge sulla rappresentanza sindacale che attui – per la prima volta nella storia – la seconda parte dell’art. 39 della Costituzione, indispensabile per inverare il principio dell’eguaglianza sostanziale e realizzare pienamente la previsione di una Repubblica fondata sul lavoro.
Con queste parole il ministro del lavoro, Nunzia Catalfo, ha accompagnato ieri la firma della convenzione con l’Inps per la misurazione della rappresentatività dei sindacati come premessa ad una legge che darà applicazione ad alcune parti dell’articolo 39 della Costituzione.
Si confermando così quel che noi avevamo scritto più volte fin dal gennaio 2016 quando abbiamo accusato Via Po 21 di tradimento per aver accettato quel che la Cisl di Pastore, Storti, Macario, Carniti e tutti gli altri aveva sempre rifiutato: l’applicazione legislativa dei meccanismi previsti da quell’articolo.
Sul perché quello che oggi si accetta è un tradimento – o, se si preferisce, una vittoria della linea delle altre organizzazioni sia sindacali che datoriali ed una sconfitta della posizione che aveva la Cisl quando era la Cisl – è inutile spendere troppe parole: chi si ricorda quella battaglia lo sa, chi non ne ha memoria può credere a qualsiasi tiritera venga raccontata da Via Po 21 e dai suoi mediocri intellettuali a gettone.
Più importante è richiamare un’altra cosa, ancora più grave dello stesso tradimento. La Costituzione infatti accompagna il tema dell’efficacia generale dei contratti a quello della democrazia interna. Siccome il potere di stipulare contratti con efficacia analoga a quella di legge è, appunto, un potere, è necessario che chi lo esercita non possa agire in maniera arbitraria. Ecco che la Costituzione dice allora che per stipulare i contratti “erga omnes” i sindacati devono essere registrati, devono depositare gli statuti, questi statuti devono prevedere regole democratiche interne, quindi devono fra le altre cose garantire i diritti dei singoli iscritti e la libertà delle minoranze.
Invece, col percorso disegnato dalle organizzazioni della quadruplice Cgil-Cisl-Uil-Confindustria per arrivare all’applicazione legislativa ora indicata come obiettivo dal ministro del lavoro in carica, si prevede di dare alle organizzazioni sindacali il potere di decidere per tutti senza rispettare l’obbligo di democrazia interna e senza sottoporsi ai controlli necessari. Si prende della Costituzione ciò che è nel proprio interesse e si espunge quello che dà fastidio.
Ecco perché quello di Via Po 21 è anche peggio di un tradimento: non solo si rinuncia ad una posizione che ha rappresentato un punto di partenza per la costruzione dell’indentità culturale della Cisl, ma lo si fa in modo da poter continuare a governare l’organizzazione in maniera arbitraria e proterva. In modo da poter commissariare una federazione dissidente, come è successo alla Fai dopo il voto del suo congresso, in dispregio della garanzia del dissenso; in modo da poter espellere chi chiede il rispetto delle regole, come con Fausto Scandola; in modo da non dover rendere conto di come si usano i soldi degli iscritti, magari per discutibili operazioni come Aletheia; in modo da poter usare gli enti bilaterali nel proprio interesse e non in quello di chi paga i contributi per mantenerli.