Segnalazioni

Oggi segnaliamo alcuni contributi, originali o ripresi da altri siti, che ospitiamo sul “secondo 9 marzo”, il blog nato da uno sviluppo del ‘9 marzo’ e dedicato al dibattito sui temi di attualità

L’ultimo tema di attualità è la ripresa del dibattito sul jobs act, e su tutta la politica di diritto del lavoro degli ultimi anni, a causa dei referendum promossi dalla Cgil. Su questo tema abbiamo pubblicato due interventi di orientamento opposto:

Il jobs act e altri disastri (di Luigi Viggiano) addebita al ‘combinato disposto’ delle riforme degli ultimi anni effetti depressivi sul lavoro.

Per il professor Pietro Ichino, dal cui sito riprendiamo un contributo esplicativo sui referendum della Cgil, il rischio è invece quello di compromettere i risultati, che lui considera positivi, degli ultimi anni.

Il tema del referendum, e della vittoria del No, è oggetto di una breve analisi di Giovanni Graziani (Per fare un tavolo) secondo cui la riforma è fallita perché gli autori hanno sottovalutato il dato di fatto che ogni costituzione è fatta innanzitutto del consenso che costituisce la base comune riconosciuta dai cittadini e dai soggetti politici, prima ancora che da regole più o meno condivisibili.

Dello stesso autore, segnaliamo un intervento (Due problemi diversi) che critica l’opinione secondo cui solo una legge sulla rappresentanza sindacale può portare trasparenza sulle iscrizioni alle organizzazioni.

Il post Salari in Europa: santa deflazione? è una molto sintetica presentazione dei dati di un’indagine della fondazione Hans Böckler sul potere d’acquisto delle retribuzioni in Europa, che cresce ma solo grazie all’assenza di inflazione. E che nel nostro paese non cresce neanche così.

Segnaliamo infine due bei contributi che riprendiamo dal sito sindacalmente.org: uno di Giovanni Avonto dedicato all’offerta culturale prodotta dalla Cisl, che semplicemente non c’è (al di là, aggiungiamo noi, dell’appalto di tutti gli strumenti ad una persona sola) ed un altro di Mario Dellacqua che legge in maniera critica il libro di Marco Bentivogli.

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9 Commenti - Scrivi un commento

  1. Certo pero avreste dovuto notare che la produzione di contenuto della fondazione tarantelli si e’ sviluppata, peraltro con il contributo di importanti ex dirigenti del vostro settore… da voi spesso bistrattati…

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    1. Intendi dire Uliano Stendardi? Se è lui non credo che sia stato “bistrattato” più di chi ora è stato privato di stipendio e dignità. E nessuno era andato in giro a calunniarlo per giustificare l’ingiustificabile.
      Perché il “nostro settore” non aveva mai schiacciato i perdenti, che hanno sempre salvato la faccia e tutto il resto. Perfino il povero Franco Matafù, quando perse, fu comunque salvato e ricollocato.
      Invece ora c’è chi ha perso il congresso all’Ergife ma poi ha usato i carri armati del commissariamento per schiacciare i vincenti. Tipo piazza Tien An Men.

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  2. Sarà, io ricordo una mostra sulla storia che portò alla Fai (ho scritto Fai, non Fisba) in cui qualsiasi foto o riferimento a Uliano era stato cancellato. Un po’ come quando il Pds si invento una mostra sul passaggio da Pcia Pds Ds senza mai far apparire Achille Occhetto, se non di spalle…

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    1. un anonimo Fai ex Fisba · Edit

      Se la storia la fanno le mostre, forse hai ragione. Anche se io non ricordo mostre sulla storia della Fai, eppure l’ho frequentata parecchio in questi anni. Mentre non ho frequentato né il Pci, né il Pds, né i Ds e neanche il Pd.
      A differenza, forse, di chi ha un nome di battesimo che è un omaggio a Vladimir Ilic Ulianov, più noto come Lenin.
      D’altra parte, in quella famiglia politica, la tradizione non era solo quella di eliminare i perdenti dalle foto, cosa che hanno inventato loro, ma era anche quella di eliminarli fisicamente col piccone. Un po’ come ha fatto Carlo Biffi-Mercader su ordine di Stalin-Sbarra, eliminando Gorini dalla Cisl a colpi di piccone-lodi arbitrali.
      Che è una fine un po’ peggiore dell’esser stato omesso dalle immagini di una mostra. Se questa mostra c’è mai stata. E se l’omissione delle immagini di Uliano dovesse essere stata responsabilità degli ex Fisba e non anche degli ex Fat che sono stati goriniani quando comandava Gorini, poi cianfoniani quando comandava Cianfoni e oggi sono sbarriani con Sbarra (come, mi par di capire, è oggi lo stesso Uliano). Tutti già pronti ad essere qualsiasi altra cosa domani, quando comanderà qualcun altro.
      Sempre se la Fai ci sarà ancora

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  3. Hai ragione non ricordo se era una mostra o una pubblicazione.
    Comunque non fa differenza.
    Su Uliano ti ricordo che fu l’unico praticamente ad opporsi con voto contrario a Dantoni quando uso la CIsl per Democrazia Europea (altri pallidi si astennero).
    Pagò prezzi carissimi.
    Ti sconsiglio di accomunarlo a chicchesia.

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    1. un anonimo Fai ex Fisba · Edit

      Io non accetto i tuoi consigli.
      E siccome sei tu che hai sollevato la questione, ti chiedo di sapere in quale occasione, mostra o pubblicazione che sia, è stato fatto torto a Uliano Stendardi, e da chi, cancellandolo dalla storia della Fai, perché io non ricordo né mostre né pubblicazioni. E ti chiedo se a rappresentare l’eredità della Fat dentro alla Fai doveva essere chi veniva dalla Fisba o altri che erano venuti dalla Fat, alcuni dei quali sono sopravvissuti fino ad oggi, maestri nell’arte del passare indenni da un regime ad un altro.
      Quanto a Democrazia europea, vorrei sapere quando mai nella Cisl o nella Fai è stata votata l’adesione a questo progetto politico, cosa che a me non risulta, per cui non mi risultano né voti contrari né astensioni. Così come non mi risulta che la Cisl di Pezzotta né la Fai di Gorini abbiano fatto campagna elettorale per D’Antoni nel 2001, perché me ne sarei accorto.
      E poi, scusa se vado sul personale, ma quali “prezzi carissimi” ha pagato Uliano per essersi opposto a Democrazia europea? Nel 2001, quando il partito di D’Antoni si presenta alle elezioni, lui condivide con Gorini l’operazione al congresso di Parma che conferma lui come generale aggiunto della Fai mentre vengono fatti fuori i dantoniani Matafù e Carbone, ex Fisba entrambi. E quando esce dalla Fai, nel 2005, passa alla confederazione, dove resta senza problemi anche quando tornano i dantoniani al seguito di Bonanni.
      A questo punto sono io che ti sconsiglio dall’accostare questa storia a quella di un Maurizio Ori, licenziato con effetto immediato nei giorni fra Natale e Capodanno di due anni fa, per aver chiesto il rispetto delle regole nella votazione sullo scioglimento della Fai; o a quella di un Giampiero Bianchi, che ha vissuto un anno e mezzo di disoccupazione, padre vedovo con tre figlie a carico, licenziato da Sbarra (da sempre nemico di Gorini e oggi molto amico di Stendardi) con l’accusa di aver esultato pubblicamente alla notizia delle dimissioni di Bonanni dicendo “finalmente la Cisl è libera”.
      Questi sì che sono stati “prezzi carissimi”!
      Pronto a darti comunque ragione su mostre/pubblicazioni e su Democrazia europea se mi citi fatti e circostanze precise e dimostrate. E con nomi e cognomi, perché dire “altri” non vuol dire nulla.
      E pronto, se ritieni, ad aprire una discussione sui debiti che aveva la Fat quando ha accettato la fusione, fino ad allora sempre sdegnosamente rifiutata, con la Fisba.

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  4. A proposito di svendita delle aziende italiane ecco un recente esempio:
    Leonardo-Finmeccanica e lo sconto all’impresa che ora va ai Renzi boys
    Leonardo-Finmeccanica ha venduto per 100 mila euro un’azienda redditizia ad Ads, di cui è vicepresidente Chicco Testa, senza considerare un’offerta da 700.000
    Un socio della famiglia Renzi, Luigi Dagostino, un quasi ministro del governo Renzi, Chicco Testa, e i figli di un amico di Licio Gelli: Andrea e Amedeo Moretti. Ecco da chi è composta la cordata che oltre a comprare in questi giorni Ads (120 milioni di fatturato nell’informatica) e oltre a puntare domani a Vitrociset (fattura 160 milioni controllando il traffico aereo e le reti delle forze di polizia) beneficerà ora dei profitti di un ramo d’azienda venduto alla Ads nel 2015, quando loro non erano nella Ads, a un prezzo stracciato da Finmeccanica.
    Selex, società controllata da Finmeccanica o meglio Leonardo, come si chiama ora la società controllata dal Tesoro, ha venduto con atto notarile il 1° dicembre 2015 per 100 mila euro il ramo di azienda Ants alla società Ads di Pomezia. Già il 5 novembre era stato siglato l’accordo privato tra le due società ma il 9 novembre 2015 (quindi quattro giorni dopo la firma dell’accordo privato e 22 giorni prima l’atto pubblico davanti al notaio) un manager interno al ramo d’azienda in via di cessione propone con una lettera inviata all’amministratore delegato di Leonardo Mauro Moretti, oltre che ai vertici di Selex Es, di comprare lui a 700 mila euro il ramo della sua azienda mediante la formula del management buy out. Per conto di Selex Es, proprio l’attuale dirigente del settore in Leonardo, Andrea Biraghi, risponde il 19 novembre che Selex aveva già firmato con altri accordi “vincolanti”. Poteva Selex svincolarsi da quel contratto tra privati del 5 novembre non ancora firmato davanti al notaio? Poteva chiedere un rialzo fino a 700 mila euro ad Ads?
    Sono questioni tecniche sulle quali però Moretti e Renzi dovrebbero dare una risposta ai cittadini che pagano le tasse. Il ramo d’azienda denominato Ants (Aautomatic network service test systems) fatturava circa 4 milioni di euro vendendo un prodotto di nicchia mirato al controllo della qualità delle reti telefoniche in tutto il mondo. Anche se oggi al Fatto gli acquirenti dicono: “Ants fattura solo 2 milioni” (Pietro Biscu) oppure “vale zero” (Luigi Dagostino), siamo sicuri che il prezzo fosse giusto? Dubbi che devono avere risposte soprattutto se si vede il destino successivo di Ads. All’epoca era controllata dalla famiglia Emiliani e dall’amministratore Pietro Biscu. Domani a beneficiare dei possibili profitti derivanti da quel ramo d’azienda potrebbero essere i soci entrati o entranti, che magari per un caso sono amici di Matteo o Tiziano Renzi.
    Ads dal 1° aprile 2016 (cinque mesi dopo l‘a cessione’acquisto di Ans) ha come vicepresidente Chicco Testa, quasi ministro dello Sviluppo (e già socio nel 2014, sempre con una quota del 5 per cento, del famoso Marco Carrai, nella C&T Crossmedia) mentre soci, sempre da aprile con un 5 per cento in Ads, sono i suoi due figli Federico e Filippo Testa. La quota di controllo di Ads, azienda che è stata visitata a marzo da Renzi a braccetto con Testa, sta per essere comprata dalla Damo Investments Srl, controllata a sua volta con il 65 per cento da Luigi Dagostino, immobiliarista e re degli outlet di lusso come il The mall di Reggello. Proprio per fare eventi e marketing negli outlet, Dagostino ha creato due anni fa la società Party Srl con i genitori di Renzi che pochi mesi fa è stata messa in liquidazione.
    Damo Investments è stata costituita a Firenze il 21 ottobre e ha come amministratore unico e socio al 65 per cento, come detto, Luigi Dagostino. Il restante 35 per cento appartiene alla società Pl Retail Spa, controllata da una società con base a Londra che ora è intestata a una quarantenne di nome Chiara Paghera ma che aveva come director Andrea Moretti, socio di Dagostino nella costruzione degli outlet e figlio di Antonio Moretti, un importante imprenditore che ora si occupa di vino ma che in passato era attivo nell’immobiliare e nella moda. Antonio Moretti, secondo il Corriere della Sera, era uno dei pochi aretini che ha avuto il coraggio di farsi vedere per salutare il defunto Licio Gelli un anno fa, e figurava negli anni settanta nelle carte del caso P2 perché chiese di entrare nella loggia segreta, senza risposta. Secondo lo stesso Dagostino dietro la Pl Retail c’è la famiglia Moretti e in consiglio di amministrazione di Ads dovrebbe entrare il fratello minore di Andrea, Amedeo.

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  5. La risposta precedente e’ allucinante. Ci mancherebbe che in cisl o in fisba fosse stata votata ufficialmente l’adesione a democrazia europea. Ma chi vuoi prendere in giro? Non potete su qualsiasi persona che prova a interlocuire ritirare fuori vicende dolorosa ma che nob c’entrano nulla come un disco rotto. Sai benissimo che la fisba si e’ mangiata la fat ne ha cancellato la storia e non solo nelle pubblicazioni rievocative che, ti confermo ci sono state. Cancellando l’altro a livello individuale e collettivo. Sui debiti non so. In una fusione comunque e’ normale farsene carico senza far pagare automatici prezzi politici. Il sindacato non e’ una holding.

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    1. un anonimo Fai ex Fisba · Edit

      Se è allucinante la mia risposta, lo è anche, a maggior ragione, l’affermazione cui era rivolta, e cioè che su Democrazia europea Stendardi avrebbe votato contro, e altri si sarebbero astenuti, pagando solo lui prezzi carissimi per il suo coraggio. A meno che il prezzo carissimo non fosse il fatto di essere eletto segretario generale aggiunto a Parma nel 2001, anno delle elezioni con Democrazia europea, mentre Gorini faceva fuori dalla segreteria i dantoniani Carbone e Matafù.
      Ma vedo che tu ricordi quello che ricordo anch’io, e cioè che non ci fu alcun voto. Ergo, non ha senso dire che Uliano ha pagato qualcosa per aver votato contro.
      E non è di buon gusto dire che lui ha pagato prezzi carissimi a fronte di quel che hanno pagato i licenziati per ritorsione nel 2014. Che non mi risulta, ma forse sono male informato, abbiano avuto grande solidarietà umana da Uliano. Il quale avrà le sue ragioni politiche per stare oggi dalla parte di chi li ha licenziati, ma questo non autorizza te e gli altri a dipingerlo come una sorta di vittima del sistema. E quindi a dipingere Sbarra come vendicatore dei torti subiti.
      Se poi la Fisba si è mangiata la Fat, cosa che possono concedere sotto molti punti di vista ma non tutti, ciò non toglie che questo non ha impedito a molti ex Fat di conservare lo stipendio e spesso le funzioni. Forse sono loro che hanno pensato più a salvare sé stessi che la memoria della Fat, cosa che non poteva competere a Gorini o agli altri ex Fisba. Se Uliano invece è dovuto uscire dalla Fai, anche queste sono cose, al pari dei debiti da pagare, che capitano nelle fusioni, soprattutto se il numero degli iscritti è un po’ diverso. Al limite può dispiacermi per lui. O meglio, mi poteva dispiacere prima che qualcuno aprisse questa polemica su di lui, che mi ricorda il titolo di quella telenovela: ‘Anche i ricchi piangono’.
      Rinnovo inoltre la richiesta di sapere in quale pubblicazione è stato censurato Uliano Stendardi, perché finora tu te le ricordi e io no, ma l’onere della prova spetta a chi afferma e non a chi nega. Quindi per ora ho ragione io, fino alla prova del contrario.
      Quanto ai debiti, ti lascio la convinzione che hai, e che non è la mia. Do comunque atto alla Fat di non aver avuto le pretese della Filca, quella che diceva “voi ci mettete i soldi, noi in cambio ci prendiamo tutti i posti di comando perché siamo amici di Bonanni”.

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