La Fp potrebbe avere 50mila iscritti in meno di quel che dichiara. Non lo diciamo noi, lo ha scritto (senza provocare particolari reazioni né smentite ufficiali) Enrico Marro la settimana scorsa sul Corriere della Sera, peraltro citando come fonte la stessa Fp. Che dunque dichiara 309mila iscritti, ma potrebbero averne in realtà 259mila, o giù di lì. Uno su sei non esiste(rebbe). E siccome una metà degli iscritti Fp è certificata dall’Aran attraverso la trattenuta della quota sindacale, i cinquantamila inesistenti sono (sarebbero) addirittura un terzo di quelli non certificati.
Quindi, se ci fossero altre federazioni con la stessa proporzione di iscritti in più rispetto al reale, siccome non sono certificate, avremmo che un iscritto su tre non esiste(rebbe) . E i numeri della Cisl nel suo complesso andrebbero rivisiti al ribasso.
E che le cose potrebbero stare proprio così lo si ricava dallo stesso articolo di Enrico Marro: il solitamente ben informato giornalista ha infatti raccontato di una lettera inviata a Via Po 21 da Giovanni Faverin, il dominus della Fp, quello che ha rifiutato di lasciare il suo posto di numero uno della sua federazione in cambio di una collocazione nel giardinetto confederale a fare il nanetto di Biancaneve (“meglio primo in un villaggio che secondo a Roma”, come diceva Giulio Cesare).


Il succo della missiva (a proposito di missive e di Poste, i “moralisti anonimi” lavorano a pieno ritmo, e stanno arrivando nuove lettere piene di accuse contro questo e contro quella, ma senza nomi in fondo ad assumersene la responsabilità) il succo della missiva, dicevamo, di “Giulio Cesare” Faverin alla signora Anna Maria “Biancaneve” Furlan è quello di dire: la Fp ha la metà degli iscritti certificati dall’Aran ed i bilanci certificati da una società esterna, altre federazioni non hanno mai certificato nulla e quindi non prendo lezioni da te e dalle a te fedeli. Tanto più che col mio tesseramento, fa notare Giulio Cesare a Biancaneve, passo alla confederazione più soldi di chiunque altro (ma un vero gentiluomo non dovrebbe rinfacciare ad una vera signora i soldi spesi per lei…).
In poche parole, è guerra precongressuale fra Faverin (che si mostra sicuro di essere rieletto dal suo congresso ed ha rifiutato lo scambio con Petriccioli tipo “ponte delle spie” a Berlino), e la signora Anna Maria, che sta mandando le verifiche in tutte le strutture per poter colpire i nemici e nascondere la monnezza degli amici “a lei fedeli” sotto il tappeto del codice etico. Solo che lo scontro non è sulla linea politica (che non c’è e quindi non può diventare oggetto di scontro), ma sul tesseramento.
Teoricamente, la signora Anna Maria ha in mano le carte per vincere questa mano, perché se il tesseramento della Fp è veramente gonfiato può scattare il commissariamento (stavolta perfino in maniera legittima, mica come per la Fai…).
Solo che “Giulio Cesare” Faverin non è mica uno che batte le mani al commissariamento come hanno fatto troppi nella Fai aprendo le porte e i portoni allo straniero e pensando solo a salvare il proprio strapuntino. Lui contrattacca con piglio da vero generale, per dimostrare così che la signora Anna Maria ha le mani legate e non può andare allo scontro perché le federazioni “a lei fedeli”di certificazione non ne hanno alcuna, né per gli iscritti né per i bilanci (a proposito, che ne è stato dell’accordo, naturalmente annunciato come “storico” sulla certificazione della rappresentanza anche nel settore privato, per cui si disse che ogni problema era risolto?)
Ma a chi si riferisce Faverin quando dice che altre federazioni hanno forme di tesseramento low cost poco trasparenti, e che “per contare non basta dare i numeri, bisogna dare i numeri giusti”? Alla Fisascat? Alla Filca? Alla stessa Fai? Facciamo questi tre nomi solo perché si tratta di tre federazioni che, nella mappa precongressuale, sono allineate a Via Po 21. Ed è presumibile che “Giulio Cesare” Faverin, da buon generale, attacchi il nemico e non gli amici (anche se le sue legioni forse sono meno numerose di quel che sembrava). E non sfugge a nessuno che si tratta della stessa strategia seguita in Campania da Lina Lucci, che aveva sollevato alcuni problemi che potrebbero riguardare la Filca della sua regione.
Insomma, la confusione è grande, e i numeri per il congresso non sono certi. L’unica cosa certa è che i “moralisti anonimi” continuano a scrivere lettere con accuse contro questo e contro quella, ma scordando sempre di mettere il proprio nome per assumersene la responsabilità.
Ma non c’è da stupirsi, anzi. Questa situazione, che è grave ma non seria, è il frutto necessario del quadro descritto il 13 aprile 2015 nella lettera al segretario generale della Cisl di un signore chiamato Fausto Scandola (che non era un moralista, ma un bravo sindacalista. E soprattutto non era anonimo).
Di tutto questo non ti sei accorta, troppo integrata e interessata al mantenimento del sistema. Cara segretaria, ti consiglio di dimetterti con urgenza.
La dirigenza della Cisl ebbe quella lettera, ma fece finta di niente, mentre la Cisl-Probiviri espelleva Fausto per lesa maestà. Ma oggi il dilemma della Cisl è lo stesso: può fare pulizia chi è parte integrante del “sistema” fin dalle origini? E quindi, può uscire fuori un congresso di svolta se non si fa chiarezza su tutto, quindi anche sulla signora che dice di far pulizia a Via Po 21 e palazzi circostanti? Si può celebrare un congresso se non c’è certezza sui numeri e i rapporti di forza, dopo che per anni la dialettica interna, invece che dagli organismi democratici, è passata dal sistema maleodorante delle lettere anonime?
Per noi, l’unica strada è fare chiarezza. E allora invitiamo tutti a raccontare, con gli strumenti che ritengono, quello che sanno sul tesseramento delle varie federazioni, furlaniane o antifurlaniane che siano. Questo blog, per chi volesse, è a disposizione.
Astenersi diffusori di pettegolezzi anonimi, interessatissimi a fatti e idee nuove.
Ho letto ieri che l’Ex presidente del Consiglio Renzi faceva notare che il suo stipendio era inferiore a quello del Sindaco di Roma evidentemente non conosce (e mi sembra molto strano) quelli dei dirigenti Cisl che in qualche caso superano anche il Presidente Usa e non mi riferisco a Trump che ci ha rinunciato .
Con che faccia si presentano al congresso quando hanno gli armadi pieni di scheletri.
Il dato dei tesserati FP e’ noto, anzi notissimo e certificato, nonostante i proclami noiosi nel tono e ripetitivi nei contenuti di Faverin che ha sempre esaltato i successi suoi e dei suoi epigoni. Sono stati pubblicati anche sui giornali. Suona strano che il mago dei commissariamenti adesso si oppongo a quello legittimo della sua federazione. hi di spada ferisce di spada perisce…
nessuno Parla del Segretario della Cisl Padova Rovigo, che a suo tempo prima di essere eletto ha portato a Roma in giornata, un faldone con tutte le carte della Cisl, consegnato nella mani della Ventura, e che il biglietto è stato comprato a nome di un pensionato scelto da Rota per coprire le tracce?
Noi, per costume, parliamo delle cose che sappiamo. Se tu ne sai qualcosa, e magari puoi spiegare meglio la storia, hai questo spazio a disposizione, così come ce l’hanno le persone alle quali ti riferisci se vogliono raccontare la loro versione.
In tema di numeri truccati,si può affermare,senza temere di essere smentiti,che la FAI è una di quelle categorie,che con FISASCAT e FILCA in particolare,ha il tesseramento più “gonfiato” in assoluto. Non avendo mai applicato,ne la Confederazione e tantomeno la Federazione,la regola della certificazione (ovviamente non sono suicidi nonostante i proclami forti quanto falsi circa la trasparenza e le “case di vetro”), infatti, specialmente nelle regioni meridionali, oltre i due terzi degli iscritti dichiarati vengono definiti in modo assolutamente fittizio e gli interessati ovviamente non sanno di esserlo. Si potrebbe entrare nei dettagli dei vari artifici posti in essere per realizzare le iscrizioni ed estorcere le trattenute (aziendali o attraverso delega INPS) ai malcapitati lavoratori nei vari ambiti e/o nelle varie realtà territoriali. Per il momento ed in questa sede si limita la denuncia a quanto sopra, anche per intuibili esigenze di anonimato necessario in questa fase, tanto gli “addetti ai lavori” sanno che le presenti affermazioni sono semplicemente vere, e sappiano, gli “addetti ai lavori”, che al momento che si riterrà opportuno, la situazione qui descritta sommariamente, sarà dettagliata, sottoscritta e resa pubblica
Sottoscrivo tutto quanto detto dall’anonimo anzi dico che quello che ha detto è solo la punta dell’iceberg perché gli edili dove li mettiamo? e per rimanere alla regione della postina lo sapete che esistono più pescatori che pesci in Liguria ? avete idea di quanti pensionati che sono iscritti senza neanche saperlo? E pooi tutti i poveri precari che lavorano come schiavi dove li mettiamo? sapete che si tratta di migliaia di persone in tutt’Italia.?
Altro che “la società dei magnaccioni” qui siamo al sindacato dei ladroni.
Ho scritto nel passato in questo blog Faverin che cerca la sponda con la fin ha causato un disastro nella sua gestione la f.P ha dimezzato gli ISCRITTI da 300000 circa è passato a 150000 la scuola primo sindacato cisl P.i. di che cosa stiamo parlando guardare bilancio 2015 MENO 340000 dal 2014 deve tornare a lavorare al suo ospedale a 20000€all’anno come noi poveri mortali è non 80000 è oltre. Cari amici se la confederazione non riesce a commissariare la f.P mi impegnerò con tutte le mie forze e insieme ad altri molti altri a rimandarlo a lavorare. SIG.faverini ci vediamo al congresso….
che gli iscritti dichiarati sono falsi qualche hanno fa l’ha dimostrato proprio un sindacato certo oggi i dati andrebbero aggiornati in peggio naturalmente per chi fosse curioso basta leggere.
Confederazione Sindacati Autonomi Lavoratori
QUANTI SONO GLI ISCRITTI AL SINDACATO IN ITALIA?
Sono oltre 3 milioni quelli fantasma
Alcuni numeri
Quando la stampa e gli enti di studio e di ricerca nazionali e internazionali vogliono illustrare degli articoli sui temi del lavoro e sui sindacati in Italia danno in
genere la cifra complessiva di 14,8 milioni, somma degli iscritti dichiarati da Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Questa cifra è, a oggi, quella ritenuta ufficiale. Ma è una cifra
sbagliata per due motivi: anzitutto, non tiene conto di altre forze sindacali esistenti che, se in parte sono numerose e di piccole dimensioni, in parte si sono
irrobustite e organizzate diventando vere e proprie confederazioni. E’ il caso della Confsal che oggi presenta i dati sulla consistenza della propria
rappresentanza e rappresentatività. Il secondo motivo per cui la cifra è sbagliata è che, procedendo a un semplice ragionamento con i dati certi di cui
disponiamo, a cominciare da quelle degli iscritti ufficialmente dichiarati, i conti non tornano, e non di poco: si tratta di oltre 3 milioni di iscritti in più,
limitandoci a considerare le 5 confederazioni Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confsal. Vediamo.
Iscritti dichiarati dalle 5 confederazioni (2010)
CGIL 5.748.269
CISL 4.542.354
UGL 2.377.529
UIL 2.184.911
CONFSAL 1.818.245
TOTALE 16.671.308
PARZIALE
Altri sindacati 3.176.639
TOTALE REALE
Allegato 1
2
non inferiore a 20.000.000
Un ragionamento per capire come mai i conti non tornano
Per portare avanti un ragionamento e rispondere alle domande su quanti siano “realmente” gli iscritti ai sindacati in Italia, possiamo contare, come abbiamo
detto in apertura, su qualche cifra certa e inconfutabile. La prima riguarda il numero dei pensionati iscritti ai sindacati, sigla per sigla, fornita annualmente
dall’Inps. Questi iscritti pensionati, certificati Inps al 1° gennaio 2012, sono 7.694.048. Gli iscritti certificati alle 5 confederazioni risultano 4.907.363.
Diverso il discorso sui pensionati Inpdap, quelli del pubblico impiego che sono 2.785.800. I sindacalizzati iscritti alle 5 confederazioni sono complessivamente
427.517.
Sommando i 4.907.363 Inps ai 427.517 Inpdap e ai 347.195 altri otteniamo la cifra complessiva di 5.682.075 pensionati iscritti alle 5 confederazioni. E’ da
notare che il numero dichiarato dalle 5 confederazioni ammonterebbe a 6.957.126. Già qui c’è una differenza tra il dichiarato e il reale di 1.275.051, con una
percentuale di differenza con i dati dichiarati del 91,08% da parte di UGL (vedi Tabella A)
Dove stanno questi 1.275.051 in più? I conti non tornano. Questo “esubero”, pur limitandoci alle sigle più rappresentative, ci fa venire dei dubbi. Deve esserci
una spiegazione, ma deve essere logica, razionale.
E fin qui ci siamo limitati a considerare le cifre sui pensionati. Passiamo ad analizzare quelle che riguardano i lavoratori del privato (vedi Tabella B). Dalla cifra
degli iscritti dichiarati dalle 5 confederazioni togliamo gli iscritti pensionati Inps e Inpdap e altri, ottenendo la nuova cifra di 9.714.182 che corrisponde ai
lavoratori iscritti attivi dichiarati. A questa togliamo le deleghe sindacali certificate dall’Aran nel pubblico impiego che ammontano a 1.090.597. Abbiamo
ottenuto la cifra di 8.623.585 che è quella degli iscritti dichiarati nel privato. Teniamo ben presente questa cifra per il ragionamento successivo.
Stime e cifre sul numero di lavoratori in Italia
Non esiste un dato esaustivo e sicuro del numero complessivo di lavoratori in Italia. Esistono solo stime, più certe sui dipendenti e meno su atipici, precari, ecc.
L’unica cosa indiscutibile è che nell’ultimo periodo l’occupazione non è aumentata, e quindi non sono aumentati gli occupati.
Secondo un’elaborazione Censis su dati storici Istat del 2009 il totale sarebbe di 23.025.000 lavoratori, suddivisi tra i 5.959 autonomi e a progetto e i 17.446
dipendenti a tempo determinato e indeterminato. A loro volta questi sono suddivisi tra i 3.311.795 (secondo la Ragioneria generale dello Stato scesi a
3.253.097 nel 2010) del pubblico impiego e i 14.134.205 del privato. Questo dato è stato sostanzialmente confermato in questi giorni, pur con un leggero
ribasso, dal “Corriere della Sera” che fissa la cifra a 22.903.000.
3
Il tasso di sindacalizzazione in Italia
Per proseguire il ragionamento va tenuto presente che il tasso medio attuale di sindacalizzazione in Italia è del 33,8 per cento (fonte “Corriere della Sera”,
articolo di Sergio Romano, maggio 2011, con dati Cnel).
A questo punto, togliamo dai 22.903.000 lavoratori attivi i lavoratori del pubblico impiego ottenendo la cifra di 19.650.000 (vedi Tabella C), che rappresenta il
numero complessivo dei lavoratori del privato. Come si vede nella tabella, applicando il tasso del 33,8 per cento su questo numero otteniamo il valore massimo
di lavoratori del privato iscritti al sindacato: 6.641.700. Ma gli iscritti del privato dichiarati dalle sole 5 confederazioni risultano essere, come da Tabella B,
8.623.585 rappresentando – sempre in rapporto ai 19.650.000 totali – il 43,8 per cento, come valore minimo.
C’è un 10 per cento di differenza, che sui 19.650.000 lavoratori attivi del privato significa 1.965.000 lavoratori in più!
Ora, se sommiamo 1.275.051 pensionati iscritti eccedenti, precedentemente calcolati, a questo 10 per cento in più sui lavoratori attivi del privato abbiamo
ben 3.240.051 iscritti dichiarati in più.
Va precisato che questo nostro ragionamento riguarda le sole 5 confederazioni principali. Delle altre sigle sindacali abbiamo per lo più autocertificazioni – a
parte i dati certificati Aran nel pubblico impiego – che, come abbiamo detto in nota alla prima pagina, potrebbero essere veritiere o non esserlo. Resta il fatto
che il dato complessivo cui porta l’autocertificazione è superiore ai 20 milioni di iscritti. In estrema sintesi, questo significa che gli iscritti al sindacato in Italia –
mettendo insieme il dato di tutti i lavoratori attivi, 22.903.000 con quello complessivo dei pensionati di 17.297.858 e confrontandolo con i 20 milioni e più di
iscritti dichiarati, si otterrebbe una sindacalizzazione superiore al 50 per cento!
Sono numeri che interrogano e chiedono una spiegazione logica, perché o c’è stato un aumento improvviso e assai consistente delle iscrizioni ai sindacati, e
quindi il tasso di sindacalizzazione va decisamente aggiornato verso l’alto, o c’è qualche sindacato che arrotonda parecchio.
In ogni caso questa nostra riflessione a partire da alcune cifre “sicure” supporta la nostra richiesta dell’applicazione dell’Accordo Interconfederale fra
Confindustria e Confsal del 28 giugno 2011, che consentirebbe, come avviene nel pubblico, di avere certezza, contezza e trasparenza della rappresentatività
sindacale nel privato. Gli accordi pattizi, preferiti da molti e fatti magari con la miglior buona volontà, hanno dimostrato di lasciare le cose come stanno,
nell’opacità. Non è difficile capire quali siano le conseguenze di questa opacità per la democrazia sindacale, per la composizione degli organi di controllo e per
quelli decisionali, per le ricadute economiche e finanziarie, per il confronto con le forze politiche e governative. Un sindacato trasparente nei numeri è un
sindacato più forte, più credibile e anche più unito – pur nelle differenze esistenti tra le diverse sigle.
4
TABELLA A
SIGLE ISCRITTI DICHIARATI ISCRITTI DICHIARATI ISCRITTI PENSIONATI CERTIFICATI DIFFERENZA tra PENSIONATI
lavoratori + pensionati pensionati da INPS da INPDAP da altri totale DICHIARATI e CERTIFICATI
______________________________________________________________________________________________________________________
CGIL 5.748.269 2.996.623 2.508.210 + 138.803 + 128.931 = 2.775.944 220.679 ( 7,36%)
CISL 4.542.354 2.258.309 1.601.392 + 156.327 + 144.704 = 1.902.423 355.886 ( 14,87%)
UGL 2.377.529 709.629 52.267 + 5.840 + 5.156 = 63.263 646.366 ( 91,08%)
UIL 2.184.911 575.865 482.969 + 40.279 + 35.256 = 558.504 17.361 ( 3,01%)
CONFSAL 1.818.245 416.700 262.525 + 55.164 + 64.252 = 381.941 34.759 ( 8,34%)
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
TOTALE 16.671.308 6.957.126 4.907.363 + 396.413 + 378.299 = 5.682.075 1.275.051 (18,32%)
LA DIFFERENZA TRA PENSIONATI DICHIARATI E CERTIFICATI E’ DI 1.275.051
5
TABELLA B
SIGLE ISCRITTI DICHIARATI ISCRITTI DICHIARATI detratti i PENSIONATI DICHIARATI
lavoratori + pensionati ISCRITTI ATTIVI PUBBLICO IMPIEGO + PRIVATO
__________________________________________________________________________________________________________________
CGIL 5.748.269 2.751.646
CISL 4.542.354 2.284.045
UGL 2.377.529 1.667.900
UIL 2.184.911 1.609.046
CONFSAL 1.818.245 1.401.545
TOTALE 16.671.308 9.714.182 – 1.090.597 = 8.623.585
(iscritti certificati ISCRITTI NEL PRIVATO
nel Pubblico Impiego)
I lavoratori ISCRITTI nel PRIVATO sono 8.623.585
6
TABELLA C
Totale LAVORATORI ATTIVI PUBBLICO E PRIVATO: 22.903.000 –
3.253.000 LAVORATORI ATTIVI NEL PUBBLICO
______________________
19.650.000 LAVORATORI ATTIVI NEL PRIVATO
19.650.000 X 33,8% = 6.641.700 (VALORE MASSIMO DEL NUMERO DEGLI ISCRITTI NEL PRIVATO)
PRIVATI ISCRITTI ALLE 5 CONFEDERAZIONI: 8.623.585 (vedi tabella B)
che rappresenta, rapportato ai 19.650.000, il 43,8% (VALORE MINIMO della percentuale degli iscritti nel PRIVATO)
43,8% –
33,8%
_____
10 % che, su 19.650.000, risulta 1.965.000 in eccedenza che, sommati ai PENSIONATI IN ESUBERO: 1.275.051, porta a
UN TOTALE DI ISCRITTI IN ESUBERO pari a 3.240.051
Leggere attentamente a piccole dosi causa pericolosi effetti collaterali
Il lato oscuro degli iscritti ai sindacati
Il numero di iscritti ai sindacati significa poco perchè, ad oggi, la procedura per la “conta” delle tessere nel settore privato è solo sulla carta. “La domanda sul numero di iscritti ai sindacati è una domanda malposta. La vera domanda è che tipo di delega sindacale avete”. A parlare è Giuseppe Sugamele, Segretario Generale di Libersind-Confsal, Cavaliere della repubblica e sindacalista dal 1964, che racconta ai microfoni di Wired perché a suo avviso stimare la presenza sindacale in Italia non significa contare i tesserati. “Nel pubblico ha ancora un senso – spiega Sugamele – perché esiste un’Agenzia, l’ARAN, che effettua, per legge, la rilevazione dei dati associativi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ma non per il privato, dove ad oggi non vi è nessuna rilevazione ufficiale di questo tipo.” Come avevamo già spiegato nella scorsa puntata insomma, sappiamo con esattezza quanti sono i tesserati del settore pubblico, ma non per esempio quanti sono i militanti dipendenti delle aziende private, ovvero la maggior parte di quelli che in questi anni di crisi sono scesi in piazza.
I dati certi, ovvero il settore pubblico. In ogni caso almeno per il pubblico i numeri sulla rappresentatività ci sono e li possiamo raccontare, anche se come specifica lo stesso ARAN vengono raccolti ogni tre anni e quelli relativi alla rappresentatività per il periodo 2013-15 sono ancora provvisori. Anche se non definitivi, i dati sono comunque interessanti, specie se confrontati con i numeri ufficiali complessivi.Qualcosa comunque si sta muovendo, anche nel privato. Si tratta del Testo Unico sulla Rappresentanza Confindustria – Confsal, un accordo interconfederale sottoscritto a gennaio 2014 firmato da CGIL, CISL, UIL e da altre associazioni sindacali più piccole. Obiettivo: misurare e certificare la rappresentanza sindacale nel settore privato ai fini di una contrattazione collettiva nazionale di categoria. Più o meno quello che viene fatto da ARAN in ambito pubblico.
In poche parole dovrebbe funzionare così: il datore di lavoro rileverà tramite un apposito modulo la delega del lavoratore all’iscrizione sindacale di categoria e il contributo associativo non potrà essere inferiore ad un valore percentuale di una retribuzione convenzionale costituita dal minimo tabellare in vigore deciso da ogni singolo CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro). Il numero delle deleghe verrà poi rilevato dall’INPS tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali e le organizzazioni sindacali attribuiranno uno specifico codice identificativo a tutte le organizzazioni sindacali di categoria interessate a partecipare alla rilevazione e ne daranno tempestiva informativa all’INPS, alla Confindustria e al CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). L’INPS poi elaborerà annualmente i dati raccolti e, per ciascun contratto collettivo nazionale di lavoro, aggregherà il dato relativo alle deleghe raccolte da ciascuna organizzazione sindacale di categoria relativamente al periodo gennaio – dicembre di ogni anno.
Questo però sulla carta. “Ad oggi si tratta di un accordo confederale, bisognerà vedere se il Premier Renzi lo farà diventerà legge” commenta Sugamele. Attualmente questa procedura ancora non viene messa in atto, e i numeri della presenza sindacale complessiva in Italia sono poco affidabili. “In ogni caso prima di parlare di iscritti è necessario parlare di pesatura della delega” ribadisce Sugamele. “Se io faccio pagare l’1% della propria mensilità all’iscritto, è ben diverso da decidere di far pagare 5, 7 o 10 euro. Se un contribuente capisce che può avere la stessa copertura sindacale pagando di meno si sposta, è evidente.”
Pare dunque che i numeri che vengono qui e lì riportati da politici e giornali siano meno aderenti al vero di quello che spereremmo. Sebbene i sindacati si sforzino di fare il punto sul numero dei propri tesserati, la situazione complessiva sfugge, perché per ora a mancare è una struttura a maglie strette che raccolga a tappeto tutte le deleghe sindacali. Prima di parlare di numeri bisognerà attendere la messa in atto dell’accordo stipulato lo scorso gennaio.
CAMPA CAVALLO sono 70 anni che si aspetta.
Sui temi sollevati da questa discussione, segnaliamo l’intervento di Giovanni Graziani sul nostro secondo blog, che trovate a questo indirizzo
https://ilsecondo9marzoblog.wordpress.com/2016/12/14/due-problemi-diversi-di-giovanni-graziani/
Oggi ho scoperto questi dati che già un po di anni fa avrebbero smentito FAVERIN
Così i sindacati barano:
200mila iscritti finti Lo scandalo di Cgil, Cisl e Uil: parlano di un milione e mezzo di tessere tra gli statali, ma i numeri certificati dall’agenzia pubblica sono nettamente inferiori di Tobia De Stefano
AAA cercasi 200 mila tessere sindacali «fantasma» che si sono smarrite nel breve percorso che porta dalle centralissime sedi romane degli statali di Cgil, Cisl e Uil fino al palazzo di via del Corso dell’Aran, l’agenzia che contratta con le confederazioni per il solo settore pubblico. Cos’è successo? Semplice, da circa tre lustri a questa parte l’ente della Pa misura la rappresentatività di tutte le sigle nei ministeri, nelle agenzie fiscali, nelle Regioni, nella scuola ecc. Come fa? Prende le deleghe del lavoratore (quelle che autorizzano le pubbliche amministrazioni alle trattenute in busta paga) e le incrocia con i voti raccolti nelle elezioni periodiche delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie): dal rapporto ne viene fuori l’indice di rappresentatività che dà il peso effettivo di ciascun sindacato e consente di attribuire i distacchi. L’ultimo rilevamento, quello di novembre 2012, non è andato granché bene. Nel senso che per la prima volta le deleghe (quindi gli iscritti) alla funzione pubblica sono diminuite. Qualche esempio: nel comparto “Sanità” calano tutti. La Cgil ci rimette un 10% secco (da 82.650 a 74.270), la Cisl fa ancora peggio (da 81.511 a 71.566) e la Uil tira un sospiro di sollievo: da 48.206 a 46.915, la flessione è inferiore al 3%. I motivi sono diversi: sicuramente hanno influito il blocco del turn over, la mancata stabilizzazione dei precari e la forte politica di prepensionamenti, ma fin qui tutto rientra nella norma. Il mistero è un altro. Se si confrontano i numeri dell’Aran con quelli dei sindacati di categoria, infatti, i conti non tornano.
Prendiamo il caso della Cgil. Secondo l’agenzia statale le deleghe dei lavoratori del settore pubblico a trattenere dalla busta paga la quota a favore di Camusso e compagni sono 186 mila 382 contro i 411.924 iscritti del comparto (dati 2011) messi nero su bianco dal sindacato. E lo stesso discorso vale per la scuola, l’università, la ricerca, l’alta formazione artistica e musicale (Afam) e il personale non dirigente di altri enti (tra questi c’è il Cnel): 138.375 dice l’Aran e 201.918 scrive la Cgil Flc. Insomma all’appello mancherebbero circa 290 mila tessere.
Altri numeri, questa volta in casa Cisl. Per l’ente pubblico le deleghe degli statali di Bonanni sono meno di 173 mila (basta sommare i vari comparti fatta eccezione per scuola e università), mentre le recentissime rilevazioni della confederazione di via Po sugli iscritti 2012 parlano di 325 mila 666 tesserati (e comunque i dati del 2011 non divergono di molto). E su scuola e università che abbiamo scorporato sopra? Cambia poco. Per l’Aran le deleghe sono rispettivamente a quota 154.212 mila e 7.083, per la Cisl invece le tessere si attesterebbero a 227.885 mila e 9.358. Calcolatrice alla mano ballano quasi 230 mila iscritti.
Non fa eccezione la Uil. In via Lucullo ci dicono (dati ufficiali sugli iscritti 2011) che sommando tutte le voci della pubblica amministrazione (sanità ed enti locali, lavoratori degli organi costituzionali, scuola ed Fp) raggiungiamo quota 339.551 tessere. Eppure l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni certifica intorno alle 187 mila deleghe (187.120) a favore di Angeletti & C. Circa 152 mila in meno.
Insomma c’è qualcosa che non quadra se rispetto ai numeri di Cgil, Cisl e Uil mancano 670 mila iscritti. Evidentemente l’Aran non conteggia alcune categorie che invece sono ricomprese nei dati ufficiali di Camusso, Bonanni e Angeletti. Ecco la spiegazione della stessa agenzia. La premessa: «Questi dati- sottolinea un funzionario – sono certificati dal comitato paritetico (ndr riunioni del 20 settembre 2012 e del 29 ottobre 2012) composto anche dai rappresentanti delle confederazioni dei sindacati». In soldoni: sono stati validati anche da Cgil, Cisl e Uil. La ciccia: «Nella nostra fotografia sullo stato dell’arte (al 31 dicembre del 2011) – continua un dirigente – non sono ricompresi i lavoratori che hanno un contratto a tempo determinato, alcune categorie assimilabili al pubblico impiego, ma con rapporto di lavoro privatizzato, come la sanità privata o i vigili del fuoco e alcuni enti delle Regioni a statuto speciale che hanno un contratto diverso rispetto a quello dell’Aran nazionale. Per esempio? Tutti gli enti locali di Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, mentre per la Sardegna e la Sicilia bisogna scorporare solo gli enti regionali, quindi, per capirci, i Comuni sono inclusi». E sostanzialmente la stessa cosa ce la dicono Cisl e Uil. Sintetizza Giovanni Faverin, segretario generale della Funzione pubblica della Cisl: «Nei dati dell’agenzia non sono ricompresi i dirigenti che non hanno votato (ma non c’entra con le iscrizioni ndr), i precari, una parte dei dipendenti delle regioni a statuto speciale e quella fetta abbastanza consistente dei nostri iscritti che si sono spostati nella sanità privata, nel terzo settore e nelle municipalizzate». Mentre Alfredo Garzi, responsabile per l’organizzazione della funzione pubblica della Cgil precisa: «Noi organizziamo anche i lavoratori della sanità privata, dell’igiene ambientale e delle cooperative private che non sono calcolati dall’Aran. E si tratta di una fetta rilevante delle tessere rispetto al totale della funzione pubblica. Poi ci sono i settori che prima erano pubblici e che in seguito sono stati privatizzati (per esempio i lavoratori ex Ipab) e i pubblici non contrattualizzati (vigili del fuoco, polizia penitenziaria ecc.)». Numeri ufficiali? Insomma, quanti sono gli iscritti tra i vigili del fuoco? E tra i contratti a termine e i dipendenti delle autonomie locali? È possibile che la differenza tra i dati Aran e quelli sindacali stia tutta in queste categorie? È chiedere troppo, le cifre non le dà nessuno.
E allora i calcoli proviamo a farli noi. Punto uno: i precari. La Ragioneria dello Stato ci dice che nel 2011 il totale dei lavoratori flessibili (tempo determinato, formazione lavoro, interinali e lavori socialmente utili) della pubblica amministrazione dava 251.106. Se a questi togliamo i 130 mila e passa della scuola, che almeno per gli incarichi annuali sono conteggiati dall’Aran, arriviamo a 120 mila unità. Punto due: secondo le ultime rilevazioni della stessa Ragioneria dello Stato i dipendenti a tempo indeterminato delle Regioni a Statuto Speciale sono 93.928. Punto tre: per l’Aiop (l’associazione italiana ospedalità privata) la sanità privata (che è di gran lunga la categoria, tra quelle assimilabili al pubblico impiego ma con rapporto di lavoro privatizzato, più corposa) impegna complessivamente circa 130.000 unità, pari a un 25% rispetto al personale impegnato nella sanità pubblica. Punto quattro: sommando vigili del fuoco (32 mila), polizia penitenziaria (40 mila) e addetti dell’igiene ambientale (42 mila), a stento si superano le 110 mila unità (dati Ragioneria generale dello Stato e Federambiente).
Morale della favola: anche volendo dire che tutti i precari, i lavoratori delle regioni a Statuto speciale e della sanità privata, i vigili, i poliziotti e gli addetti all’igiene ambientale sono iscritti ai tre principali sindacati italiani i conti non tornano. Ma la cosa è palesemente inverosimile (da fonti non ufficiali tra la stessa sanità, le cooperative e il terzo settore gli iscritti alla Cgil non supererebbero le 50 mila unità, quelli della Cisl quota 20 mila e alla Uil le 15 mila). E anche volendo considerare non completamente omogenei i dati dell’Aran rispetto a quelli dei sindacati ci sono almeno 200 mila tessere che non si riesce a capire bene da chi siano state firmate. Certo, se fosse possibile fare un controllo sugli iscritti dichiarati da Cgil, Cisl e Uil sarebbe tutto più semplice e trasparente. Ma questa è un’altra storia.
QUESTI SONO PIU’ AGGIORNATI
CGIL-CISL-UIL MENO 300 MILA ISCRITTI IN TRE ANNI Indagine Demoskopika ripresa dal Quotidiano di Sicilia 12 settembre 2016
Cgil, Cisl e Uil perdono mediamente 100 mila iscritti all’anno. I numeri non lasciano spazio a dubbi: dal 2015 al 2013, i tesserati hanno registrato una contrazione di circa 300 mila persone, di cui ben 134 mila residenti nelle realtà regionali del Mezzogiorno. è la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), in valore assoluto, a subire il maggiore decremento con un calo di ben 157 mila iscritti seguita dalla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) con meno 124 mila tesserati e l’Unione Italiana del Lavoro (UIL) con un meno significativo decremento pari a circa 3 mila persone.
Campania, Sicilia e Calabria si collocano in coda alla graduatoria delle regioni “più sfiduciate” dalle organizzazioni sindacali. Al contrario, sul podio delle regioni a maggiore appeal sindacale si posizionano Emilia Romagna, Liguria e Veneto.
Solo 632 mila italiani over 13 anni, pari all’1,2% della popolazione di riferimento, infine, hanno dichiarato di aver svolto attività sociale gratuita per un sindacato negli ultimi 12 mesi. Per le associazioni di volontariato, la partecipazione gratuita all’attività sociale sale al 10,6%. E’ quanto emerge dall’Indice di Appeal Sindacale (IAS) Ideato dall’Istituto Demoskopika che, analizzando il triennio 2015-2013, ha tracciato una classifica delle regioni in relazione all’attrattività delle principali organizzazioni dei lavoratori sul territorio. Due gli indicatori utilizzati: gli iscritti ai sindacati di CGIL, CISL, UIL e le persone di 14 anni e più che hanno svolto attività gratuita per un sindacato.