Pere, mele, banane

I resoconti sul “contratto storico” dei metalmeccanici (storico nel senso che in Italia i cicli contrattuali sono così lunghi che anche un normale rinnovo è sempre come se fosse il primo) spiegano che l’aumento medio a regime sarà di €92,67 comprensivi di “parte salariale, welfare, formazione” e altre belle cose.

Il che però è un po’ come sommare le pere, le mele e le banane: un’operazione che non ha senso fare. Un conto è l’aumento del salario, un conto sono altri interventi che fanno reddito. Cose buone entrambe, ma da tenere distinte.

E infatti la questione non sfugge all’acuta intervistatrice del Corriere della sera, che al Bentivogli Marco domanda se i lavoratori non preferirebbero  “moneta sonante”. E il segretario della Fim (che immaginiamo sia un po’ stanchino visto che in questi giorni ha combattuto su due fronti: per il Sì al referendum con la Boschi e per il contratto unitario col Landini) risponde dicendo cose giuste, ma non alla questione che era stata posta.

 

 «Negli ultimi anni sono aumentate le spese sanitarie a carico delle famiglie. E poi bisogna fare i conti con la realtà: 100 euro dati da un’azienda nel contratto nazionale diventano 58 nelle tasche del lavoratore, 85 con quello aziendale. Mentre restano 100 con il welfare».

Verissimo. Parole sante. Ma resta il fatto che la spesa si fa con la busta paga. Sennò hai voglia di dare la colpa alla Germania e all’ “Europadelrigoreinvecechedellosviluppo”, ma se non metti un po’ di soldi in mano alla gente i consumi mica ripartono grazie al welfare integrativo.

E allora va bene tutto, e va bene dosare i pochi soldi che puoi ottenere fra quello che va in busta e quello che serve ad altre cose utili al bilancio familiare. e stare attenti a come pesa il gioco delle trattenute e delle tasse. Ma non è vero che tutto fa “aumento”. L’aumento è quello del salario, altre cose sono sostegno al reddito. Una cosa che va bene farla anche nei contratti ma che dovrebbe restare compito primario della mano pubblica.

Insomma, non vorremmo che la novità “storica” di questo accordo, “l’esempio per tutti”, fosse che d’ora in poi i contratti si occuperanno sempre di meno delle buste paga dei lavoratori. E che la questione salariale, che c’è ed è distinta dalla pur connessa questione del reddito familiare, invece di essere risolta, venisse fatta sparire col trucco della somma fra pere, mele e banane.

Soprattutto (e qui non parliamo dei metalmeccanici) quando a fare la somma che non ha senso fare chi ci guadagna più di tutti è chi gestisce i soldi del welfare integrativo. Nell’interesse dei lavoratori, certamente, ma a volte anche in quello delle loro organizzazioni e dei loro eventuali partner.

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2 Commenti - Scrivi un commento

  1. IL PIZZO DEL SINDACATO. Se non si capisce che i contratti per molti sindacati e sindacalisti interessa solo nella parte che non arriva direttamente in busta come per esempio:i varie forme di welfare, pensioni integrative , formazione e così via perchè li si prende a piene mani.

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  2. vedi ente bilaterale artigianato nel veneto dei metalmeccanici e forse altre categorie? dicono giri decine di miglia di euro all’anno alle strutture sindacali e così si fanno gli stipendi e i rimborsi e le macchine, dicono che nel parcheggio delle varie sedi sindacali e regionali vi siano più suv che posti auto.
    Voi ne sapete qualcosa?

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