I brocchi e il campione

 

Il libro di Sergio Rizzo “La Repubblica dei brocchi” dedica un paragrafo alla Cisl. E non certo per indicarla come eccezione al “declino della classe dirigente italiana”, che è il tema del libro, ma anzi per sottolineare come questa organizzazione sia uno degli esempi di scadimento delle virtù civiche e della capacità di chi sta in alto di indicare la strada del progresso a chi sta più in basso, invece di essere un peso morto da portare.

Un ragionamento, quello di Rizzo, che offre molti motivi di riflessione; e che, a volerla dire tutta, l’autore avrebbe potuto allargare anche ad altri, ad esempio alla categoria dei giornalisti (ma perché in Italia, e solo in Italia, si deve essere iscritti ad un albo per fare questo mestiere? E a che serve l’ordine dei giornalisti?).

Ma a noi basta, per apprezzare Rizzo, quello che scrive nel paragrafo 5.5, da pagina 116 a pagina 120, intitolato “Sindacalisti o nababbi?”. Un paragrafo che si apre ricordando la frase di Anna Maria Furlan “certi sindacalisti noi li cacciamo”, riferita a  condotte nel pubblico impiego non conformi al senso del dovere (il caso era quello di un’assemblea sindacale che aveva tenuto chiusi senza preavviso gli scavi di Pompei con centinaia di persone in fila sotto il sole), e poi prosegue sottolineando che però ad essere cacciato è stato proprio Fausto Scandola. Cioè chi ha rivelato i casi di megastipendi nella Cisl che rappresentano, aggiungiamo noi, qualcosa di più grave dell’esercizio strumentale di un diritto sindacale come l’assemblea nel momento e nel modo sbagliato. Perché se il rigore non comincia da chi sta in alto, il suo esercizio contro il pesce piccolo di turno diventa qualcosa di falso e bugiardo.

Dopo l’espulsione di Fausto e dopo la sua morte, la strategia della Cisl è stata quella dell’oblìo: scordiamoci del passato, lasciamo scivolare via il fatto che in dieci anni lo stii redditi dei lavoratori sono scese e quelli dei dirigenti in ambito Cisl si sono prodigiosamente moltiplicati alla faccia delle regole, e lasciamo che il tempo confonda i ricordi su quel che ha detto e che ha fatto Fausto Scandola.

Solo che quando a guidare la Cisl c’erano i grandi campioni del passato, il tempo poteva giocare a favore dell’organizzazione. Che infatti, fino ad un certo punto, è andata rafforzandosi, anche attraverso scontri e conflitti interni che poi, in parte, sono stati dimenticati o comunque superati. Da quando alla testa ci sono quelli che Rizzo definisce dei “brocchi”, lasciar passare il tempo senza affrontare i problemi serve solo a preparare la rovina della Cisl.

Per questo è importante parlare ancora di Fausto Scandola. Che, anche dopo tanti mesi dalla sua morte, continua a restare un punto di riferimento per chi crede alla possibilità di un cambiamento. E che emerge sempre più come l’unico vero campione di questi anni in una Cisl nella quale continuano a comandare i brocchi.

 

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3 Commenti - Scrivi un commento

  1. facciamo girare, inviamo indirizzi utili di giornalisti, cronisti, persone, dirigenti ecc. a info@il9marzo.it in modo che si possa creare una mail lista estesa da utilizzare per far conoscere il sito e quanto scrive.
    E’ fondamentale.
    Io con dei mie amici lo sto facendo e credo che la redazione apprezzi l’invito.
    Solo sapendo e facendo girare articoli e valutazioni autorevoli come quelle di Rizzo e altri potremo fare opinione e farli saltare.
    Hanno paura della conoscenza come tutti i brocchi.
    Anche indirizzi di radio tv in particolare quelle locali.
    Dobbiamo invadere i media e arrivare a più dirigenti e iscritti Cisl in modo che si facciano e facciano domande.
    Grazie

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  2. BROCCHI O CAMPIONI?
    Certo che passare, alla storia, per BROCCHI come esempio di negatività, non dovrebbe essere il massimo per nessuno, in specie se trattasi della classe dirigente di una associazione di lavoratori come la CISL; lavoratori che, in buona fede, hanno dato loro fiducia pensando di continuare sulla strada tracciata e onorata dai: Giulio Pastore, Bruno Storti; Luigi Macario, Pierre Carniti, Savino Pezzotta ed invece si sono trovati a finire con: Marini, D’Antoni, Bonanni, Furlan. Ovvero con una dirigenza che viene portata come esempio dall’autore di “scadimento delle virtù civiche e della capacità di chi sta in alto di indicare la strada del progresso a chi sta più in basso, invece di essere un peso morto da portare”. In proposito riporto quanto solo ieri scrivevo, parlando del populismo sul comportamento dell’èlite odierna in generale:
    “Le quali, nella democrazia rappresentativa degli Stati nazionali HANNO L’OBBLIGO DI ESSERE UN PASSO AVENTI E DI INDICARE LA STRADA. Essere avanti ai propri rappresentati significava aiutarli a crescere. E infatti i capi venivano votati perché li si riteneva migliori di noi e dunque degni di decidere al nostro posto. «Mentre adesso», nota Ilvo Diamanti se, «gli eletti sono percepiti come peggio di noi e allora uno si chiede: COSA ME LI TENGO A FARE?».
    DOMANDA CHE GIRO AL LETTORE. Vi sembra che: i comportamenti, gli stipendi, le pensioni, i rapporti umani, oggi vigenti nella CISL confederale e SOTTOLINEO CONFEDERALE a tutti i livelli, siano tali da poter essere di buon esempio e dunque da imitare?
    La risposta alla domanda del titolo di questo pezzo, che mi viene spontanea, non è mia ma di un grande amico e maestro che molto indegnamente ho avuto l’onore conoscere e sostituire, nel corso della mia vita lavorativa; ebbene lui in circostanze simili usava dire: “PURTROPPO LUIGI, QUANDO MANCANO I CAVALLI ANCHE GLI ASINI CORRONO” ed io usavo aggiungere è vero però fino a quando ci sono gli allocchi che permettono loro di partecipare.
    Luigi Viggiano 22 novembre 2016

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