«La mia ricetta? Unità e trasparenza». Il Corriere del Mezzogiorno, una testata che ha seguito con un certo interesse le vicende di Lina Lucci, riassume così le dichiarazioni con cui Piero Ragazzini si è presentato nella veste di commissario della Cisl Campania.
Come per le buone ricette di una volta, gli ingredienti sono semplici. Ed è qui si vede se il cuoco ci sa fare.
Ragazzini ci perdonerà, ma se sull’unità non abbiano nulla da obiettare (lui è un prodotto di una Cisl gestita in maniera unitaria, cioè centralista, dal professor Bonanni prima e dalla signora Anna Maria poi) sulla trasparenza qualcuno potrebbe obiettargli che, negli anni in cui lui è stato segretario amministrativo della Cisl, qualche lacuna c’è stata. Come raccontano gli Scandola papers.
Ma, visto che ora si occuperà di Napoli, “scurdammoce ‘o passato” e pensiamo al futuro. Che non è poi così lontano, perché a primavera si dovrà tenere comunque il congresso ordinario, e già lì il cuoco Ragazzini dovrà sfornare il piatto della sua ricetta.
Teoricamente, il compito non è difficile: con una Cisl regionale che si è schierata all’80-90 per cento contro il segretario generale in carica (quasi che in precedenza Lina Lucci fosse stata imposta loro dall’esterno…) si tratta solo di sgombrare il campo di battaglia da morti e feriti virtuali e di ripristinare una segreteria legittimata democraticamente.
Solo che nella Cisl le cose non vanno più così. Oggi il segretario di una regione deve essere fedele a qualcuno che sta a Roma: o al segretario generale, o a chi lo vuole condizionare e, in prospettiva, fargli o farle le scarpe. E allora la ricetta si complica. Il piatto del cuoco Ragazzini piacerà più alla signora Anna Maria od al signor Bernava? E i dirigenti campani accetteranno di essere solo gli ingredienti cucinati a piacere del cuoco, o vorranno dire la loro?
C’è poi la “variante” Lina Lucci. Che è andata all’esecutivo confederale a votare a favore del proprio commissariamento (!) ma non certo perché si voglia arrendere. Come ha fatto capire più volte, ora tirerà fuori le carte che ha in mano. Che, presumibilmente, riguardano qualcuno che prima l’ha appoggiata e poi non l’ha voluta più. E qui il cuoco Ragazzini dovrà sbucciare con le sue mani una patata che Lina gli metterà in mano più bollente che potrà.
Ma non finisce qui, perché c’è una circostanza esterna alla Cisl che complica ulteriormente la situazione. Il commissariamento della struttura arriva dopo che la stessa sorte è toccata alla Cgil e alla Uil in Campania.
Tre confederazioni commissariate in poco tempo nella stessa regione: se è solo una coincidenza, è di quelle belle. Se non lo è, potrebbe essere l’indizio che dietro all’ “ammuina” di questi giorni ci potrebbero essere anche questioni locali, cioè problemi importanti e interessi connessi, che non riguardano solo la Cisl. Ma di cui la Cisl, in qualche modo, è parte.
E allora per Ragazzini la prova del cuoco sarebbe più complicata del previsto.
ma siamo seri: ora regazzini insieme alla furlan insieme a tutta la segreteria confederale che con don raffae’ ha lautamente brindato tacendo pensano di ridare verginità alla campania e magari alla lucci? vi ricordate don raffae’ (basta ricercare interviste sul web) gridava che lui nella cisl stava facendo la spending review diminuendo le categorie e le strutture sui territori invece “la politica” (che a lui non è mai piaciuta) non riusciva a fare nulla???? cosi regazzini: unità e trasparenza… A roma hanno diviso nuovamente roma e lazio (2 segreterie, due consigli…), scuola e funzione pubblica sono ancora separate e…troppi esempi ci sono…tutti a lavoarare!!!!
Che vi ricorda questa notizia?
http://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2016/10/20/salario-gonfiato-per-superpensione_b949c37b-1cf3-4a47-af57-9c320cf57bec.html
Ha fatto bene l’anonimo a riportare la notizia ansa emiliaromagna perchè dimostra che neanche gli scandali bastano a fermarli.
per chi ha voglia di leggere ecco una rinfrescata della memoria:
I sindacalisti che hanno usufruito della norma sono stati 17.319, ma sul costo sui conti dell’Inps, spiega il deputato, «non mi è stata data risposta, l’ente non è in grado di rilevare il dato»
Le doppie pensioni dei sindacalisti come D’Antoni-Marini
2 settembre 2011
La casta del sindacato Ecco chi sono i furbetti con la doppia pensione
I due ex segretari Cisl Franco Marini e Sergio D’Antoni incassano 14mila euro al mese come parlamentari. Ma si sono procurati altri due ricchi assegni mensili
Cerco studente che sia andato a lezione da Sergio D’Antoni. Giuro: lo voglio trovare. Qualcuno me lo segnali, mi faccia scrivere o telefonare: voglio avere la prova che l’ex sindacalista della Cisl ha avuto una grande carriera da professore, come la sua pensione lascia intendere. Eh sì: perché da quando ho scoperto che D’Antoni riceve dall’Inpdap un assegno mensile di 5233 euro netti (netti!) al mese (103.148 euro lordi l’anno) come ex docente universitario non mi do pace: voglio parlare con qualcuno che sia andato a lezione da lui. Qualcuno che si sia abbeverato alle fonti di così costoso sapere. Se entro una settimana non lo trovo, sarò costretto a un gesto malsano: mi rivolgerò a «Chi l’ha visto?» e lancerò un appello in Tv.
Guardando ieri la prima pagina del Giornale sui sindacalisti che diventano ricchi organizzando gli scioperi ho fatto un salto sulla sedia: alcune persone citate, infatti, non solo ricevono il già abbondante stipendio parlamentare ma ad esso uniscono una pensione maturata grazie alla mitica legge Mosca, quella che ha consentito a 40mila persone fra sindacalisti e dirigenti di partito di vedersi riconoscere con un colpo di bacchetta magica contributi di fatto mai versati. Privilegio su privilegio: lo vedete che a organizzare scioperi conviene davvero? I lavoratori no, loro ci perdono soldi e, in casi come questi, anche la faccia. I loro capi, invece, ci guadagnano. In carriera. In benefit assortiti. E, di conseguenza, in conto in banca.
Prendete Franco Marini, l’ex presidente del Senato, una vita da democristiano, sempre lì a pedalare fra un vino d’Abruzzo e una dichiarazione in Tv. Ebbene a voi, leggendo il Giornale di ieri, sarà sembrato esagerato il compenso mensile che si è assicurato difendendo gli operai: 14.557 euro, che corrisponde per l’appunto all’indennità da senatore. Ma per la verità non è quello il solo denaro che riceve dalle casse pubbliche: infatti egli percepisce anche una pensione Inps di circa 2500 euro al mese, che gli piove in tasca dal 1991, cioè da quando aveva 57 anni. Merito della legge Mosca, che evidentemente se ne è sempre impipata dell’allungamento dell’età lavorativa chiesto ai cittadini comuni…
Fra l’altro, visto che si parla di difensori del popolo, ci sia permesso di ricordare che della legge Mosca beneficia anche il compagno Cossutta: la incassa dal 1980, cioè da quando aveva 54 anni (avete presente il 1980? Tanto per dire: in Urss c’era ancora Breznev, a Sanremo Bobby Solo cantava «Gelosia » e il capitano del Milan era Aldo Maldera…). Dal 2008, poi il compagno Cossutta ha unito alla pensione Inps maturata grazie alla legge Mosca anche il vitalizio parlamentare (9604 euro al mese). E per non farsi mancare nulla al momento dell’uscita dal Parlamento s’è assicurato anche la liquidazione- monstre di 345mila euro, tutti in una volta. Un vero record. Dimenticavo: la liquidazione dei parlamentari viene chiamata tecnicamente «assegno di reinserimento » o «assegno di solidarietà». E,a differenza delle liquidazioni dei normali lavoratori, è esentasse. Si capisce, con la solidarietà bisogna essere generosi…
345mila euro di liquidazione. La pensioncina Inps grazie alla legge mosca e 9604 euro come vitalizio parlamentare: lo vedete? Proclamarsi paladini degli operai conviene. Salire sulle barricate degli scioperi è un affare. Infatti non c’è niente che renda in Italia come l’attività sindacale: fra Caaf, patronati, corsi di aggiornamento professionale, trattenute e balzelli vari Cgil, Cisl e Uil gestiscono ogni anno un patrimonio gigantesco, che fra l’altro viene amministrato con le stesse regole della cassa del coro alpino di Montecucco o della bocciofila di Pizzighettone. Non esistono bilanci consolidati, non esistono organi di controllo. E per di più c’è la possibilità, gestendo quel tesoro, di diventare in un amen parlamentari, europarlamentari o mal che vada presidenti della Regione Lazio… Non male, no?
A conti fatti organizzare scioperi è come fare bingo. Alle spalle dei lavoratori. In effetti: alla ricchezza dei sindacati (l’ultimo vero organismo della Prima Repubblica) si unisce la ricchezza dei sindacalisti. Che, come si è detto, riescono ad accumulare prebende, indennità, stipendi, pensioni e benefici di varia entità. Come quelli che abbiamo citato qui, a cominciare naturalmente dall’uomo che amava la Jacuzzi e i vestiti di Brioni, il sindacalista Sergio D’Antoni. Lui, infatti, come si è detto oltre all’indennità da parlamentare (14.269 euro lordi al mese) incassa la pensione Indpad da ex professore (5.233 euro netti al mese): ma sapete da quando la incassa quest’ultima? Da quando aveva 55 anni. E sapete perché quella pensione è così alta? Perché, grazie al meraviglioso meccanismo dei contributi figurativi, a 55 anni risultava pensionabile con 40 anni di anzianità. Tutto regolare, tutto a norma di legge. Si capisce. Ma a me resta il dubbio: l’ex sindacalista Cisl, non solo è stato un grande docente, come dimostra la sua pensione d’oro. È stato anche un docente molto precoce. A 15 anni già saliva in cattedra e insegnava. E allora è possibile che io non riesca a trovare neanche uno che è andato a lezione da
lui?
Quella di D’Antoni in cattedra a 15 anni è assolutamente fantastica. Per caso ha scritto canzoni, oltre a libri memorabili? Candidarlo al Nobel per la letteratura, hai visto mai?