Parole sante, quelle di Anna Maria Furlan sul Corriere della Sera di oggi. “In Italia esiste oggi un problema di rappresentanza non solo politica ma anche sindacale per effetto di una progressiva verticalizzazione delle istituzioni che vogliono ricondurre tutto il gioco democratico in un rapporto diretto tra il leader di turno e gli elettori saltando ogni forma di mediazione sociale con i corpi intermedi”.
Ha ragione la Furlan. Talmente ragione che quello che dice vale anche nella sua Cisl, dove si pretende di risolvere i problemi politici nominando commissari che saltano ogni forma di mediazione con chi si è espresso in senso contrario alla linea confederale, e che si pongono come leader indiscutibili senza aver alcuna legittimazione da quelli che sono i corpi intermedi interni alla Cisl, cioè i livelli di rappresentanza delle categorie.
Più avanti, la stessa scrive che “i padri fondatori della Cisl, Giulio Pastore e Mario Romani, sostenevano che la soggettività politica del sindacato si esprime nel saper conciliare gli interessi che rappresenta con l’interesse generale”.
Giusto! Ma, qualche anno fa, uno che Giulio Pastore e Mario Romani li aveva frequentati diceva, non meno giustamente, che dire “la Cisl di Pastore e di Romani è diventata una formula retorica per sottolineare una continuità che, nei fatti, non c’è più. Lasciamo stare l’onorevole Giulio Pastore, lasciamo stare il professor Mario Romani, e riportiamoci al presente” (così Mario Grandi nelle conclusioni della tavola rotonda organizzata presso il Cnel dalla Fai-Cisl sulla riforma della contrattazione il 18 gennaio 2001).