La legge sul caporalato è un “traguardo di civiltà”: lo hanno detto assieme il dottor Sbarra dell’Anas e la signora Anna Maria non appena la Camera ha approvato definitivamente la legge. e lo ha ripetuto da solo il dottor Sbarra dell’Anas (ancora convalescente per i postumi di malanni dovuti a quando usava il martello pneumatico sulle vie di comunicazione di competenza dell’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade) il giorno dopo in un articolo per l’Unità.
Dunque, questa legge è un “traguardo”. Cioè l’obiettivo ultimo, il punto oltre il quale non c’è bisogno di fare un altro metro. Il culmine dello sforzo, raggiunto il quale ci si può riposare in attesa di porsi un nuovo traguardo.
Questo modo di pensare, una volta, era prerogativa della Cgil. Cioè di una visione del sindacato che considera prioritaria l’azione politica. Una variante di questa idea era quella, di impronta socialista-riformista, che integra l’azione politica e quella contrattuale, assegnando alla legislazione una funzione di sostegno alla contrattazione.
Ma sul lavoro nei campi e sulla giustizia per chi lavora la Fisba prima e la Fai poi avevano un’altra idea. “Un’altra” non vuol dire un’idea opposta alla richiesta di leggi giuste, né alla possibilità che la legge possa sostenere l’azione sindacale; vuol dire diversa. Vuol dire, ad esempio, ricordarsi che una legge per definizione non è mai un traguardo ma uno strumento per raggiungerlo. E non lo strumento precipuo dell’azione sindacale, che resta l’organizzazione dei lavoratori e la contrattazione collettiva autonoma.
Per chi la pensa così, una legge non è il traguardo, ma la bicicletta. Il traguardo è una vita civile per chi lavora nei campi.
Ecco perché, allora, la Fai da un po’ di tempo, e in maniera accelerata negli ultimi due anni, perde terreno soprattutto nell’ambito agricolo rispetto alla Flai e alla Uila: perché è la Flai a decidere l’oggetto della mobilitazione unitaria (vedi le sanzioni penali sul caporalato, giustificatissime sul piano dei principi, ma che raramente hanno l’efficacia promessa) ed è la Uila poi a presentarsi come l”organizzazione ragionevole e capace di mediare.
La Fai del dottor Sbarra dell’Anas, che non sa più distinguere fra il traguardo e la bicicletta per raggiungerlo, finisce per essere una brutta copia ora dell’una, ora dell’altra.
E i risultati si vedono