La notte del sindacato: servono ancora le confederazioni?

 

Pubblichiamo un intervento del nostro amico Luigi Viggiano, che, all’indomani di un Primo maggio privo di sostanza, avanza una critica e preannuncia una proposta.

La critica è rivolta ad un sindacato confederale che ormai appare, ci permettiamo di riassumere così il suo pensiero sperando di non tradirlo, fatto non più da rappresentanti sul posto di lavoro e da loro rappresentanti ai livelli superiori, ma da professionisti dell’orizzontalità generica, talora in carriera da trent’anni; professionisti che che, ci pemettiamo di aggiungere, costano più di quel che apportano ma che poi, invece di fare autocritica per questo, spostano il baricentro dell’azione sindacale dalla rappresentanza ai servizi, con i quali si alimentano meglio le risorse necessarie alla struttura che dirigono.

Quanto alla proposta, Luigi la formulerà nel suo prossimo contributo.

Con questo intervento ci piacerebbe che si aprisse un dibattito sui tema, aperto dall’articolo di padre Occhetta “La notte del sindacato”, di cui potete leggere un’ampia sintesi a questo link. Luigi Viggiano, toccando molti dei temi sollevati sulla Civiltà Cattolica, di fatto ha dato il via; ora aspettiamo gli altri. Possibilmente con nome e cognome, almeno per chi non debba temere le rappresaglie di Via Po 21.

Potete inviare i vostri contributi all’indirizzo info@il9marzo.it, possibilmente indicando nell’oggetto “La notte del sindacato”.

www.il9marzo.it

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CHE TRISTEZZA VEDERE IL 1°MAGGIO
TRASFORMATO DA FESTA A FUNERALE DEL LAVORO

Oggi la crisi di rappresentanza del sindacato interessa la funzione e il ruolo della sua missione sociale perché il rapido cambiamento dell’attività produttiva rispetto a parametri fissi come: continuità del posto, carriera, certezza dell’orario di lavoro ecc. ci hanno ridotti ad inseguire nuovi modi di tutela non essendo capaci di anticiparli. Intanto il perdurare della crisi (la cui durata è prossima a toccare il decennio) ha prodotto una riduzione di circa 700.000 posti di lavoro a tempo indeterminato e circa 15 milioni di persone hanno subìto riduzioni di stipendi, di orario di lavoro, oppure un cambiamento nella natura del loro contratto, che da indeterminato è passato a tempo determinato.

Oggi la gran parte dei lavoratori precari non è costituita da dipendenti, ma da lavoratori autonomi. Si tratta di una moltitudine di lavoratori senza tutele né garanzie e in genere anche poveri e senza prospettive previdenziali.

Rispetto a tutto questo il pensiero di Renzi lo conosciamo, è “Ascoltiamo le parti sociali ma decidiamo noi. Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione”. E’ con questi presupposti che, a livello politico, Renzi ha «archiviato» definitivamente la pratica della concertazione voluta da Ciampi agli inizi degli anni novanta, quando le decisioni economiche particolarmente importanti venivano prese dal Governo insieme ai sindacati.

La stoccata più devastante del Governo Renzi è stata la scelta politica di destrutturare la fase di intermediazione (ritornando alla primazia della legge sul contratto).

Quelli di una certa età ricorderanno per quanti anni si è detto che «il successo di un sindacato non si misura sulla mobilitazione, ma sulla capacità di incidere politicamente sulle scelte di governo» e che l’ambiente naturale dove il sindacato viveva e si sviluppava è l’ambiente di lavoro. In questi ultimi anni però abbiamo assistito ad un cambiamento profondo dei concetti espressi. I sindacati hanno pensato di sopperire alla crisi del lavoro e dunque degli iscritti investendo nel dare servizi sul territorio e negli sportelli di consulenza giuridica. Non tenendo conto del fatto che una simile trasformazione avrebbe posto un problema di non poco conto sulla natura stessa del sindacato ovvero che esso nasce e vive sul luogo di lavoro. Se condividiamo e consideriamo ancora valida questa missione allora rimane tuttora vivo e vegeto quello di categoria.

Diverso è invece il discorso delle confederazioni ai vari livelli la cui esistenza anche se con qualche forzatura aveva ragione di essere fino a quando la società si articolava in diverse ideologie politiche rappresentate in parlamento dai partiti. Ma oggi tutto questo è scomparso basta leggere quanti parlamentari transfughi ci sono stati finora, in questa legislatura, per capire che un mondo è stato archiviato col millennio passato e nel nuovo la confederazione non ha ragione di essere perché se le parole hanno ancora un senso col “destrutturare” Renzi a mio avviso è proprio questo che intendeva.

Del resto quante e quante volte abbiamo sentito dire da Bonanni e dalla Furlan che “noi non facciamo politica ma solo sindacato”; troppo giusto ma il sindacato, come si sa, si fa sul posto di lavoro; cosa centrano questi personaggi che in molti casi il posto di lavoro non l’hanno mai visto o solo di sfuggita? Una buona parte di essi li ho trovati con incarichi e distacchi oltre trent’anni fa e sono ancora li. Domanda ma quando hanno lavorato questi paladini dei lavoratori?  Da notizie di stampa abbiamo appreso che la carriera sindacale della Furlan è cominciata a 23 anni e non si è più interrotta. Uno potrebbe pensare si va bene ma lei è una eccezione di bravura; no non è per niente una eccezione bensì la regola.

Questi fantozziani galattici cervelli, come farebbero pensare gli stipendi denunciati da Fausto, non hanno avuto neanche lontanamente la percezione del fatto che il mondo del lavoro stava cambiando profondamente e che la classe operaia era destinata se non a scomparire a ridursi enormemente cedendo il primato all’uomo consumatore. Se fossero stati all’altezza degli stipendi che si elargiscono non si sarebbero lasciati sfuggire l’occasione per adeguarsi alla nuova situazione. E adesso come la giri e come la volti la realtà e sempre la stessa. In una società liquida come è diventata quella di oggi le confederazione non hanno spazio perché rallentano le decisioni e intralciano la democrazia. L’evoluzione della comunicazione e dei mass media e gli scandali hanno poi fatto il resto rendendoli residuali. Lo so che a molti non piacerà la realtà che ho descritto ma penso che prima ne prendiamo tutti coscienza e meglio sarà. Fare gli struzzi o peggio ancora gli gnorri non migliora di certo la situazione.

Non volendo però passare per quello che sa solo demolire al prossimo intervento esporrò una mia proposta.

S a v o n a,  3 M a g g i o   2 0 16
L u i g i    Vi g g i a n o
F N P  S A V O N A

 

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Un Commento - Scrivi un commento

  1. Un dibattito deve essere necessariamente aperto anche perchè l’argomento tocca tutte le rappresentanze di interessi dei lavoratori innanzitutto, ma anche dei datori di lavoro e del lavoro autonomo le cui organnizzazioni soffrono la stessa patologia, vittime della macchina che fa soldi con i servizi. Certo non basterà la riflessione, perchè smantellare una rete di connivenze non sarà facile. Ma questo si vedrà dopo.

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