La ricetta del congresso alla siciliana può avere tanti ingredienti variabili, ma l’elemento essenziale è quello di saperlo cucinare senza averne l’aria. Lasciando anzi credere che il cuoco sia qualcun altro. Così da scaricare su di lui le reponsabilità politiche, e intanto gestire la situazione da dietro le quinte a proprio vantaggio politico.
Prendiamo il congresso dell’Ergife: dopo che Raffaele Bonanni ha imposto ad Augusto Cianfoni di disattendere le deliberazioni del congresso di Perugia (“si decide fra due anni…”) e lo scioglimento immediato della Fai per annetterla alla sua Filca, si forma un’area di scontenti che comincia ad organizzarsi. Una minoranza non piccola, che mette a rischio il quorum per lo scioglimento.
Ma il salto di qualità arriva quando al gruppo si aggiunge, un po’ a sorpresa, la Sicilia guidata dal messinese Fabrizio Colonna. Che poi sarebbe la voce del messinese Maurizio Bernava, in corsa per entrare a Via Po 21, come poi avverrà di lì a poco.
Si arriva così allo stallo che impedisce l’apertura del congresso per ore, l’arrivo della signora Anna Maria (in compagnia del dottor Sbarra dell’Anas che in quel momento non ha alcun titolo per arrivare) che impone una pseudomediazione per dare il via libera allo scioglimento, il tentativo di Augusto Cianfoni di far votare per alzata di mano ed andare a dormire, la richiesta di Maurizio Ori di avere almeno la decenza di votare secondo le regole, ed il risultato a sorpresa.
Seguono il commissariamento, che la Sicilia a guida messinese condivide, l’arrivo del dottor Sbarra dell’Anas, che la Sicilia a guida messinese apprezza, e le ritorsioni, di cui la Sicilia a guida messinese porta la corresponsabilità: l’epurazione di Maurizio Ori, che aveva chiesto il voto segreto, e il licenziamento di Giampiero Bianchi, con l’accusa di aver istigato la rivolta. Come se il messinese Colonna avesse ricevuto l’ordine di unirsi al dissenso da lui e non da chi sta più in alto di lui; e come se fosse stato Giampiero Bianchi a non far partecipare al voto dell’Ergife un terzo della delegazione siciliana.
Scaricata la responsabilità della rivolta su Maurizio Ori e Giampiero Bianchi, e fatto fuori Carmine Santese, l’unico segretario regionale del Mezzogiorno ad aver fatto parte dei dissidenti fin dall’inizio, la Fai commissariata può sposare la linea dei dissidenti: e cioè niente scioglimento. E la Sicilia a guida messinese sostiene la svolta con la terza giravolta consecutiva.
Ora si apre il congresso dell’Antonella, che deve chiudere il commissariamento deciso per aver rifiutato lo scioglimento e che si chiude senza che di scioglimento nessuno parli più. Forse neanche la Filca.
Però a qualcuno i conti torneranno.
Mio nonno diceva parlando dei compagni d’arme siciliani: brava gente (quando dorme) però sono come i gatti “CADONO SEMPRE IN PIEDI” chissà perché e per come, ma ….. qualcuno parla di eccesso di coerenza. Sarà ma se c’è, onestamente si fatica non poco, a vederla.